Pulice: posso raccontare la ‘ndrangheta lametina e calabrese degli ultimi vent'anni

andromeda-conferenza-stampa-maggio-2015pulice.jpg

Lamezia Terme – “Intendo intraprendere un percorso di collaborazione con la giustizia. La mia scelta di collaborare con la giustizia è dettata essenzialmente dalla volontà di assicurare un futuro migliore ai miei due figli”. Spiega con queste parole la sua scelta di diventare collaboratore di giustizia, Gennaro Pulice, ex appartenente alla cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte, battezzato con l'ultima dote ricevuta nel 2002/03 con la "santa" da Peppe Daponte. Pulice ha deciso di intraprendere il percorso collaborativo nel giugno del 2015, dopo l’arresto nell’Operazione Andromeda.

Una scelta che, in realtà, per come spiega agli inquirenti, aveva già maturato in precedenza, nel 2008 quando era detenuto nel carcere di Catania. “Ricordo in particolare che in quell'occasione ebbi un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza di Catania durante il quale non riuscii a esplicitare nella maniera dovuta la mia volontà di collaborare e il colloquio si risolse in pochi minuti e sostanzialmente il Magistrato di Sorveglianza ritenne che esso fosse finalizzato ad ottenere qualche beneficio come la detenzione domiciliare per l 'ultimo periodo di carcerazione”. Dopo sette anni Pulice si ritrova di fronte a quella scelta e decide di diventare collaboratore di giustizia.

Ed è lui stesso a raccontare il suo excursus criminale, ritenendosi “in grado di riferire su fatti e circostanze illecite da me personalmente vissute nell'ambito della 'ndrangheta lametina e calabrese dal 1993/1994 sino al 2013”. 20 anni di attività illecite, cominciate nel 1993 quando era ancora minorenne e fu arrestato per detenzione illecita di armi da fuoco, “per come mi chiedete il mio primo reato risale al 1993/1994 allorquando ero minorenne e fui arrestato per detenzione di parti di arma da fuoco quali due caricatori per pistola cal. 9X21 ed alcune munizioni”, messe in atto “non solo nel territorio lametino – spiega rispondendo alle domande degli inquirenti - ma anche nei luoghi prima indicati in cui ho esercitato la mia attività lavorativa nonché a Las Vegas (USA); la mia attività criminale si è via via evoluta dalla mera manovalanza dei primi anni sino a attività di riciclaggio per conto di altri soggetti della criminalità organizzata e non solo, attività operata prevalentemente in Svizzera così come ho una società in Slovenia. Tali società sono strumentali alla realizzazione delle movimentazioni dei capitali estero su estero, inoltre – aggiunge - tali società sono spesso strumentali anche alla realizzazione di vere e proprie truffe ai danni degli istituti di credito su cui posso riferire fornendo tutta la documentazione necessaria”.

Gennaro Pulice racconta di aver “sempre vissuto in un contesto criminale in quanto mio padre che era un imprenditore nel campo della commercializzazione del ferro fu ucciso il 24 maggio del 1982 a Lamezia Terme all'età di 27 anni allorquando io avevo solo tre anni e mezzo. Egli fu ucciso, per come ha chiarito anche il collaboratore di giustizia Scriva, in quanto accidentalmente aveva provocato la morte di un componente della cosca Bellocco, nell'ambito di un sinistro stradale. Fu quindi dapprima fatto oggetto di un attentato da parte della cosca Pagliuso che non raggiunse il suo scopo e successivamente fu eliminato dopo l'incarico dell'uccisione che fu assunto da Francesco Giampà "il professore" sempre su richiesta della cosca Bellocco; di fatto io ho sempre vissuto in un contesto criminale abitando altresì nel cosiddetto palazzo Pulice in Capizzaglie e legando i miei rapporti con la famiglia Cannizzaro di cui sono anche parente e con la famiglia Torcasio; ciò soprattutto nei primi anni della mia vita criminale stando anche a tutto quanto ho appreso da mio nonno Gennaro sulle amicizie che venivano intrecciate tra vari esponenti della criminalità organizzata lametina e calabrese in generale nel carcere di Nicastro; successivamente sono iniziati i rapporti anche con la famiglia Daponte dopo il fidanzamento tra Gino Daponte e la sorella di Mimmo Cannizzaro”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA