Lamezia Terme - Il ruolo centrale di Luigi Mancuso nella storia recente della 'ndrangheta calabrese, i legami con la mossoneria deviata, le nuove "strategie" mafiose sul territorio. Sono tanti i punti trattati nelle oltre 800 pagine nelle quali il gup Claudio Paris spiega la sentenza emessa lo scorso 6 novembre nell'ambito del rito abbreviato di "Rinascita Scott" e che ha portato a 70 condanne e 20 assoluzioni. Mancuso, che è sotto processo nel filone principale del processo iniziato dopo l'operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro, viene individuato come un capo indiscusso e autorevole: “apprezzato - si legge nelle motivazioni - sin da giovane per l’atteggiamento non aggressivo e tendente alla mediazione", e ancora in grado di ripianare "situazioni di crisi con i parenti ma anche riconciliandosi e, dunque, ricompattando tutte le ‘ndrine operanti nel territorio di Vibo".
“Proprio grazie alla lungimiranza di Luigi Mancuso - è spiegato nella sentenza - invero si sono potuti rinsaldare i rapporti con le storiche ‘ndrine satellite dei Barba-Lo Bianco, dei La Rosa, degli Accorinti, stringere ancor più strette relazioni con i Fiarè-Razionale-Gasparro di San Gregorio e, soprattutto superare gli atavici contrasti con la famiglia Bonavota di Sant’Onofrio”. A chiare lettere il giudice si sofferma sui legami fra 'ndrangheta e massoneria. "L'indagine - scrive Paris - ha disvelato i collaudati rapporti tra 'ndrangheta e massoneria deviata", e a suffragio di questo convincimento il giudice cita "le eloquentissime parole di Pantaleone Mancuso, valorizzate nel procedimento "Mammasantissima", la ‘ndrangheta fa parte della massoneria".
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