Scioglimento Asp Catanzaro, la relazione del Viminale parte da "Quinta bolgia": "Concreta ingerenza della criminalità"

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Lamezia Terme - Evidenti condizionamenti della criminalità organizzata nella gestione degli appalti, dipendenti con precedenti penali, organizzazione lacunosa e superficiale soprattutto sul fronte del controllo delle interdittive antimafia. Con la pubblicazione oggi in Gazzetta ufficiale, il ministro degli Interni Luciana Lamorgese ha spiegato perché è stata sciolta l'Asp di Catanzaro e affidata per 18 mesi a una commissione straordinaria composta da Domenico Bagnato (prefetto a riposo), Franca Tancredi (viceprefetto) e Salvatore Gullì (dirigente di seconda fascia Area I). Richiamando esplicitamente la relazione del prefetto di Catanzaro, Francesca Ferrandino, il ministro entra nel merito delle ragioni dello scioglimento in un resoconto che chiama in causa più volte Lamezia Terme, a partire dall'inchiesta Quinta bolgia. Le valutazioni del Viminale non lasciano scampo: "si dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi - scrive il ministro - su forme di condizionamento ed ingerenza della criminalità organizzata di tipo mafioso nei confronti dei vertici dell'azienda sanitaria, riscontrando pertanto i presupposti per lo scioglimento".  L'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, che ha un bacino di utenza di 80 comuni ed eroga prestazioni sanitarie ad una popolazione di circa 370.000 abitanti, è un ente pubblico di notevoli dimensioni con circa 2.000 dipendenti ed un fatturato nell'anno 2018 di 600 milioni di euro.

"L'azienda in questione è inserita in un contesto socio ambientale caratterizzato dalla radicata presenza della criminalità organizzata che ha esteso la propria sfera di ingerenza - si legge nella relazione - alle attività economiche ed alla gestione della cosa pubblica. La relazione del prefetto, avvalendosi degli esiti della operazione di polizia giudiziaria "Quinta bolgia" che costituisce il risultato di due distinti filoni di indagine strettamente collegati, pone in rilievo il ruolo predominante svolto da due gruppi imprenditoriali riconducibili ad una locale cosca criminale fortemente radicata sul territorio che ha realizzato un regime di monopolio nel redditizio settore delle ambulanze sostitutive del servizio pubblico e più in generale nell'ambito dei servizi sanitari, favorito soprattutto - secondo quanto ricostruito dagli investigatori - dai privilegiati rapporti intercorrenti tra esponenti della 'ndrangheta locale e numerosi dipendenti anche di livello apicale dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro". Poi si menziona la gara d'appalto per il servizio delle ambulanze, alla base della inchiesta, e delle reiterate e irregolari proroghe dell'appalto. "I vertici dell'azienda sanitaria - sostiene Lamorgese - anziché programmare ed indire una nuova gara prima della scadenza prevista, hanno permesso - sulla base di continue proroghe illegittime ed in alcuni casi addirittura tacite - che la predetta società continuasse a gestire il servizio in parola. Lo stesso giudice delle indagini preliminari, nell'ordinanza cautelare summenzionata, ha ritenuto di evidenziare come i dirigenti pubblici preposti, ciascuno per il proprio ambito di competenza, abbiano intenzionalmente e con ostinazione concorso nella violazione delle disposizioni di legge poste a presidio della scelta del contraente".

La relazione fa esplicito riferimento all'ospedale di Lamezia Terme: "Le indagini giudiziarie hanno fatto emergere un quadro particolarmente allarmante all'interno dell'ospedale di Lamezia Terme evidenziando, segnatamente nel reparto di pronto soccorso, come i due gruppi imprenditoriali (coinvolti nell'operazione "Quinta bolgia", ndr) abbiano acquisito di fatto il totale controllo della struttura anche per lo stato di soggezione del personale medico e paramedico. Al riguardo, assume rilevanza sintomatica la circostanza che taluni dipendenti dei citati gruppi imprenditoriali avessero la disponibilità delle chiavi di alcuni reparti dell'ospedale ed, in particolare, del locale adibito a deposito dei farmaci nonché l'accesso ai computer dell'azienda sanitaria provinciale e conseguentemente ai dati sensibili dei pazienti, circostanze che - è emerso da fonti tecniche di prova - erano peraltro note alla dirigenza dell'azienda".
Uno dei passaggi più inquietanti è quello legato al personale: "Dalle verifiche esperite dalla commissione di indagine sulla struttura burocratica - che per l'elevato numero delle unità di personale sono state effettuate a campione - è emerso altresì che numerosi dipendenti annoverano precedenti e/o pendenze penali concernenti reati associativi o contro la pubblica amministrazione. Più nel dettaglio, alcuni dirigenti e dipendenti dell'azienda sanitaria provinciale risultano coinvolti non solo nell'operazione di polizia giudiziaria da cui è scaturito l'accesso, ma anche, a vario titolo, in ulteriori procedimenti penali relativi a gravi delitti quali turbata libertà degli incanti, peculato, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale ed altri".
"Nel settore degli affidamenti di lavori e servizi pubblici, gli accertamenti svolti in sede ispettiva hanno evidenziato un generalizzato ricorso agli affidamenti diretti - in assenza quindi di procedure di gara e senza che siano stati esplicitati i motivi di fatto e di diritto posti a fondamento della scelta - a favore di un ristretto numero di ditte, che in taluni casi - attraverso il c.d. «frazionamento artificioso della spesa» - hanno comportato una sostanziale elusione della normativa antimafia. Gli accertamenti esperiti dalla commissione di indagine tramite la banca dati nazionale antimafia hanno altresì messo in luce che l'azienda sanitaria provinciale ha richiesto solamente tre informazioni con riferimento ad un unico contratto di appalto e che per circa venti imprese affidatarie di lavori o servizi non è mai stata effettuata alcuna richiesta di informativa. Il prefetto segnala infine che dopo l'assegnazione ad altro ufficio dell'unico funzionario abilitato all'accesso alla banca dati nazionale antimafia - a seguito del suo coinvolgimento nell'indagine giudiziaria «Quinta Bolgia» - l'azienda non ha provveduto alla relativa sostituzione, circostanza che, sintomaticamente, attesta il permanere di una gestione «superficiale» e comunque non in linea con i principi di trasparenza e legalità.

Da qui le conclusioni del ministro: "La compromissione delle legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione di diritti fondamentali, da un lato e la finalità della misura di rigore - sotto il duplice profilo della repressione del fenomeno inquinante e del recupero dell'ente ad una corretta gestione delle proprie attività, con il miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi offerti, costituiscono i presupposti di cui all'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, applicabile, ai sensi del successivo art. 146, anche agli organi delle aziende sanitarie provinciali".

 

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