Antonio Ricciulli il prelato calabrese che approvò la tesi di Galilei al centro della ricerca di Luigi Michele Perri

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Catanzaro  - Nel 1632 diede la sua approvazione al “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” di Galileo Galilei, opera che, l’anno successivo, fu posta all’Indice dei libri proibiti e che costò al suo, pur cattolico, autore la condanna per eresia, emessa dal Sant’Uffizio, l’abiura e il confino. A dare l’”imprimatur si videbitur”, formula di prudente assenso che demandava, per competenza diretta, la decisione cruciale al maestro del Sacro Palazzo, fu, primo tra pochi revisori, il vicegerente della Chiesa di Roma, il calabrese Antonio Ricciulli (Rogliano, 30 maggio 1582 – Napoli, 17 maggio 1643), discendente da nobile casato roglianese (che, prima e dopo di lui, espresse diversi alti prelati), giurista, sacerdote (con dispensa dell’accesso ai sacri ordini superiori prima del canonico sesto anno) dal 30 settembre 1626, vescovo dal successivo 16 novembre, alla guida delle diocesi di Belcastro, Umbriatico, Caserta e, infine, arcivescovo di Cosenza. La storia del clamoroso assenso è stata illustrata, nel corso di una conferenza on line promossa dal circolo culturale “Rostema”, dal giornalista e scrittore Luigi Michele Perri.  

“La tesi galileiana – come ha spiegato Perri - sovvertiva le consolidate convinzioni aristotelico-tolemaiche sul geocentrismo, conformi alla visione delle Sacre Scritture, a favore della teoria copernicana sull’eliocentrismo, fatta propria e rivisitata dal grande pisano. Di qui l’accusa dell’Inquisizione che, già da tempo, lo teneva nel proprio mirino per le sue scoperte, compresa quella del “cannone overo ochiale” (così definito dal cardinale inquisitore Roberto Bellarmino), che avrebbero potuto porre in discussione sacri principi della teologia tradizionale. 360 anni dopo, il suo “imprimatur” finì per essere, indirettamente, convalidato, allorquando Giovanni Paolo II riabilitò (1992) Galilei, riconoscendo gli “errori commessi” dalla Chiesa in suo danno”. “Monsignor Ricciulli li aveva prevenuti”, ha, infine, rilevato Perri, autore della ricerca inedita nella storiografia della Calabria.

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