Lo storico Villella e la rabbina Aiello raccontano la Shoah agli studenti del Polo Tecnologico di Lamezia

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Lamezia Terme - Il 26 gennaio si è svolto nella sede centrale della scuola Polo Tecnologico Avanzato di Lamezia Terme il convegno sulla Shoah “Per non dimenticare”, in occasione della giornata della Memoria. L’importanza della memoria, in questa giornata, è resa dal fatto che nessuno può e deve dimenticare quello che è avvenuto durante la Seconda Guerra mondiale, sotto il comando di un folle indemoniato. Un eccidio, uno sterminio di massa senza nessuna ragione, senza nessuna motivazione logica ma solo la macchinazione artificiosa di un delirio di onnipotenza e di un odio ossessivo e ingiustificato verso un popolo inerme, colpevole solo di essere ebreo e, solo per questo, ritenuto meritevole di annientamento. Ebbene, questa tragica storia, partorita dal Diavolo, non può e non dovrà essere dimenticata. Tutti abbiamo il compito di tenere alta l’attenzione perché storie atroci analoghe non debbano succedere mai più. Il Polo Tecnologico Avanzato ha voluto dare il suo piccolo contributo a questo alto scopo. Grazie al supporto del corpo docente, coordinato dalla Dirigente Patrizia Costanzo, gli studenti hanno avuto modo di studiare e affrontare in classe l’argomento per arrivare ancor più preparati a questo momento di confronto e dialogo con due nomi d’eccellenza nel panorama culturale calabrese: lo storico Prof. Vincenzo Villella e la Prima Rabbina d’Italia, Barbara Aiello.

Il professore Vincenzo Villella, col suo intervento, è uscito fuori dagli schemi comuni evitando di trattare il tema diretto della Shoah e dei campi di concentramento e focalizzando l’attenzione su un punto cruciale del tema razziale, cioè “Da dove nasce l’antisemitismo?” Secondo lo storico bisogna fare un distinguo tra antisemitismo e antigiudaismo: col primo termine si indica l’odio nei confronti degli ebrei in quanto etnia; col secondo termine si indica, invece, un’avversione di natura ideologica e religiosa da parte della Chiesa nei confronti degli ebrei considerati deicidi, cioè responsabili della morte di Gesù quando a lui preferirono Barabba. Il primo aspetto conduce all’odio razziale e, quindi, alla Shoah, invece il secondo non produce tale odio, in quanto il cristiano non può odiare gli ebrei poiché Gesù stesso era un ebreo. L’antigiudaismo nasce da un versetto del Vangelo di Matteo in cui l’Apostolo riporta la frase del popolo ebraico, appena dopo la crocifissione di Gesù, “Il Suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”. Ma anche il Vangelo di Giovanni testimonia la volontà dei giudei di far morire Gesù quando essi risposero a Pilato: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio”.  Ma esistono molti altri testi che sono il linea con gli evangelisti, tra questi possiamo ricordare San Gregorio da Nissa: “Gli ebrei sono assassini, nemici di Dio, avvocati del Diavolo, demoni”; San Girolamo: “Gli ebrei serpenti, la cui immagine è Giuda, la cui preghiera è un raglio di asino”; San Giovanni Crisostomo: “Dio odia gli ebrei e sempre li odierà”. Questo dal punto di vista della tradizione, ma dal punto di vista storico, quando è che l’antigiudaismo si trasforma in antisemitismo? Nel XII secolo, grazie ad una grande opera teologica di Sant’Anselmo di Canterbury, l’uomo non viene più visto di fronte a Dio come un essere inferiore ma un essere a Sua immagine e somiglianza. Quindi i cristiani cominciano a ritenersi simili a Dio e, nel tentativo di distruggere qualsiasi forma di negatività, se la prendono con gli ebrei. Questa lotta fu preparata dall’ordine di Cluny sotto la guida dell’abate Pietro il Venerabile il quale scrisse tre trattati, uno dei quali era contro gli ebrei definiti deicidi. Secondo gli storici, è proprio da questo libro che inizia l’antigiudaismo. La Chiesa prende posizione ufficiale contro gli ebrei nel Concilio Lateranense IV del 1215, con Papa Innocenzo III, secondo il quale essi sono considerati odiosi, dediti a pratiche demoniache come l’usura. Inoltre, agli ebrei vengono imposti alcuni divieti, per esempio l’accesso ai pubblici uffici, ma anche alcuni obblighi, come quello del segno distintivo di riconoscimento. Le donne dovevano indossare una sciarpa di colore giallo, identica a quelle che indossavano le prostitute delle città europee, quindi venivano paragonate a prostitute. Anche la Calabria ha avuto un ruolo nell’antigiudaismo. Tra i tanti uomini illustri che si sono schierati contro gli ebrei, ricordiamo: San Nilo da Rossano, Gioacchino da Fioree San Francesco di Paola. San Nilo riteneva che un cristiano valesse quanto sette ebrei; Gioacchino ha scritto un libro “Adversus Judaeos”, contro gli ebrei e San Francesco definiva gli ebrei “compagni di Giuda”. La Chiesa, però, capisce di avere sbagliato nello schierarsi, per secoli, ingiustamente contro gli ebrei e, col Concilio Vaticano II, abolisce ogni forma offensiva contro di essi. Ma è grazie a Papa Giovanni Paolo II che, con la sua visita e la sua preghiera al Muro del Pianto di Gerusalemme, la Chiesa chiede scusa ufficialmente per i torti e le offese arrecati ai propri fratelli ebrei.

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La Rabbina Barbara Aiello interviene ripercorrendo le peripezie del padre che dall’America arrivò in Germania ma, quando le cose si misero male, fu invitato da un amico a fuggire e andò a Roma. Lì inizialmente venne creduto una spia, per il suo modo eccellente di parlare la lingua tedesca, ma poi finì per collaborare coi partigiani, coordinando via radio le azioni della Resistenza. Grazie alla sua padronanza linguistica (parlava molto bene italiano, inglese, tedesco, francese, yiddish ed ebraico), riuscì a creare atti sovversivi contro pattuglie tedesche e ad attirarle in imboscate mortali. Fece parte del gruppo di americani che liberò il campo di Buckenwald salvando i sopravvissuti. In una piccola stalla del campo erano stati rinchiusi 934 ragazzi, molti dei quali erano già morti. Uno di essi morì proprio tra le braccia del padre e tale episodio cambiò radicalmente la sua vita, divenendo un fervido credente. Aiutò, subito dopo la fine della guerra, molte persone che erano nel “campo di persone senza stato” a Grottaferrata. Tornò in America, ma non poté mai dimenticare quello che aveva visto, non poteva dimenticare la morte di 6 milioni di innocenti e così si dedicò alla divulgazione dell’ebraismo creando una sinagoga. Inoltre, convinse proprio la figlia a fare la stessa cosa. Ecco che allora Barbara Aiello decide di tornare nel suo paese, Serrastretta, per aiutare le persone a ritrovare le proprie radici ebraiche. La sua attività di ricerca le è valsa la nomina di Prima Rabbina donna d’Italia. 

“Dopo gli interventi degli ospiti - scrivono in una nota - vi è stato un lungo ed interessante dibattito che ha visto coinvolti docenti ed alunni che hanno fatto molte domande. Tra le tante, vale la pena di ricordarne un paio alla quali ha risposto la Rabbina:

Perché gli ebrei non ritengono Gesù l’atteso Messia?

Ebrei e cristiani hanno molte cose in comune ma anche tanti aspetti diversi. Noi crediamo che Gesù sia nato e vissuto come un buon ebreo, ma lo consideriamo solo un profeta. Per noi il Messia è colui che porterà la pace nel mondo, dato che la pace non è ancora arrivata, noi lo stiamo ancora aspettando.

È possibile che il fenomeno della Shoah possa ripetersi? 

Quando vedo che professori e studenti organizzano momenti come quello di oggi, credo che sarà difficile che ciò avvenga, perché così facendo voi evitate la crescita dell’odio. 

Dopo il dibattito, mentre una ragazza recitava la poesia di Primo Levi ‘Se questo è un uomo’, alcuni studenti hanno inscenato una rappresentazione, alzando il braccio scoperto e cancellando un numero, precedentemente tatuato a carboncino, e gridando “Siamo persone, non numeri”.  Infine - conclude la nota della scuola - i ragazzi hanno cantato la canzone di Francesco Guccini ‘Auschwitz’. Grande la soddisfazione e la gioia della Rabbina per la calorosa accoglienza ricevuta ma anche per l’attenzione e per la qualificata preparazione dei ragazzi”.

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