Per i cento anni di Edgar Morin

morin-100-anni642ab7a_9f9fc_19780.jpg

Edgar Morin compie gli anni l’8 luglio. Un secolo di vita. Buon compleanno! Felicitazioni e auguri. Lo stanno festeggiando da ogni parte del mondo, a cominciare da Papa Francesco che gli ha dedicato parole di ringraziamento e di stima per il suo pensiero e la sua opera. L’Unesco, l’organizzazione dell’Onu per la cultura, rende omaggio al filosofo e sociologo francese della Complessità.  Il compleanno ha già occupato le prime pagine di tante testate nazionali; per l’occasione lancio editoriale del libro “Cento Edgar Morin. 100 firme italiane per i 100 anni dell’umanista planetario”, edizioni Mimesis del docente Mauro Ceruti, allievo del pensatore d’Oltralpe. I filosofi del Centro Studi Internazionale di Filosofia della Complessità Edgar Morin dell’Università di Messina saranno al Convento dei Cento Archi di Ficarra, in provincia della Città dello Stretto: Giuseppe Gembillo, Giuseppe Giordano, Annamaria Anselmo, insieme  a Massimiliano Biscuso, docente di  Storia della Filosofia all’Università Europea di Roma, e a Mauro Ceruti, professore ordinario e direttore  della PhD School for Comunication Studies presso l’Università IULM di Milano celebreranno i 100 anni di Edgar Morin contrassegnati da uno studio continuo per realizzare un Umanesimo planetario.

Per i filosofi siciliani la complessità moriniana fa parte della loro ricerca storica e teoretica quotidiana fin dal secolo scorso. Nelle prime pagine del Neostoricismo Complesso (Edizioni Scientifiche Italiane, 1999), Giuseppe Gembillo, già professore ordinario di Filosofia e Storia della Complessità nell’ Università di Messina  e coordinatore delle attività seminariali nei 18 anni di attività della  Scuola Francesco Fiorentino di Lamezia Terme, cita, tra gli altri, Morin per quanto riguarda  “la presa di coscienza del fatto  che la scienza occidentale ha seguito  una parabola  che va dall’iniziale riduzionismo metodologico verso la storicità e la complessità. (…) Questa tendenza è assai minoritaria” (p. 8). Forse oggi di meno rispetto all’establishment culturale; in ogni caso gode dell’attenzione e dell’interesse di una miriade di studiosi e di tante istituzioni culturali internazionali. Andrebbe insegnata fin dalle scuole inferiori perché diventi nuovo sapere per le giovani generazioni. Sempre nello stesso libro lo studioso sottolinea che con Morin la complessità si è allargata dalle scienze naturali alle scienze umane: “Di fatto, anche la complessità aveva il suo terreno d’elezione, ma senza la parola in se stessa, nella filosofia; in un certo senso, la dialettica, e, sul piano logico, la dialettica hegeliana era il suo campo dal momento che quella dialettica introduceva la contraddizione e la trasformazione nel cuore dell’identità” (pp. 76-77). Dieci anni fa, nei due tomi della rivista Complessità interamente dedicati al filosofo e sociologo transalpino, Gembillo celebrava il compleanno del 90enne Morin attraverso l’analisi della sua opera, in particolare i volumi del Metodo, avendo maturato da tempo la convinzione di avere a che fare con un “Grande”. Nello stesso numero della rivista sono state inserite le Laudationes di Girolamo Cotroneo, scomparso nel 2018, professore ordinario di Storia della Filosofia e presidente della Società filosofica italiana e primo presidente della Società italiana di Storia della Filosofia, relatore, insieme a Gembillo e a Giordano, nel seminario del 2006 della Scuola Francesco Fiorentino su La Filosofia e gli altri saperi  e di Mauro Ceruti, in occasione delle lauree Honoris causa dell’Università di Messina (2002), e in Scienze dell’Educazione, dell’Università di Bergamo (2003).

Inoltre Giuseppe Giordano, professore ordinario di Storia della Filosofia e assiduo docente nei seminari lametini, ha curato nella rivista semestrale Complessità l’analisi del Metodo 2. La vita nella vita.

Si tratta di un percorso nuovo: “Un viaggio alla ricerca di un modo di pensiero che rispetti la multidimensionalità, la ricchezza, il mistero del reale e riconosca che le determinazioni, cerebrale, culturale, sociale, storica, subite da ogni pensiero co-determinano sempre l’oggetto di conoscenza. E a questo che do il nome di pensiero complesso” (pp. 96-97). Questo viaggio inizia con la domanda chiave: “Che cos’è la vita?”. La risposta: “L’inclusione del vivente nell’uomo e dell’uomo nel vivente ci permette di concepire la nozione di vita nella sua pienezza” (p. 97). Sono 5 le tappe che percorre lo studioso, un cammino verso l’universale concreto: Dall’ambiente all’eco-sistema. Dal vivente al “soggetto vivente”. Dal soggetto alle organizzazioni viventi. La complessità della vita. Alla fine conclude che l’unica lezione di cui abbiamo bisogno è quella della complessità.

Nel numero della rivista dedicata a Morin nel 2011 Annamaria Anselmo, professore ordinario di Storia della Filosofia e relatrice negli incontri lametini, ha presentato il settimo volume, allora ancora inedito: Il metodo 7. La ricorsività del Metodo.

Come affermato dalla docente “Il fine generale [del manoscritto ritrovato] è quindi quello di realizzare una teoria che assicuri la comunicazione tra tutti i livelli del reale. (…) Morin mette in evidenza che la comunicazione tra l’universo fisico, biologico e umano può avvenire solo attraverso la costruzione di un nuovo rapporto tra i saperi inerenti alle sfere della realtà. (…) In una parola il loro rapporto va complessificato. (…) Bisogna complessificare il concetto di organizzazione, trasformandolo in auto-organizzazione, anche questa soggetta ad un continuo processo di riorganizzazione, rigenerazione ed ecologizzazione a partire dal quale edificare una teoria matriciale che riesca a collegare le teorie dei campi biologici, sociologici e antropologici. (…) L’attenzione è concentrata sul ruolo del soggetto e sulla ricorsività generata dalla reintegrazione di esso nel processo di conoscenza: da una Descrizione della descrizione, Morin giunge alla teorizzazione di una Conoscenza della conoscenza, di una Scienza della scienza, di una Teoria della teoria, di un Paradigma del paradigma. Egli si sofferma su questa serie di relazioni circolari, fra loro inanellate, da cui emerge una Scienza nuova, ma soprattutto da cui prende vita un Metodo in grado di generare delle Nuove Umanità. (…) Morin vuole porre l’accento sull’esigenza di realizzare una cultura della soggettività, dell’uomo soggetto, una cultura dell’umanità. (…) Le umanità classiche sono ormai obsolete (…) L’uomo [deve essere concepito correttamente nello stesso tempo] come essere individuale, sociale, biologico e fisico, (…) considerando l’uomo come appartenente alla Natura, anzi ad essa intimamente legato in quanto suo prodotto” (pp. 227-254). Ecco il nuovo Umanesimo del Terzo Millennio. Avevo letto, ed è sottolineato con la matita, nel primo tomo della rivista le parole di Gembillo; “Alla ricorrenza dei suoi 90 anni (…) egli sente il dovere di proseguire indicando la via per l’avvenire dell’umanità” (p.5).  Dopo un decennio Morin deve ancora continuare in questa sua missione perché buona parte dell’umanità è ancora molto distratta.

Pino Gullà

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA