Trame 5, Ruotolo e Sardo su omicidio don Diana

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Lamezia Terme - Un prete antimafia in una città assediata dai clan in lotta, un omicidio con un unico testimone oculare che decide di parlare, un processo di delegittimazione per la vittima e il silenzio prudente (e colpevole) della Chiesa: questi i temi del libro ''Don Peppe Diana. Un martire in terra di Camorra'' scritto da Raffaele Sardo, che ne ha discusso sul palco di Trame a palazzo Nicotera con Sandro Ruotolo, integrando il racconto di Augusto Di Meo, testimone dell'omicidio e amico di don Peppe Diana.

Ci troviamo nella terra del clan dei Casalesi, in un giorno di 24 anni fa, quando il sacerdote, già un simbolo per l'antimafia locale, viene freddato con 5 colpi di pistola al volto, nel corridoio fra la chiesa e la sacrestia. Era il giorno del suo onomastico e la chiesa era gremita. Probabilmente il clan perdente nella guerra intestina che insanguinava la città vuole suscitare un intervento forte delle forze dell'ordine a sedare la situazione prima che le cose si concludano a suo totale sfavore. Così viene scelta una vittima ad hoc, un sacerdote, autore fra l'altro di un documento antimafia a titolo ''Per amore del mio popolo'' pubblicato sulla rivista mensile ''Spettro'', che fece all'epoca grande scalpore. Di quella rivista era direttore Raffaele Sardo che oggi fa parte del comitato don Peppe Diana. ''È grazie a Don Diana se oggi le associazioni hanno preso possesso dei beni confiscati - dice Sardo - Casalesi è in realtà il nome di un popolo, non di un clan. E oggi per la città c'è un riscatto”.

G.D.S

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