Giovanni Scanagatta: “Sconfiggere la povertà per costruire la pace”

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Roma - 1. Scopo delle presenti note è di fare una riflessione sul tema della povertà e sull’impegno dei cristiani per il suo superamento, per attualizzare il grande comandamento evangelico della fratellanza e dell’amore verso il prossimo. Le note si articolano nel modo seguente. Dopo brevi riflessioni sul peso attuale della povertà nel mondo, si analizzano tre documenti magisteriali sul tema della povertà e, precisamente, il messaggio per la giornata mondiale della pace di Benedetto XVI del 2009; l’Esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii gaudium; il messaggio per la giornata mondiale della pace del 2014 di Papa Francesco. Segue infine una breve presentazione di due iniziative dell’Ucid per fronteggiare la povertà e la mancanza di lavoro per i giovani nel nostro Paese.

2. Attualmente nel mondo esiste circa un miliardo di poveri che rischiano tutti i giorni di morire di fame. Si tratta di un settimo della popolazione mondiale. Ma abbiamo a che fare non solo con questa povertà che definirei esterna, ma anche con la povertà interna che vediamo nel nostro Paese sviluppato. Come si legge nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia, nel nostro Paese un abitante su sei vive con 640 euro al mese, quindi al di sotto della soglia di povertà. Questo fenomeno si è accentuato con la globalizzazione, che ha visto la polarizzazione dei redditi verso la fascia alta e verso quella bassa, con l’assottigliarsi della fascia dei redditi medi. La fascia dei redditi medi perde perché molti cadono nella fascia bassa e altri si spostano nella fascia alta. Questo è lo scenario che abbiamo di fronte con l’aumento dei poveri nel nostro Paese.   

3.  Il messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la celebrazione della giornata mondiale della pace di inizio anno  2009 è dedicato al tema “Combattere la povertà, costruire la pace”. Il messaggio del Papa riveste particolare interesse per gli imprenditori, i dirigenti e i professionisti cristiani perché affronta il tema dello sviluppo per il bene comune universale. Il messaggio contiene anche profonde riflessioni sulla crisi finanziaria internazionale, alla luce dei processi di globalizzazione e del massiccio impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il problema della povertà nel mondo è assai grave perché, pur in presenza di riduzioni della povertà assoluta (aumento del reddito medio pro capite dei Paesi poveri), si osserva un aumento della povertà relativa, cioè della differenza tra il reddito medio pro capite dei Pesi ricchi e quello medio dei Paesi poveri. Il messaggio del Papa “Combattere la povertà, costruire la pace”, fonda le sue radici nel grande deposito della Dottrina Sociale della Chiesa degli ultimi cento anni: dalla Rerum novarum di Leone XIII alla Centesimus annus di Giovanni Paolo II. Frequenti sono i riferimenti alla grande enciclica sociale di Paolo VI, Populorum progressio,  di cui si ricorda la meravigliosa sintesi: “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”.

4. Il secondo documento molto importante per la trattazione del nostro tema è l’Evangelii gaudium di Papa Francesco, data il 24 novembre 2013 in occasione della chiusura dell’Anno della fede. Si tratta dell’Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale. Il capitolo secondo dell’Esortazione contiene utilissime indicazioni di Dottrina Sociale della Chiesa per affrontare con spirito fraterno il grave problema della povertà nel mondo globalizzato. Scrive Papa Francesco nel punto 52 dell’Esortazione: “L’umanità vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che contribuoscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione. Non possiamo tuttavia dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, con conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’inequità diventa sempre più evidente. Bisogna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. Questo cambiamento epocale è stato causato da balzi enormi che per qualità, quantità, velocità e accumulazione, si verificano nel progresso scientifico, nelle innovazioni tecnologiche e nelle loro rapide applicazioni in diversi ambiti della natura e della vita. Siamo nell’era della conoscenza e dell’informazione, fonte di nuove forme di un potere molto spesso anonimo. Papa Francesco dice no ad un’economia dell’esclusione, alla nuova idolatria del denaro, a un denaro che governa invece di servire, all’inequità che genera violenza. Vengono stigmatizzate le disuguaglianze che crescono a livello mondiale, allontanandoci dalla costruzione del bene comune universale che è la condizione per la pace. Si accrescono di contro le spinte alla violenza e alla guerra. Si legge nel punto 56 dell’Esortazione: “Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Si instaura una nuova tirranide invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. Inoltre, il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto.

5. La globalizzazione ci ha reso più vicini ma non per questo più fratelli. La globalizzazione infatti non è di per sé né un bene né un male. E’ certamente un bene se favorisce lo sviluppo e la costruzione del bene comune universale. Ma come è sotto gli occhi di tutti, la globalizzazione si è accompagnata ad un allargamento delle disuguaglianze e quindi delle ingiustizie. Le periferie del mondo lottano contro la povertà e l’uomo viene continuamente ferito nei suoi fondamentali valori di dignità e di rispetto. L’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio e il bene comune significa che tutti devono partecipare ai processi di sviluppo, senza esclusione alcuna, altrimenti alcuni si arricchiscono sempre di più e altri diventano sempre più poveri, umiliati ed emarginati. Come dice Papa Francesco, tutto ciò finisce per generare violenza, guerre, rivoluzioni, perché se non c’è vero sviluppo non ci può essere la pace. Non si tratta solo di sviluppo economico in senso stretto, ma di sviluppo inteso in senso molto più largo perché riguarda tutto l’uomo e tutti gli uomini con i valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività. Senza etica non ci può essere vero sviluppo sostenibile e va colmata la frattura che si è prodotta con la globalizzazione tra economia effettiva e bene comune. La separazione tra etica ed economia è stato un grave errore, come in modo profetico ha scritto Pio XI nella grande Enciclica sociale del 1931, Quadragesimo anno, all’indomani della crisi del 1929. La grave crisi attuale, che si prolunga ormai da sei anni, non è solo economica ma antropologica, perché riguarda l’uomo e il suo sviluppo integrale. La crisi ha colpito istituzioni fondamentali per lo sviluppo umano integrale come la famiglia, cellula della società, dove si viene educati ai principi della gratuità e del dono. Nel messaggio per la giornata mondiale della pace di inizio anno 2014, Papa Francesco insiste molto sulla fratellanza per sconfiggere la povertà nel mondo e costruire la pace. E’ il comandamento nuovo che ci ha portato Gesù Cristo venendo sulla terra: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Tutti siamo fratelli in Cristo e tutti insieme dobbiamo costruire qui sulla terra lo sviluppo integrale dell’uomo perché ogni uomo, anche il più umile e il più dimenticato, è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Per realizzare il bene comune universale, tutti devono partecipare, sia pure in diversa misura, ai benefici dello sviluppo perché non si può escludere nessun uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, nostro fratello.

6. Per concludere, si ricordano due esempi che l’Ucid ha messo in campo per fronteggiare il terribile problema della povertà nel nostro Paese e la mancanza di occupazione per i giovani. Si tratta di opere, perché come ci ricorda San Giacomo, la fede senza le opere non serve a nulla. Il primo progetto è stato realizzato dall’Ucid di Vicenza e dalla Caritas Diocesana. Si tratta di operazioni di microcredito concesso a famiglie in difficoltà nella Provincia. Il numero è cresciuto moltissimo in questi periodi di crisi che dura da sei anni. I piccoli prestiti a basso tasso di interesse senza garanzie vengono concessi a famiglie in difficoltà della Provincia. L’istruttoria delle operazioni e il contatto umano vengono assicurati da funzionari e dipendenti in pensione del sistema bancario, soprattutto di quello molto radicato sul territorio. Il secondo progetto è dell’Ucid nazionale ed è stato avviato nel 2007 nella Regione Basilicata con il titolo “Microfinanza e giovani imprenditori nel Mezzogiorno”. Esso segue uno studio di carattere generale condotto sempre dall’Ucid nazionale nel 2006 sul tema “Microcredito. Origine e prospettive tra solidarietà e sussidiarietà”. Siamo partiti da un campione significativo di laureati in materie scientifiche nell’Università della Basilicata, a cui è stato sottoposto un questionario per rilevare la propensione dei giovani laureati a mettersi in proprio, con un’iniziativa imprenditoriale secondo il modello del senior partner (imprenditori soci dell’Ucid). I risultati sono questi: su 100 laureati nell’Università della Basilicata, 30 sono rimasti in Regione, 60 sono emigrati al Nord e 10 sono andati a lavorare all’estero. Da questo campione abbiamo estratto quei laureati che hanno manifestato l’interesse a creare una nuova impresa nel Mezzogiorno, secondo il modello del senior partner. Si prevede che tali progetti siano assistiti da operazioni di microcredito e di microfinanza. Non è più la ricerca del posto fisso, ma la sfida di mettersi in proprio come giovani imprenditori. Si tratta di un progetto a cui l’Ucid tiene molto e che ci si sforza di portare avanti, pur nelle difficoltà della pesante crisi economica e sociale che stiamo attraversando.


Giovanni Scanagatta
Segretario Nazionale Ucid

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