“Ppp”, la parola magica che mette d'accordo cultura e turismo di Fiorella Girardo

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«PPP», la sigla che sta andando di moda in convegni e tavole rotonde non è il nome di qualche partito politico o dell’ultima scoperta scientifica, ma significa Partenariato Pubblico Privato. La collaborazione tra Pubblica Amministrazione ed il mondo dell’impresa. Non una novità, certo, ma poco utilizzata al fine della valorizzazione del patrimonio storico e artistico. E’ stata la crisi a far prendere coscienza ai Comuni ed alle Istituzioni proprietarie di immobili di prestigio della necessità di “chiedere aiuto” al privato per custodire e mettere a reddito palazzi, ville, castelli e quanto il territorio italiano offre. Un modo nuovo ed attuale per promuovere anche il turismo edi sviluppare politiche capaci di rendere attrattivo e competitivo il proprio territorio anche su scala internazionale.

Il settore culturale, nonostante i tagli dei finanziamenti pubblici, dimostra di resistere al rallentamento generale dell’economia, soprattutto in termini di domanda e di partecipazione, di capacità di creare esperienze e reti sociali. E le città e i territori che mostrano di aver compreso la rilevanza di queste dinamiche e che sono in grado di inserirle in una progettualità strategica condivisa, resistono meglio alla crisi e creano le premesse per un rilancio delle proprie economie. «L'insieme di industrie culturali e creative, patrimonio storico-artistico e architettonico, performing arts e arti visive del sistema produttivo culturale privato, frutta all'Italia il 5,4% del Pil (quasi 75,5 miliardi di euro) e occupa quasi 1.400.000 persone. Con la pubblica amministrazione e il non profit il valore aggiunto della cultura arriva al 5,8% del Pil» spiega Giovanna Segre, professore associato di Economia della cultura dello IUAV di Venezia, citando i dati di Symbola. «In realtà, il binomio cultura-turismo è stato immaginato come modello di sviluppo prima della crisi – prosegue la docente - anche se la fortuna di questo tema in rapida diffusione è legata alle difficoltà economiche attuali». Il ricorso al privato per gestire beni culturali è «automatico se usciamo dall’idea del museo – aggiunge Segre - e si amplia la visione ricomprendendo ambiti che producono cose diverse, come per esempio il settore del gusto. Il partenariato non è a beneficio esclusivo del Pubblico che acquisice competenze prima sconosciute, ma anche dei privati quando capiscono quanto è utile per loro il bene culturale. Il senso della loro azione aziendale acquisisce un significato attraverso il connettersi a elementi culturali».

E’ un po’ come l’uovo di Colombo, una soluzione semplice e tuttavia misconosciuta. «Nel luglio del ‘93 nasce la prima S.p.A. mista pubblico-privata per gestire la Val di Cornia in Toscana» racconta Roberto Ferrari, Amministratore Delegato, di Struttura, società romana di consulenza per le pubbliche amministrazioni in campo culturale. «Il lavoro fatto dai comuni per allineare gli strumenti urbanistici e i partners è stato un esperimento ottimo. Quindi, quando parliamo di queste cose non si tratta di novità, il punto interessante è che è diventato un tema urgente. La retorica di un patrimonio culturale è tanto più insopportabile quanto più vediamo il patrimonio bistrattato o chiuso: abbiamo demolito le case abusive nella Valle dei Templi di Agrigento dicendo agli abitanti che la cultura produce sviluppo, adesso dobbiamo anche dimostrarglielo». 

Come intercettare questa domanda e soprattutto dare una risposta adeguata? «Le esigenze sono molto diversificate – commenta Federica Montaguti, ricercatrice Ciset, il Centro internazionale di studi sull’economia del turismo -, non è che il turismo sia un fenomeno omogeneo per il quale presento un prodotto e quello è. Avrò destinazioni adatte per certi mercati e altre che non vanno bene, per esempio i piccoli borghi si rivolgono a un turismo maturo, mentre per i mercati emergenti è inutile proporre piccole destinazioni perchè fanno un turismo culturale più classico. La seconda questione è conoscere la domanda prima di creare le cose e capire che non sempre ho delle risorse che posso valorizzare in senso turistico. Creare il museo dei costumi locali pretendendo che sia un volano di turismo senza aver fatto valutazioni precedenti può essere molto pericoloso per le casse dell’amministrazione».


E’ proprio a questo punto intervengono i privati con le loro competenze e specificità. Una delle prime società che in Italia stanno sviluppando questo tipo di specializzazione è Valorizzazioni Culturali, nata dall’esperienza nell’imprenditoria culturale del veneziano Filippo Perissinotto. «La nostra i
mpresasirivolgeapubblicheamministrazionieaoperatoriprivatineicompartidelrealestate,finanzadiprogetto eculturalmanagement – spiega -conunapproccioinnovativoperaffrontarelecrisidisettorioggideboli che hanno bisogno di investire inidee e nuovi concept,negliaspetti strategici e nel marketing». La società prende in gestione il bene storico, ne studia le caratteristiche e la valenza storico-artistica sul territorio. Poi, in accordo con l’amministrazione proprietaria, ne decide la vocazione inserendovi attività che permettano la rivitalizzazione del manufatto e soprattutto una ricaduta sia economica che sociale sulla comunità in cui è inserito. Si va dalle mostre d’arte, alle sedi di università, da eventi privati alla costituzione di ‘corporate club’. “Lo stiamo sperimentando a Saluzzo – commenta Perissinotto -, si tratta della creazione di uno spazio dedicato alle aziende all’interno del Castello della città, dove saranno a disposizione servizi ad hoc. Con la stessa logica di marketing territoriale stiamo elaborando un progetto per i borghi associati al Bai (Borghi autentici d’Italia)”.

Il PPP è un modello variegato ed eterogeneo dentro cui possono trovare ruoli e funzioni soggetti diversi, Occorre creare una politica specifica di reti e sistemi che non si producono spontaneamente, bensì attraverso una gestione organizzativa, imprenditoriale che produca sviluppo e promuova iniziative culturali economicamente sostenibili. Una logica nuova, un’opportunità anche per un territorio piccolo ed emarginato dai flussi turistici, una logica che segna un nuovo paradigma per la rinascita del nostro Paese.

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