Rapporto Confindustria Pmi, Mazzuca: "Calabria sta pagando crisi in modo pesante"

il-pres.-Natale-Mazzuca.jpg

Catanzaro - La seconda edizione del Rapporto Pmi Mezzogiorno, curato da Confindustria e Cerved, con la collaborazione di Srm-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, fornisce uno sguardo d'insieme estremamente significativo su molte questioni, analizzando i comportamenti di un campione rappresentativo dell'apparato produttivo meridionale: quello delle Pmi di capitali comprese tra 10 e 250 addetti.

Dallo studio si evince che tra il 2007 e il 2013 il sistema di Pmi italiane si è ridotto di 13 mila società (-9%): il Mezzogiorno ha fatto registrare un saldo negativo di 3 mila unità (-11,7%). Le stime per il 2014 indicano che l'emorragia di Pmi si è sostanzialmente arrestata in Italia (-0,3%), mentre continua con molto vigore nel Mezzogiorno (-8,1%), dove rispetto al 2007 è stata registrata la perdita del 19% delle società. Nel 2013, nelle PMI meridionali sono impiegati 632 mila addetti, ovvero il 17% dei 3,7 milioni occupati nelle piccole e medie imprese dell'intero Paese. La regione del Sud che ha visto ridursi maggiormente gli addetti delle Pmi tra il 2012 e il 2013 è stata la Calabria (-10,8%). A livello regionale, solo l'Abruzzo (29,6%) ha una quota di Pmi manifatturiere in linea con la media nazionale, mentre Calabria (13%), Sardegna (13,9%) e Sicilia (14,8%) presentano un valore decisamente inferiore sia rispetto alla media dell'Italia nel suo complesso che a quella del Mezzogiorno. Viceversa, le Pmi meridionali sono, in proporzione, più presenti nelle utility, nelle costruzioni e soprattutto nei servizi e nell'agricoltura. Nel terziario, in particolare, opera il 55,6% delle Pmi del Sud, 5,2 punti in più della media nazionale (50,4%). Sardegna (60,9%), Sicilia (60,2%) e Calabria (59,8%) sono le regioni in cui il peso dei servizi è maggiore, mentre Abruzzo (42,2%), Molise (46,7%) e Basilicata (48,4%) sono le uniche regioni meridionali con valori inferiori alla media nazionale. Nel 2014, secondo gli analisti, continua la lenta ripresa del fatturato delle Pmi, anche se più robusta al Centro-Nord rispetto al Sud.

Su base regionale si registrano sostanziali differenze: le Pmi calabresi, continuando il trend negativo degli ultimi anni, vedono in media decrescere il proprio fatturato dell'1,9%. Su un orizzonte di più lungo periodo, Calabria e Molise sono le regioni che hanno accumulato le perdite maggiori tra 2007 e 2014 (-13%), mentre Campania e Puglia sono quelle che hanno contenuto meglio la contrazione del fatturato (rispettivamente, -1,2% e -3,6%). La crescita del costo del lavoro per dipendente delle Pmi meridionali è in accelerazione e in linea con la media nazionale (+4,9%). Si tratta dell'incremento maggiore su base annua registrato dal 2007. Nonostante il periodo di crisi, con l'eccezione del 2009, il costo del lavoro (seppure con intensità diverse) è cresciuto costantemente, senza evidenti correlazioni con i risultati aziendali registrati nel periodo. A livello regionale, tra il 2013 e il 2014 gli incrementi maggiori si registrano in Puglia (+5,5%) e Sardegna (+5,3%), quelli inferiori in Calabria (+4,1%). "La Calabria - ha dichiarato Natale Mazzuca presidente di Unindustria Calabria - è tra le regioni che sta pagando la crisi in maniera più pesante rispetto al resto del Paese, perfino rispetto alle altre regioni del Sud. In generale l'assenza di politiche pubbliche tese a ridurre le diseconomie di contesto rende più difficili gli investimenti privati da realizzare nel Mezzogiorno".

Il processo di selezione messo in atto dalla crisi ha ridotto dell'11,7% il numero delle Pmi del Mezzogiorno, facendole passare da 28.751 del 2007 a 25.382 nel 2013. Si tratta di un calo maggiore di quello osservato a livello nazionale (-8,6%). La crisi non ha colpito le Pmi meridionali in modo omogeneo: ad uscire dal mercato sono state principalmente le imprese con un grado di rischio economico finanziario elevato già nel 2007, la cui presenza si è ridotta infatti dal 27,5% al 22,9%. Il processo di selezione, più forte nel Mezzogiorno, ha comunque favorito una riduzione del gap rispetto al 2007, quando la presenza di società solvibili era nel Sud di 8,4 punti inferiore alla media nazionale e la percentuale di società rischiose più alta di 2,7 punti. I dati regionali indicano che la ristrutturazione ha ovunque prodotto sistemi di PMI meno numerosi, ma più solidi. La regione che tra il 2007 e il 2013 ha perso il maggior numero di Pmi è stata la Calabria (-16,2%), ma si è ridotta l'area di rischio, diminuita del 7,6%. "La situazione è drammatica - ha continuato il presidente degli industriali calabresi - se pensiamo alla mancanza di occupazione e alla desertificazione industriale. Quello che serve è intervenire con immediatezza ed efficacia per ridare slancio all'economia. È opportuno concentrarsi su azioni capaci di produrre risultati in tempi brevi ma che siano in grado di avviare percorsi di sviluppo strutturali, che durino nel tempo. Non interventi casuali ma interventi facili da comprendere per le imprese, facili da gestire per le amministrazioni, riducendo al minimo le complessità burocratiche e tutte le forme di intermediazione. Azioni particolarmente adatte alla attuale realtà calabrese, che tengano conto delle potenzialità ma anche delle debolezze. Non dobbiamo sognare scenari, ma disegnare percorsi fattibili, senza perseguire l'originalità a tutti i costi, ma rendere massima la probabilità di risultati concreti".

© RIPRODUZIONE RISERVATA