Musica, canti e balli tradizionali del Reventino, Giuseppe Gallo racconta la sua passione: “Non lasciamo morire ciò che è alla base della nostra esistenza”

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Lamezia Terme - Sa ballare, cantare e suonare ma il suo sogno non è partecipare ad un talent show. Quella di Giuseppe è una passione ereditata dal bisnonno e dal nonno, e già da piccolo li osservava affascinato suonare l’organetto nel suo paese, Martirano Lombardo. Ogni occasione era il pretesto per lanciarsi in pista con balli e canti tradizionali.Un importante mezzo di comunicazione capace di superare le diversità e che punta alla socializzazione. 

Divertirsi insieme, allietati dalla musica tradizionale chiacchierando e bevendo un buon bicchiere di vino: era questo, per i nostri antenati, condividere il tempo libero con amici e parenti. Oggi, nell’era dei social network, tutto questo è venuto meno. Non si socializza più, almeno non come una volta. I giovani preferiscono dialogare dietro uno smartphone o giocare alla playstation. Per molti oggi la socializzazione si limita a questo, ma non per tutti. Intorno al monte Reventino ci sono ragazzi che studiano e imparano le tradizioni e che oggi puntano a tramandarle. Loro hanno scelto di restare e di valorizzare la parte migliore della loro terra.  

Ne è l’esempio il Festival “Felici&Conflenti”, giunto alla quinta edizione, che quest’anno si terrà dal 23 al 28 luglio durante il quale Giuseppe Gallo terrà un laboratorio di canto tradizionale. Il 21enne di Martirano Lombardo, ci racconta la sua passione per la musica tradizionale. Da piccolo ha imparato a ballare, cantare e a suonare gli strumenti della tradizione che oggi intende tramandare per non far scomparire quella parte di Calabria che oggi più che mai necessita di essere scoperta. 

Com’è nata questa passione per la musica, il canto e il ballo tradizionale?

“La mia passione per la musica tradizionale (e quindi per l’organetto) è nata quando avevo circa cinque anni. Nella mia zona c’erano alcuni signori, soprattutto anziani, che sapevano suonare questo bellissimo strumento; tra questi c’erano anche mio nonno e il mio bisnonno. Si sentivano suonare in maniera molto rara, solo in qualche festa privata (matrimoni, compleanni…). Però, anche in quel poco tempo in cui ascoltavo quei suoni, mi rendevo conto di esserne appassionato in maniera molto profonda. Così ho iniziato a prendere in mano un vecchio organetto del mio bisnonno, cercando di riprodurre quelle melodie che avevo ascoltato e che mi erano rimaste impresse nella mente. E, proprio per questo, le prime suonate che ho imparato e che, ancora oggi preferisco alle altre, sono quelle tradizionali della mia zona. La passione per il canto tradizionale, invece, mi è venuta qualche anno dopo ascoltando una signora anziana delle mie parti (una tra le poche persone rimaste oggi in grado di cantare in questo modo), mentre cantava appunto antichissime canzoni, tradizionali di questi luoghi. Stessa cosa per il ballo che ho imparato guardando sempre le persone del posto”.

Da qualche anno fai parte dell’Associazione “Felici e Conflenti”, simbolo che la musica tradizionale non è più una cosa antica da rilegare alla storia del passato ma oggi è più che mai attuale e sono sempre più i giovani come te a valorizzarla e a farla conoscere nel mondo… come è possibile questo?

“La musica tradizionale ha di suo una bellezza sconfinata, ed è difficile resistere a certi suoni e certe emozioni. Grazie ai “maestri” che ancora oggi tramandano il loro sapere e uso antico, grazie ai tanti eventi presenti sul territorio (Felici&Conflenti ne è la dimostrazione), grazie ad una passione che personalmente coltivo sin da bambino, la musica tradizionale si è allontanata da ‘storia del passato’ a‘presente da vivere’, perché abbiamo bisogno, giovani e meno giovani, di ‘conoscere’, di ‘comprendere’, di non lasciare morire quello che è alla base della nostra esistenza. Ecco perché c’è bisogno di portare nel mondo questa tradizione, perché tra le sue note e i suoi canti, è scritta la storia della nostra vita che si rinnova di continuo”.

Quali strumenti suoni?

“Principalmente suono l’organetto, che è lo strumento al quale ho dedicato maggior tempo per impararlo, che suono meglio e che mi piace più di tutti. Poi so suonare anche il tamburello e un po’ la fisarmonica, strumento che suona molto bene mio fratello e quindi, avendocela in casa, ogni tanto la prendo tra le mani e tiro fuori qualcosina. Mi piacerebbe però, in futuro, imparare anche qualche altro strumento tradizionale della mia area, come ad esempio la Zampogna della Presila, o anche di altri luoghi della Calabria, come la lira calabrese o la chitarra battente”.

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Quali sono le principali tecniche del canto tradizionale?

“Nell’area del Reventino-Savuto negli anni passati vi era un modo di cantare molto particolare, che si differenziava da tutte le altre zone della Calabria. Era una tipologia di canto molto bello e suggestivo, per chi cantava, ed ancor di più per chi ascoltava. Fino ai primi anni del ‘900, lo strumento utilizzato per accompagnare questi canti era la zampogna. Poi, col passare degli anni, soprattutto nel periodo del dopoguerra, la zampogna è stata sostituita dall’organetto diatonico ad otto bassi, che ancora oggi è lo strumento più diffuso nella nostra zona. Il canto tradizionale accompagnato dall’organetto può essere ricondotto a due forme principali, solitamente definite dalla gente del luogo “all’arietta” e alla ‘petrejancara’. Si tratta di canti generalmente a tre voci, in cui la voce solista viene affiancata da una seconda voce, ed alla fine della strofa, da un’ulteriore voce acuta (chiamata ‘gaddhu’ o ‘terzu’), che raddoppia all’ottava la nota finale”.

Che cosa raccontano le canzoni tradizionali? Quali sono i temi principali?

“I canti tradizionali di tutta la Calabria, e quindi anche della zona del Reventino-Savuto, affondano le proprie radici in un tempo passato, remoto e leggendario. Nel passato i canti, come anche i balli e le musiche tradizionali, costituivano un importante mezzo di comunicazione e di socializzazione, ma rappresentavano anche e soprattutto, momenti di divertimento e di svago. Ogni occasione era buona per ballare e cantare: la nascita di un figlio, un matrimonio, una festa religiosa ecc. Era una cosa normale esprimere, sotto forma di canzone, sentimenti come l’amore e l’amicizia, ma anche odio, disprezzo e sdegno. Inoltre, era quasi una regola dichiararsi ad una ragazza tramite una serenata o un canto d’amore. E, la maggior parte dei canti tradizionali della mia zona, giunti a noi oggi tramite studi e ricerche fatte da me e soprattutto dagli altri ragazzi dell’associazione “Felici&Conflenti”, hanno come tema principale proprio l’amore dell’uomo nei confronti della donna”.

Ascolti anche altra musica?

“Certamente. Benché mi occupi di musica tradizionale, sono “atipico” sotto questo aspetto, perché è un genere che preferisco suonare piuttosto che ascoltare. Però sono attratto dalla musica in generale. Ascolto per fortuna un po’ di tutto, con una particolare simpatia per la musica italiana dagli anni ‘60 ai giorni nostri, e non mi dispiace ascoltare pezzi latino-americani, interessanti realtà di questa nostra scena musicale internazionale”.

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La magia della musica tradizionale affascina sempre più un pubblico di ogni età, come vivi queste esperienze (anche all’estero), e cosa ti suscitano a livello emozionale e umano?

“A livello umano emozioni uniche. Dove c’è passione, c’è sentimento e molto altro. Non si tratta solo di suonare, si tratta di prendere tra le mani uno strumento antico e unico nel suo genere, fondersi con lui, chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle sue carezze gentili. Anche con il canto ci si nutre della stessa bellezza. Quando le voci si fondono per intonare un canto antico o una serenata, è come avere una finestra su un nuovo mondo. Si tratta anche di divertirsi e far divertire, di ‘abbattere’ barriere linguistiche (vedi appunto le esperienze all’Estero, come la recente che abbiamo fatto in Francia), dove la musica ha parlato per tutti noi. Si tratta di comunicare in maniera universale, di lasciarsi andare senza limiti e confini, ma sapere che dovunque ci porta la tradizione, ci sono tante ‘sponde’ ad attenderci”. 

Per te, quindi, questa passione pian piano sta diventando una fonte di guadagno, un lavoro vero e proprio?

“La musica può aprirti molte strade. Non nego che tramite essa, ho la possibilità di incrementare ‘leggermente’ la mia attuale situazione lavorativa, ed in tempi come questi risulta essere una bella fortuna vivere una passione e allo stesso tempo poterne trarre guadagno. La musica occupa una buona parte della mia vita, e non mi dispiacerebbe crescere con lei sotto ogni aspetto. Voglio puntualizzare però, che anche se un giorno dovesse diventare un lavoro vero e proprio, io la considererò sempre come una passione immensa, che mai nessuno potrà allontanare dalla mia vita”. 

Progetti musicali attuali e futuri?

“Futuri, spero tanti. Ovviamente legati principalmente alla musica tradizionale. I miei eventi sono già allietati da serate piacevoli, in buona compagnia di amici con i quali condividere questa passione. Dopo Felici&Conflenti, vedremo cosa accadrà di altrettanto o maggiormente impegnativo. Di sicuro c’è la voglia di continuare ad imparare molto altro, di vivere in pieno, di apprendere e tramandare. E soprattutto c’è voglia di guardare al di là dei propri sogni”. 

Ramona Villella

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