All’ospedale di Soveria Mannelli una struttura residenziale riabilitativa per i disturbi del comportamento alimentare: sarà la prima in Calabria

ospedale-soveria-mannelli_e6936.jpg

Lamezia Terme – L’ospedale di Soveria Mannelli ospiterà una struttura residenziale pubblica per la lotta ai disturbi del comportamento alimentare (DCA, ndr), sarebbe un unicum in Calabria. Di anoressia, bulimia, binge e tante altre sfaccettature che questa malattia può assumere, in Italia ne soffrono tre milioni di persone di queste 2,3 milioni sono adolescenti. Un esercito enorme che lotta contro un mostro invisibile che è la malattia mentale.

In Calabria questa lotta, contro i Dca, è resa ancora più ardua perché manca una rete di strutture diagnostiche e di trattamenti semi-residenziali e residenziali che costringe la maggior parte di chi ne è affetto e le loro famiglie a peregrinaggi e lunghe-degenze fuori dalla nostra Regione. Ed è proprio da questo dato - dall’elevata richiesta di assistenza e conseguente presa in carico da strutture extra-regionali - che il commissario straordinario dell’Asp di Catanzaro Ilario Lazzaro ha pensato ad una struttura residenziale collocandola come progetto da realizzare, nell’ospedale di Soveria Mannelli. Su questo progetto, di sensibilità e lungimiranza del commissario Lazzaro e di cosa siano i Dca e cosa serva nella nostra regione per poterli prevenire, ne abbiamo parlato con la dottoressa Rosina Manfredi, responsabile del Centro di salute mentale di Lamezia Terme e direttore del dipartimento salute mentale di Catanzaro.

dottoressa-Rosina-Manfredi_863ff.jpgDottoressa Rosina Manfredi

Progetto pensato nell’ospedale di Soveria

La creazione di una struttura residenziale è di fondamentale importanza, sia perché in Calabria sarebbe un unicum sia perché in queste strutture il disagio può essere affrontato in tempo così che non si arrivi ad una cristallizzazione del disturbo stesso. “Il commissario Lazzaro – spiega la dottoressa Manfredi – ha avuto il merito di elaborare una proposta accettabile e affidabile, nessuno prima di lui aveva pensato a costruire una struttura per i Dca e soprattutto nessuno aveva pensato all’ospedale di Soveria Mannelli, un modo questo per riqualificarlo e dargli un’altra veste”.

In effetti, così come prevede il Pnrr il presidio ospedaliero di Soveria Mannelli dovrebbe divenire un ospedale di Comunità, e la creazione di una struttura residenziale permetterebbe difatti di implementare i servizi già presenti a Soveria come la pediatria e la medicina che sono dei punti cardine all’interno di un processo assistenziale che comporterebbe la commistione di figure diverse tutte unite dall’obiettivo comune di portare il paziente ad una completa guarigione. Figure che vanno pensate nell’ottica di una riabilitazione che si protrae in un lasso temporale lungo con la necessità di organismi come questo pensato a Soveria.

L’ospedale di Soveria è stato individuato anche per la sua collocazione territoriale e per gli spazi interni che potrebbe offrire dando vita a palestre adeguate e luoghi dove svolgere attività di supporto inoltre spiega la dottoressa Manfredi il territorio di Soveria ha “una cultura di trekking storico-turistico, che permetterebbe a chi è in cura di godere di una dimensione esterna, non possiamo pensare ai nostri pazienti confinati in un reparto. Proprio questo - sottolinea – il verde, l’aria di montagna e il paesaggio ha sollecitato al dottor Lazzaro l’idea di questo progetto in una zona che richiamasse la bellezza dei luoghi ma anche il paesaggio in qualche maniera riposante e meditativo”. La creazione di questa struttura residenziale può essere vista nell’ottica di una valorizzazione del territorio a tutto tondo e non solo come discorso medico-assistenziale.

La necessità di una territorialità dei servizi

“In tutti questi anni avevo pensato di sviluppare un’attività ambulatoriale specifica però mi sono resa conto che per i servizi è molto difficile fare ciò perché dovendosi occupare a tutto tondo della salute mentale ed essendo che il nostro Csm abbraccia tutti i disturbi diventa difficile gestire un lavoro che ha bisogno di protrarsi nel tempo in maniera lunga” è questo uno degli aspetti problematici che la dottoressa Manfredi tiene a sottolineare. La necessità di una capillarità dei servizi sul territorio si lega strettamente al nuovo progetto che dovrà vedere la luce nel presidio di Soveria Mannelli.

Sul territorio calabrese difatti precisa la dottoressa Manfredi “ci sono delle ottime realtà, come ad esempio l’ambulatorio dell’Università Magna Graecia a Catanzaro gestito dalla dottoressa Cristina Segura Garcia, a cui noi ci appoggiamo e di cui ci fidiamo per l’aspetto diagnostico, oppure ci sono vari consultori, equipe e associazioni nonché si sono attivate sia strutture pubbliche che private” ma aggiunge “è una realtà troppo frammentata”. Quello che manca è quindi un punto di riferimento, una rete, un tavolo tecnico in Regione, un protocollo univoco che possa abbracciare insieme tutte queste diverse esperienze per il contrasto ai Dca. In un momento storico in cui l’insorgere della malattia è sempre più precoce tra gli 8 e i 14 anni, è di fondamentale importanza che i diversi settori medici abbiano un protocollo da applicare, come sottolinea la dottoressa Manfredi “nella nostra Regione la neuropsochiatria infantile - con la quale ci rapportiamo e lavoriamo per la presa in carico dei pazienti più giovani – non è inclusa nel Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze come invece è nel resto d’Italia e questo è un altro punto a nostro sfavore”.

La struttura residenziale pubblica per i Dca di Soveria potrebbe essere la chiave di volta per dare vita a questa rete così necessaria ma al momento mancante. Il sopralluogo è già avvenuto e si spera che possa avere vita nel più breve tempo possibile, così da catalizzare l’attenzione sui disturbi del comportamento alimentare come problema sociale oltre che sanitario ma allo stesso tempo sulla necessità di creare sui territori percorsi che siano di cura e di continuità assistenziali e che non siano per forza residenziali andando a scardinare l’antica logica del confinamento dietro cui le malattie mentali tutte sono nascoste.

Antonia Butera 

© RIPRODUZIONE RISERVATA