Il micologo Gigliotti: "Tartufo calabrese sia riconosciuto come marchio di eccellenza" - VIDEO

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Platania - Si è tenuto presso il Museo Micologico di Platania, il convegno “Tartufi e Tartufaie" organizzato all'associazione Micologica Bresadola-Trento, gruppo micologico "Reventino" di Platania. Un’occasione per discutere delle nuove prospettive sulla coltivazione del tartufo in Calabria e su tutte le ultime novità in materia. Negli ultimi anni è stata scoperta la presenza certa dei tartufi in Calabria “Tuber aestivus”, vista la sua attendibilità con l’ambiente tipico della nostra terra, “poteva dirsi scontata” dicono gli esperti, così come la presenza del gruppo “tuber borchii”, mentre per un’altra specie il “tuber magnatum” – meno scontato nella nostra regione – è stata una scoperta inaspettata nel meridione, date le condizioni più aride rispetto al nord Italia dove invece trova il suo ambiente ottimale. La presenza spontanea di più specie pregiate di tartufo “giustifica l’avvio della tartuficoltura”.

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Si tratta di un’attiva agricola particolare e diversa dalle comuni colture, perché si devono coltivare due esseri viventi legati insieme da un rapporto instabile detto “simbiosi micorrizica” e il successo della coltivazione dipende da vari fattori: pianta tartufigena, ambiente idoneo, idonee tecniche di impianto e di coltivazione della tartufaia. La tartufaia, non necessita di un lavoro continuo, e questo permette all’agricoltore di poter svolgere altri tipi di attività, inoltre, la tartufaia e il tartufo producono reddito, richiamando a sé acquirenti che non solo comprano il tartufo ma anche altri tipi di prodotti aziendali legati al lavoro dell’agricoltore.

Il professor Mattia Bencivenga, docente ordinario di botanica e micologia applicata all’Università di Perugia, sottolinea che: “la Calabria da poco tempo è diventata una regione tartufigena, quindi, non c’è una cultura del tartufo, non ci sono ristoranti dove si possono mangiare i tartufi. Per poter affrontare uno sviluppo da questo punto di vista bisognerebbe attivare tutta una serie di queste attività - aggiunge - intanto andare a salvaguardare le tartufaie naturali, creare una coscienza di raccolta dei tartufi, e iniziare a costruire delle tartufaie dimostrative, fatte in modo tale che possano iniziare a produrre”. Una vera e propria rete di azioni, che porterebbe allo sviluppo di tutto ciò che ruota intorno al tartufo.

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Il micologo Teodoro Gigliotti sottolinea come la Calabria sia ricca di questo prodotto della terra tanto da indurre il gruppo dei micologi del Reventino di Platania a cercare “di ottenere un marchio, avere un marchio del nostro tartufo calabrese che è un tartufo eccezionale che non ha niente da invidiare rispetto al tartufo di Alba e Acqualagna”. Gigliotti, che fa parte del gruppo Micologico di Platania, precisa che: “molte persone si dedicavano già da molti anni alla raccolta del tartufo, erano realtà nascoste, ma dal momento che i tartufi sono stati inseriti nella legge regionale 9/2009, molte più persone si stanno dedicando alla raccolta di questo prodotto – e aggiunge – prima di dedicarsi a questa attività bisogna avere una profonda conoscenza del territorio”.

 

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Tra gli esperti che sono intervenuti al convegno “Tartufi e Tartufaie” anche il professor Carmelo Musarella, docente di biologia vegetale presso l’Università di Reggio Calabria, che ha affrontato il delicato argomento della simbiosi tra gli elementi per lo sviluppo delle tartufaie. “Il tartufo rappresenta una risorsa prima di tutto dal punto di vista ambientale – afferma - non dobbiamo mai dimenticare che stiamo parlando di organismi viventi, che fanno parte di un determinato ecosistema, di cui anche noi siamo parte. Si tratta - precisa - di organismi che rientrano nel grande gruppo dei funghi, i quali hanno diversi ruoli dal punto di vista ecologico e sono tra quelli che garantiscono di mantenere diversi equilibri a livello di un bosco”. Nella giornata del convegno, è stato presente anche l’agrotecnico Franco Tomaino - tartufologo & tartufaio - che con uno stand espositivo ha mostrato come dal tartufo grezzo si possano realizzare tantissimi derivati, come l’olio, le creme, le scaglie fino ai formaggi aromatizzati.

Antonia Butera

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