Il regista lametino Carlei parla della nuova serie "Fiori sopra l'Inferno" in onda dal 13 febbraio: "Racconto fuori dai cliché"

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Lamezia Terme - Sei episodi in tre prime serate a partire da lunedì 13 febbraio. Il regista lametino Carlo Carlei torna su Rai Uno dopo l’ultimo successo de “La Fuggitiva” con una serie televisiva di grande suspense: “Fiori sopra l’Inferno”, tratta dall'omonimo romanzo thriller di Ilaria Tuti e ambientata a Travenì, un piccolo paesino delle Dolomiti friulane. Protagonista, Elena Sofia Ricci nei panni di Teresa Battaglia, un'esperta profiler che dovrà cercare di stanare un killer con una efferata scia di delitti alle spalle. Proprio nel momento in cui si trova ad affrontare il più difficile caso della sua carriera, Teresa comincia a non stare bene e manifesta una serie di défaillance cognitive forse legate all’insorgenza di una malattia subdola come l’Alzheimer. Ce la farà a risolvere il caso prima che la sua mente sia completamente obnubilata dalla malattia? In questa intervista esclusiva per il Lametino, abbiamo parlato con Carlo Carlei della nuova serie, con qualche accenno anche alla sua infanzia, agli Scout e al rapporto con il compianto don Saverio Gatti.

"Fiori sopra l'Inferno" è ambientata in un piccolo paese di montagna. Un apparente paradiso dove però si nascondono segreti inconfessabili. Cosa l'ha attratta del romanzo di Ilaria Tuti?

"I progetti che amo di più sono quelli che sotto la superficie del racconto nascondono segreti non solo in termini di storia e di personaggi, ma anche a livello di tematiche e contenuti.  Ne è un esempio mirabile il best-seller di Ilaria Turi "Fiori sopra l'inferno", un bellissimo thriller che racconta il tramonto esistenziale di Teresa Battaglia, una brillante detective che deve fare i conti con la concreta possibilità che le sue capacità deduttive possono presto sgretolarsi a causa di una malattia devastante come l'Alzheimer. Sotto la neve di questo racconto invernale e con venature alla Stephen King, pulsa il cuore caldo del tema della maternità, della fondamentale importanza che la presenza di una madre ha nella formazione della personalità degli esseri umani e degli effetti devastanti generati dalla sua assenza".

In questo, come in altri suoi film, sono protagonisti anche alcuni bambini che giocano un ruolo importante a sostegno delle indagini.

"L'elemento dark rappresentato dalla presenza di un killer misterioso che vive nei boschi viene controbilanciato nella storia dall'energia vitalistica di quattro ragazzini, ognuno alle prese con problematiche familiari diverse, che nel corso dell'indagine aiuteranno la protagonista a mettere insieme i pezzi mancanti del complicatissimo puzzle. Teresa, madre mancata trent'anni prima, instaura con i quattro bambini un rapporto di affetto e fiducia reciproci. Questo connubio inedito di forze in campo rappresenta una delle caratteristiche più originali di questa serie e mi ha spinto a visualizzarla attraverso un'estetica spettacolare che mi è congeniale e che è influenzata dai grandi film d'avventura americani degli anni '80 che hanno avuto bambini come protagonisti, quali L’Impero del Sole, Stand By Me, I Goonies, E.T.".

Come nella Fuggitiva, anche in Fiori sopra l’Inferno c'è tutta la mano e la grande esperienza del cineasta internazionale. Anche in questa occasione si entra dunque in un contesto dove emerge un altro modo di fare serie tv in Italia.

"Credo ci si trovi di fronte ad un cambiamento epocale nell'ambito delle modalità di fruizione di film e serie televisive. Fiori sopra l'Inferno ambisce a essere una serie Rai non vincolata agli stilemi classici nazional-popolari e si rivolge anche a un pubblico internazionale, sia in termini di suspense che di linguaggio visivo e ritmo narrativo. Con La Fuggitiva ci sono riuscito, dato che è la prima volta nella storia della nostra televisione che una serie Rai viene comprata da un colosso americano (in questo caso la 20th Television della Disney) per farne un remake in inglese ambientato negli Stati Uniti. Nel caso di una serie altrettanto ambiziosa come Fiori sopra l'Inferno, il peso poggia quasi tutto sulle spalle forti di una straordinaria attrice come Elena Sofia Ricci, che ha qui il coraggio di spogliarsi di qualsiasi cliché rassicurante per calarsi nei panni di un personaggio fuori dagli schemi, in apparenza idiosincratica ma dotata di uno spessore morale, di un'umanità e di una capacità d’intuito del tutto eccezionali".

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Elena Sofia Ricci durante la conferenza di presentazione è stata molto prodiga di complimenti nei suoi confronti. L'ha definita un maestro, ha confessato di avere sempre desiderato lavorare con lei e che il vostro rapporto si è cementato al di là delle più rosee aspettative. Vale anche per lei?

"Certo. Elena non è solo una professionista esemplare ma anche una splendida persona con un animo nobile e sensibile. Il fatto che sia anche coltissima è poi un fattore in più che ha reso il nostro rapporto professionale e personale molto appagante e gratificante. È sicuramente da annoverare fra le esperienze più belle che ho avuto su un set, un po’ come quella che ho avuto con Paul Giamatti su Romeo e Juliet. Solo che Elena è molto più bella…".

Ha anche detto di sentirsi vicina a lei sul tema dell’infanzia violata. Quanto incide questo aspetto nei film?

"Fin dal mio primo film, l’innocenza violata, che è infanzia ma non solo, è un tema che mi sta molto a cuore perché eticamente ed ideologicamente io mi schiero sempre dalla parte dei più deboli. Fa parte della mia formazione ed educazione. Dentro di me sono ancora lo Scout che sta dirigendo le “scenette” durante i campi estivi e ho don Saverio (la nostra guida spirituale) che mi guarda e mi giudica. Lui fu il primo che credette in me e prese le mie difese quando nessuno sembrò apprezzare il mio approccio originale per costruire il portale della nostra squadriglia. Mi disse: “Questo tuo sguardo ti porterà lontano”. Ecco, io vengo da lì e lì sono rimasto spiritualmente, anche se oggi gli spettatori che mi giudicano sono molti di più. L’obiettivo però rimane sempre lo stesso: toccare i loro cuori attraverso storie che rimangano nel tempo.  Mi viene poi naturale, anche nei momenti apparentemente più mondani e glamour tipici del mondo dello spettacolo, rimanere me stesso e pensare alle mie radici, chiedendomi se mio padre, che ho perso troppo presto, sia felice o no per quello che sto facendo".

Sempre nel corso della conferenza ha affermato che, in tema di fondi e investimenti, le piattaforme spendono tre volte più della Rai. Quanto pensa che ciò possa influire, se influisce, con la qualità del prodotto finale di un’opera?

"Non c’è partita in termini di investimenti per ora di intrattenimento “scritto”: film tv, miniserie, serie. Le piattaforme arrivano a spendere il triplo o il quadruplo. La Rai ha giustamente dei limiti di budget perché è anche sostenuta dal denaro pubblico ma rimane il fatto che è diventato difficile competere in quest’arena dove le armi a disposizione per raccontare una storia sono impari. È ovvio che tutti vorrebbero avere più soldi e più tempo ma è anche vero che l’intelligenza, il talento e il duro lavoro a volte riescono ad andare oltre i limiti produttivi, regalando agli spettatori storie e personaggi che vale la pena portarsi nel cuore. Spero avvenga anche per Teresa Battaglia, come è avvenuto per i ragazzi de Il Confine, il giudice Lenzi de Il Giudice Meschino, la squadra de I Bastardi di Pizzofalcone o la protagonista de La Fuggitiva".

Antonio Cannone

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