Lamezia, ecco le motivazioni del ricorso al Consiglio di Stato: “Azione amministrativa inquinata dalla criminalità organizzata”

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Lamezia Terme - Impugnata la sentenza del Tar si apre una nuova, ennesima partita per le sempre più incerte sorti del Comune di Lamezia. Il dispositivo parla chiaro e, secondo quanto messo nero su bianco dall’Avvocatura di Stato a firma di Bruno Dettori, le argomentazioni del Tar che hanno annullato lo scioglimento sarebbero “frammentarie e riduttive”. 

Era solo il 28 febbraio scorso quando Paolo Mascaro, dopo l’esito favorevole del ricorso, tornava a prendere possesso della sua scrivania in via Perugini, attorniato dall’entusiasmo di Giunta e consiglieri e sempre più convinto della correttezza del suo operato. Subito rimessa in moto la macchina comunale con le prime iniziative, le prime riunioni di commissione e le preparazioni per il tanto atteso consiglio comunale. 

Il ricorso contro la decisione del Tar del Lazio da parte dell’Avvocatura di Stato ne ha invece sconvolto nuovamente tutti gli equilibri. L’istanza è arrivata chiedendo al più presto un nuovo commissariamento, “in inaudita altera parte”, ossia senza sentire nemmeno le parti. Un’ennesima batosta che riporta un’ombra di incertezza su tutta la città, finchè non si saprà se verrà realmente accorta la richiesta, con termine, invece, per l’adozione del provvedimento di proroga in scadenza il 4 aprile. 

Il dispositivo di 26 pagine “smonta” quanto sviscerato dal Tar che ne aveva annullato lo scioglimento e lo fa ripercorrendo tutte le questioni cruciali che hanno tenuto banco prima e dopo questi 15 difficili mesi di commissariamento e paralisi cittadina. Si fa inoltre riferimento anche a tutte le contestazioni presentate dal primo cittadino tramite i suoi legali. 

“Dal Tar analisi riduttiva con ridimensionamento dell’operazione “Crisalide”

“Il TAR- scrive l’Avvocatura - pur dichiarando di fare proprio il suddetto principio, ha poi offerto una frammentaria e riduttiva analisi dei singoli accadimentisenza tenere conto dell'imprescindibile ambito locale e dei suoi rapporti con la gestione del territorio. Sotto tale profilo, non convince il ridimensionamento degli esiti dell'operazione di polizia giudiziaria "Crisalide" da cui ha preso avvio l'accesso, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro e sfociata, a maggio 2017”.

Si ripercorrono così gli arresti legati all’operazione, senza tralasciare la posizione di alcuni candidati. “Le risultanze investigative hanno fatto emergere che in vista delle consultazioni amministrative del 2015 per il rinnovo della compagine di governo di Lamezia Terme, gli esponenti della predetta consorteria hanno assicurato il proprio sostegno elettorale al candidato sindaco Pasqualino Ruberto ed ai candidati alla carica di consigliere comunale Giuseppe Paladino ed Antonio Mazza inseriti nella lista denominata "Pasquale Ruberto Sindaco". 

La posizione di Pasqualino Ruberto e Giuseppe Paladino

Si trascrivono intercettazioni ma anche stralci delle conclusioni della commissione d’indagine: Emerge chiaramente come i congiunti Paladino, Giuseppe e Giovanni, nonché Ruberto Pasqualino abbiano richiesto ed ottenuto l'appoggio elettorale, sotto forma di procacciamento di voti e di attività di propaganda elettorale, quale attività di attacchinaggio svolta con condotte proprie dell'organizzazione criminale di riferimento…”

“Il TAR- proseguono ancora - da un lato non ha tenuto nel debito conto la circostanza che l'avvenuta elezione dei candidati in questione in seno al consiglio comunale di Lamezia Terme ha rappresentato una vera e propria "testa di ponte" per la criminalità organizzata dall'indubbia potenzialità inquinante”. “Alla luce di tali principi giurisprudenziali, risulta evidente come, contrariamente a quanto sostenuto dal TAR - concludono sull’operazione Crisalide- sia del tutto ininfluente la circostanza che i due consiglieri in questione facessero parte di un raggruppamento politico diverso da quello rappresentato in giunta”.

La posizione di Francesco De Sarro

Ci si sofferma poi sulla posizione del consigliere comunale Francesco De Sarro, già ex presidente del Consiglio, e su quella del padre, ancora con un processo aperto per la presunta compravendita di voti in favore del figlio, dove era stato coinvolto anche un altro soggetto. “In tale comprovata vicenda di «mercificazione di voti»- scrive l’Avvocatura - il TAR non ha tenuto in debita considerazione il ruolo svolto dal Belville- legato da stretti vincoli familiari ad un esponente della 'ndrangheta locale - il quale ha compartecipato al «procacciamento di voti elettorali» in favore di FrancescoDe Sarro - poi eletto consigliere comunale e nominato presidente dell'organo consiliare - senza farsi scrupolo di utilizzare i metodi violenti sopra descritti”.

La posizione di Maria Lucia Raso

Perplessa l’Avvocatura di Stato anche sulle argomentazioni del Tar in merito alla posizione dell’ex consigliere Maria Lucia Raso ed ex fidanzata di Alessandro Gualtieri, all’epoca dei fatti interessato dall’operazione di polizia giudiziaria “Crisalide” in quanto ritenuto responsabile di traffico illecito di sostanze stupefacenti. “Non vi è chi non veda come il descritto, stretto legame tra la Raso ed un soggetto interessato dalla medesima indagine giudiziaria che ha visto coinvolti gli esponenti apicali della consorteria territorialmente egemone costituisca evidentemente un pregiudizievole collegamento di cui non si può non tenere conto nell’ambito di una valutazione globale e non frammentaria degli elementi posti a fondamento della misura dissolutoria”.

La posizione di Carolina Caruso

Ci si sofferma poi sulla figura di Carolina Caruso, eletta nel 2015 tra le fila della maggioranza a sostegno del sindaco Mascaro. La stessa è stata infatti indagata insieme al marito Giuseppe Cristaudo per bancarotta fraudolenta in relazione alle attività imprenditoriali gestite dai due coniugi ed aventi ad oggetto "sale giochi ed affini". Su questa vicenda, in alcuni punti, l’Avvocatura definisce il Tar contraddittorio.“In proposito, il TAR ha correttamente stigmatizzato la dichiarazione resa in un interrogatorio del 2012 dal collaboratore di giustizia Angelo Torcasio incui si dà atto dei rapporti intessuti dal predetto Giuseppe Cristaudo con il boss Giuseppe Giampà, poi diventato a sua volta collaboratore di giustizia.Nondimeno, contraddittoriamente, il TAR ha ritenuto quella dichiarazione irrilevante osservando che“per quanto puntuale, si riferisce tuttavia a fatti verificatisi prima del 2004, che non risultano avere dato vita a specifiche contestazioni”.Viceversa, la dichiarazione in questione appare assai pregnante e la mancanza di specifiche contestazioni penali non ne inficia la rilevanza alla luce del summenzionato orientamento giurisprudenziale”

“Motivazioni su appalto mensa non convincenti”

Gli ultimi cenni sono per quelli che l’Avvocatura di Stato definisce “innumerevoli irregolarità e un diffuso disordine organizzativo”. Si riporta come esempio quello del più volte citato appalto mensa della città alla Cardamone Group, poi sospeso a seguito dell’interdittiva antimafia che l’ha raggiunto. Su questo aspetto, il Tar si era pronunciato evidenziando come “Non emerge in che modo le segnalate irregolarità della procedura abbiano favorito l'aggiudicataria”. Una motivazione che viene invece definita in questo dispositivo “niente affatto convincente”. “In un'area geografica notoriamente afflitta dalla pervasiva ingerenza di sodalizi criminali - scrivono - appare obiettivamente grave la scelta dell'Amministrazione comunale di procedere in assenza delle informazioni antimafia richieste, senza neanche attendere la scadenza del termine di trenta giorni previsto dal summenzionato art. 92”.

Le conclusioni: “Attendibile inquinamento dell’azione amministrativa da parte della criminalità organizzata”

“Delle circostanze descritte - concludono infine- il TAR ha fornito una valutazione incomprensibilmente riduttiva, tanto più immotivata se si considera che il TAR era partito da corrette premesse”. “In definitiva, contrariamente a quanto opinato dal TAR, i richiami alle vicende elettorali, ai contatti degli ex amministratori del comune di Lamezia Terme con soggetti controindicati nonché ai singoli episodi di deviazione dal corretto esercizio dell'attività gestionale delineano con ragionevole attendibilità un quadro indiziario idoneo a rivelare univocamente l'inquinamento dell'azione amministrativa dell'ente locale da parte della criminalità organizzata.”

Alessandra Renda

 

 

 

 

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