Lamezia, il volto della 'ndrangheta del terzo millennio nel libro di Gratteri e Nicaso presentato in città - VIDEO

gratteri-lamezia-2019-912-3.jpg

Lamezia Terme - Bagno di folla ieri a Lamezia, nella libreria Tavella per il procuratore Nicola Gratteri e lo studioso di ‘ndrangheta Antonio Nicaso per la presentazione del loro ultimo libro “La rete degli invisibili”. I due, in conversazione con la giornalista Alessia Truzzolillo hanno raccontato il volto della ‘ndrangheta del terzo millennio. Molto lontano da quello che nel nostro immaginario collettivo è rappresentato da don Vito Corleone, oggi, il boss della ‘ndrangheta 2.0 ha mutato pelle adeguandosi ai tempi. Si muove subdolamente ed in maniera disinvolta tra le pieghe della società, della politica, nelle stanze del potere. Si serve dei cosiddetti “uomini cerniera” che fungono da filtro per penetrare nella pubblica amministrazione. Agli attentati spettacolari preferisce uno stile di vita dal basso profilo, è più erudito dei suoi predecessori, amministra business su scala mondiale e paga in bitcoin. Ma se da un lato gestisce un volume d’affari quadruplicato rispetto al passato e somiglia sempre di più ad un imprenditore, dall’altro il suo profilo psicologico si mostra in qualche modo vulnerabile. Gratteri e Nicaso hanno individuato, dunque, degli spiragli, delle debolezze attraverso le quali avere accesso alla impenetrabile trama della malavita. Quella fitta rete, che si tiene stretta soprattutto perché costituita da vincoli di sangue prima che da legami d’affari, è diventata in qualche modo permeabile.

VIDEO

“Le nuove generazioni della ’ndrangheta, sanno muoversi sicuramente con più dimestichezza dei padri e dei nonni - ha affermato Nicaso - . Viaggiano di più e sono più attenti alle nuove tecnologie, ma si lasciano anche andare all’uso dei social, comunicano con Whatsapp e con Telegram. L’aspetto però che è importante, nuovo, da valutare e da studiare è che questi rampolli ora decidono di collaborare. In una struttura come la ‘ndrangheta basata sui vincoli di sangue collaborare è molto difficile perchè significa tradire un padre, un fratello, un cognato. Ci sono in questo momento tre rampolli di ‘ndrangheta che hanno deciso di collaborare, tra cui uno di Lamezia Terme soprannominato il Caporale o anche il Presidente. É un momento davvero importante per la Calabria e, se si uniscono le forze riusciremo veramente a dare uno scossone forte alla ‘ndrangheta.”

É proprio nel voler cedere alle proprie debolezze di uomini che i nuovi padrini hanno mostrato il fianco e si sono svelati: non posseggono più la tempra dei loro padri abituati a vivere per lunghissimi periodi da latitanti in bunker sotterranei senza alcun tipo di confort. Gratteri, in magistratura dal lontano 1986, ha disegnato così l’evoluzione di tre generazioni: “Ho fatto arrestare i nonni e i padri degli attuali ‘ndranghetisti. Ricordo che erano persone molto dure, capaci di stare anni in latitanza. Li abbiamo trovati in bunker di tre metri quadri, sotto terra, senza aria condizionata, senza televisore. Gente molto abituata al disagio. In udienza, mentre ascoltavano la loro condanna all’ergastolo non battevano ciglio. Avevano una grande tenuta nervosa. Se qualche anno fa qualcuno fosse venuto a dirmi: il figlio del boss vuole parlare, conoscendo e considerando quella durezza, non ci avrei creduto. Adesso invece vediamo gente predestinata ad arrivare ai vertici, che vuole parlare. Ci accorgiamo di un profilo psicologico molto fragile. E siccome non si tratta di un unicum, è un dato che merita attenzione.” Questa, la punta di un iceberg che, - ha affermato ancora Gratteri “ deve essere sfruttata come opportunità.”

gratteri-lamezia-2019-912.jpg

Sono state messe in evidenza, dunque, delle crepe che prima non c’erano e che Gratteri e Nicaso hanno deciso di appuntare nero su bianco affidando alle pagine di questo ultimo libro le nuove ipotesi. “Entrando in queste crepe - dice ancora il procuratore - potrebbe essere possibile penetrare nel cuore dell’élite della ‘ndrangheta.” Un altro punto cruciale del libro è rappresentato dal capitolo dedicato alle donne di ‘ndrangheta. Siamo stati abituati a vedere le donne che da sempre hanno rappresentato il motore all’interno del nucleo familiare ‘ndranghetista: sono passate dall’avere prettamente una funzione educativa e marginale a ricoprire ruoli di primaria importanza. Oggi, quelle stesse donne, hanno deciso di parlare e denunciare per amore. Principalmente “per salvaguardare la vita dei propri figli. - spiega Gratteri - Queste donne hanno vissuto un rapporto con un uomo che non hanno mai amato, frutto di quei matrimoni combinati per suggellare alleanze tra famiglie. Sono donne che hanno vissuto tristezza e disperazione che cercano aiuto nella magistratura”.

A spingerle a trovare il coraggio per cambiare il corso degli eventi, è spesso un amore platonico, ma sincero nato sui social, che di contro si oppone al puro rapporto di convenienza mantenuto per obbligo con il proprio marito.  Un fenomeno complesso quello della ‘ndrangheta che non è possibile combattere solo con le maxi-operazioni, bensì mutando forma mentis. C’è bisogno di “svuotare la ‘ndrangheta dall’interno”, di “svuotarne i falsi valori” ha detto l’antropologo Vito Teti, citato in un capitolo del libro. C’è bisogno cioè di trascinare in una rivoluzione di pensiero la società intera coinvolgendo la politica, l’università, la scuola, la chiesa.

Dora Coscarelli

gratteri-lamezia-2019-9124.jpg

© RIPRODUZIONE RISERVATA