Lamezia, iniziativa di Progetto Sud contro le “Autonomie differenziate regionali” nei 45 anni dalla fondazione

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Lamezia Terme - Cade nel giorno del 45esimo anniversario dalla fondazione di Comunità Progetto Sud l’iniziativa presentata oggi nelle sede di via Reillo, portata avanti da Comunità Competente Calabria, con il suo portavoce Rubens Curia e le varie associazioni aderenti. Fra queste, il Comitato per la salute pubblica dell’area Esaro-Pollino rappresentato da Antonia Romano e l’Associazione “Donne e diritti” di San Giovanni in Fiore, rappresentata da Stefania Fratto. La conferenza stampa, introdotta dalla moderatrice Maria Pia Tucci e dall’intervento del presidente di Progetto Sud don Giacomo Panizza, pone al centro ancora una volta la sanità pubblica regionale, nervo scoperto reso ancora più sensibile dal periodo Covid. Un nervo che ora rischia in maniera evidente il corto circuito, a causa dell’inserimento da parte del governo, nella nota di accompagnamento al Documento Economia e Finanza 2021, del disegno di legge sull’ “Autonomia Differenziata Regionale”, prodotto degli “Accordi preliminari” firmati il 28 febbraio 2018 con le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia.  Una scelta denunciata recentemente anche da ANAAO-ASSOMED, il sindacato dei Medici, che rischierebbe di accentuare fortemente, in maniera ulteriore, il divario territoriale dei livelli di assistenza ostacolando la fruizione del diritto alla salute da parte di tutti i cittadini come sancito dalla Costituzione.

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“Vogliamo il minimo dei servizi essenziali dappertutto – dice don Panizza – Non diciamo no alle autonomie locali quanto piuttosto ad una modalità di autonomia in cui il patto sociale viene violato in maniera strisciante, creando differenze che sono disuguaglianze”.  Anche Curia mette in rilievo le ambiguità dei vari punti del nuovo disegno di legge, e annuncia che Comunità Competente, supportata da una raccolta firme ancora in corso arrivata a raccogliere 1400 adesioni, ha in programma un incontro con l’amministrazione Occhiuto, con i sindacati e con le forze d’opposizione, per chiedere un sostegno forte e una presa di posizione rispetto a questi temi, appoggiato da una lunga serie di associazioni che gravitano sul territorio. Fra queste, appunto, quelle rappresentate da Antonia Romano e Stefania Fratto, che dalle aree montane riportano la testimonianza di una situazione già drammatica e insostenibile.

La prima racconta che, dopo la chiusura del presidio di San Marco Argentano, ridotto sì e no a poliambulatorio, i pazienti dell’area Esaro-Pollino, che comprende 28 comuni, vengono dirottati a Castrovillari, Cosenza, Cetraro, e gli oltre 8 milioni di euro stanziati per una Casa della Salute non sono mai stati usati. A San Giovanni in Fiore, dice la Fratto, “le donne in inverno partoriscono nelle autoambulanze, perché con la neve è difficile arrivare altrove”. Per “altrove”, si intendono i presidi di Acri, Cetraro o Paola, dove la situazione non è affatto rosea, e gli anziani, che nel periodo Covid non potevano essere accompagnati dentro dai parenti, “spesso muoiono sulle barelle del pronto soccorso, magari dopo uno e due giorni d’attesa”. Ancora, la mancanza di un mammografo, e il rischio di chiusura dell’unico consultorio della zona. Una situazione disperata, dove a farne le spese sono come sempre coloro che non possono servirsi del privato o emigrare: i poveri, gli ultimi, gli anziani, le donne con una famiglia da mantenere.

Giulia De Sensi

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