Lamezia, l'odissea di Naima: "Da aprile non riesco a dare sepoltura a mia madre in Marocco per colpa della burocrazia”

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Lamezia Terme - "È dal 14 aprile, giorno della morte di mia madre, che attendiamo io e la mia famiglia di avere la salma per poterle dare una degna sepoltura in Marocco. Purtroppo, non riusciamo ad ottenere il permesso per trasferirla; il Consolato di Napoli ci nega l'autorizzazione per mancanza di un certificato che dovrebbe rilasciare l'Asp che attesti che mia madre non è morta a causa del Covid-19". A raccontare al Lametino.it una storia che sa dell'incredibile, è Naima, giovane di origini marocchine che ha perso la mamma e sta imbattendosi in una vera e propria odissea. Miloua Bari, 67enne, cessava di vivere a Lamezia dove risiedeva da anni in seguito a complicazioni renali e ad uno stato di deperimento che ormai aveva acuito la sua patologia con conseguente arresto cardiaco. La salma ancora oggi si trova presso una casa funeraria cittadina dove si attende il lasciapassare. Ovvero, un certificato dell'Asp, in questo caso di Catanzaro con il quale si attesti che la donna non è morta per colpa del Coronavirus.

"Mia madre - aggiunge Naima - non aveva quella malattia. Ho i certificati del medico curante che dimostrano ciò che sosteniamo. Si può vedere tranquillamente che è così. Non comprendiamo come mai l'Asp invece non ci rilascia il certificato". Dalle tre pagine del diario clinico in possesso di Naima, si legge di ricoveri ospedalieri già dal 2017 in data 18 marzo, per "litiasi renale bilaterale". Altro ricovero in data 22 giugno 2017 con descrizione del quadro patologico riferito ad un "calo ponderale con progressivo allentamento, neoformazione polmonare cachessia, ipertensione arteriosa, virosi, cisti pancreatica, microlitiasi renale, infezioni delle vie urinarie...". Quindi, tutta una serie di prescrizioni e di terapie da seguire anche nel 2018. Mentre la pazienta presentava disturbi di anemia, pruriti e in data 19 settembre 2019 dal quadro clinico si legge di una "incontinenza urinaria nel soggetto con neoformazione polmonare e cachessia, demenza senile, paziente con Parkinson, non deambulante e non trasportabile con i comuni mezzi di trasporto, visita domiciliare...". Seguono visite a domicilio e ancora prescrizioni di farmaci fino ad arrivare alla data del 6 febbraio 2020 quando dal diario clinico si certifica che la paziente "è affetta da ipertensione arteriosa essenziale neoplasia polmonare, osteoartrosi generalizzata, gastrite cronica, vasculopatia cerebrale aterosclerotica...". L'epilogo della vicenda si conclude lo scorso 14 aprile con la morte della sfortunata donna avvenuta in casa con l'arrivo del 118 che constata il decesso. Nel referto del 15 aprile redatto dall'Asp, Unità di medicina legale si legge che la morte è avvenuta per arresto cardiaco e si fa riferimento alle patologie della paziente. Laddove si legge di eventuali condizioni o complicazioni che descrivono la sequenza che ha portato alla morte. Ovvero, "cachessia", partendo da una "condizione iniziale di neoplasia polmonare". Quindi si arriva ad oggi con il diniego del trasporto della salma che non può passare la frontiera italiana senza il visto del no-Covid da parte dell'autorità competente, appunto la Asp. Lo richiede il Consolato e serve per l'imbarco all'aeroporto.

Per quanto riguarda la salma, vi è da aggiungere che, da parte sua, la casa funeraria ha espletato tutti gli adempimenti previsti per poter autorizzare l'estradizione della bara nello stato del Marocco, con transito dall'aeroporto di Catania. "Il trasporto verrà effettuato - si legge - con carro funebre con partenza da Lamezia verso l'aeroporto di Catania per l'imbarco a Casablanca". Un passaggio quest'ultimo che doveva avvenire proprio oggi, 11 agosto, e che invece non sarà effettuato perché manca il famigerato certificato. Sarebbe bastato esaminare un frammento di tessuto per appurare l'eventuale decesso causa Covid-19. Perché non è stato fatto? Perché non si fa?. "Non abbiamo contratto il virus - ribadisce Naima - siamo rimasti a casa a lungo con mia madre. E poi perché non hanno fatto il tampone dopo il decesso? Ripeto, tutti i documenti dimostrano che mia madre non è morta per il Coronavirus. Faccio un appello alle autorità, all'Asp, all'ospedale, al Comune. Datemi il corpo di mia madre, fate il certificato. Abbiamo già speso dei soldi per il funerale, la bara e altre cose. Anche la Caritas ci aiuta a completare le spese. Ma per favore, datemi la salma di mia madre". Un appello struggente dal profondo del cuore di una figlia che chiede solo la restituzione della salma di sua madre da portare nella terra natìa. Un grido di dolore che potrebbe essere esaudito con un ultimo sforzo e con la volontà di mettere fine ad una vicenda umana che dovrebbe avere tutt'altro epilogo e non quello che la figlia Naima e i suoi parenti stanno vivendo.

Antonio Cannone

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