Lamezia, #Trameoff al De Fazio con il libro di Zottarel: “Chiedetevi sempre cosa succede nel vostro territorio”

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Lamezia Terme - “Chiedetevi sempre cosa succede nel vostro territorio. Fate un passo avanti e provate a cambiare la realtà”. Arianna Zottarel, autrice del libro “La mafia del Brenta. La storia di Felice Maniero e del Veneto che si credeva innocente” (Melampo Editore), si rivolge così agli studenti dell’Istituto tecnico “De Fazio” nel primo degli incontri con gli autori dedicato alle scuole superiori denominato #Trameoff, un percorso che fa parte, insieme a #Tramedimemoria, per le scuole primarie e secondarie di primo grado, del progetto più ampio #Trameascuola, a cura della Fondazione “Trame” e dell’Associazione antiracket lametina (Ala). Nell’appello ai ragazzi dell’autrice del volume, che ha vinto il premio “I Quaderni di Trame” 2018, c’è il cuore di un problema che oggi, più degli anni in cui Maniero e la sua organizzazione, la mala del Brenta, spadroneggiavano tra la provincia di Venezia e quella di Padova (dalla metà degli anni Settanta fino alla cattura di Maniero nel 1993), si fa sentire forte: minimizzare, o negare l’esistenza, di determinati avvenimenti, oppure far finta di non vederli. E si finisce sempre e comunque con un’autoassoluzione. Invece, i fatti vanno in un’altra direzione, dimostrando che nel nostro Paese non ci sono isole felici.

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Nell’appuntamento al “De Fazio” non c’è stata nessuna lezione, ma un frizzante botta e risposta di un paio d’ore tra Arianna Zottarel e i ragazzi con le loro domande, interrogativi e curiosità sorte dopo la lettura del libro sulla vicenda di Felice Maniero. Zottarel, nel titolo, parla volutamente di mafia del Brenta, e non di mala, spiegando appunto che “mala del Brenta è un nome che è stato dato dai giornalisti per semplificare. Loro, in realtà, erano la banda del Piovese. Mala evidenzia un aspetto più romantico. Ma si trattava di un’associazione a delinquere di stampo mafioso. Però, nessuno avrebbe mai parlato di mafia. Piuttosto, si polemizzava sui soggiornati obbligati che, provenienti dal Sud, infettavano il tessuto sano del Nord. Poi, il Brenta è il fiume che scorre in quel territorio. E la banda ha un rapporto particolare con questo corso d’acqua, perché sulle sue rive sotterravano i frutti della loro attività criminale e, naturalmente, anche i morti”.

Il tutto ruota attorno alla figura carismatica di Felice Maniero, soprannominato Faccia d’angelo. Un personaggio davvero singolare. “Era un dandy. Intelligente, educato e generoso, aveva dei modi molto sofisticati. Maniero costruiva così il consenso. Ma non dimentichiamoci che era un criminale efferato, che in breve tempo ebbe la capacità di stringere, grazie alla credibilità conquistata, legami con elementi di rango della malavita e del narcotraffico” dice Zottarel. Gli studenti le chiedono quindi quale sia la differenza tra la mala del Brenta e la ‘ndrangheta. Risponde Zottarel: “La ‘ndrangheta ha una struttura gerarchica improntata su legami familiari. Ha una storia secolare. Al contrario, la mala del Brenta non ha una storia. Nasce semplicemente per delinquere, con una vocazione criminale per le rapine. Ha una gerarchia mutevole. Non ha mai avuto rapporti con la politica; non le serviva, perché non era interessata a entrare nei grandi appalti. Così come non c’era un uso strategico della violenza e neanche una vera ideologia: tutto era costruito sul carisma del suo leader, che però in seguito fu anche la sua debolezza: nel momento in cui Maniero iniziò a collaborare, l’organizzazione venne di fatto smantellata”. Maria Teresa Morano, referente del progetto #Trameascuola, infine invita i ragazzi: “Custodite questi suggerimenti per costruire la vostra consapevolezza”.

Giuseppe Maviglia

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