Trame 8, Moni Ovadia: “Crescere tra gli umili ha fatto di me l’uomo che sono”

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Lamezia Terme - “Quello che oggi si dice dei migranti che è una pacchia, si diceva dei nostri concittadini".  Sono parole intense, come sempre, quelle di Moni Ovadia all’ottava edizione di Trame. Lui è cresciuto con gli ultimi, ma è tra i primi protagonisti della scena teatrale nazionale e internazionale per i suoi testi e per l’intensità con cui sale sui palchi dei teatri, con la professionalità dei suoi interventi televisivi sempre su tematiche sociali. “L idea di questo spettacolo nasce ed è stata contestualizzata da Moni Ovadia” ha infatti precisato  Marco Incudine, cantante attore teatrale e polistrumentista. “Da anni portiamo in scena tutta una serie di problematiche legate al sociale, ai migranti, traducendo Eschilo e attualizzandolo. E’ uno spettacolo emblema della grecità in cui si parla di democrazia e accoglienza” ha detto nelle prime battute della presentazione dello spettacolo “La terra è di cu la travagghia. Pensieri e parole dei sindacalisti uccisi dalla mafia di e con  Moni Ovadia. 

Oggi è un altro tassello di questo nostro percorso comune in cui si parla in un ora e dieci della problematica dei sindacalisti uccisi dalla mafia che negli anni dal 1944 al 1948 ha toccato l’acme numerica delle uccisioni. Poi si è arrivati allo snodo in cui quella dei sindacalisti non era più una problematica di provincia ma andava a toccare lo Stato e quindi Pio la Torre.

Da qui, la mafia inizia a uccidere uomini di Stato che erano dentro le istituzioni. Mentre prima vi era un regolamento di conti tra le montagne e non si riusciva ad arrivare oltre le Madonie, poi con Placido Rizzotto si colpisce un personaggio che mette le mani dentro la mafia. Si diceva che avesse rapporti con la figlia di Luciano Liggio. Nel suo intervento l’attore, incalzato dalle domande di Gaetano Savatteri, direttore del festival Trame, ha spiegato come la mafia iniziò a spegnere questi piccoli fuochi che i sindacalisti volevano mettere fuori battendosi per la terra. E proprio il lamento per la morte di Turiddu Carnevali di Sciara che incarna perfettamente tutti i sindacalisti uccisi dalla mafia. Con un verso analizza la tematica “La terra è di chi la travagghia” e su questo non ci potevano essere discussioni. Dai soprusi di baroni, di mafiosi e di gente che invece voleva lottizzare e utilizzare i contadini come manovalanza spicciola per poter arricchire la mafia e il baronato.  E fu quello che accadde.

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“Lavorare per un euro all’ora e lavorare per dieci euro al giorno, siamo fuori da ogni logica della dignità umana” ha ripetuto l’attore siciliano. E’ quello che hanno vissuto da Placido Rizzotto a Peppino Impastato e tutti i sindacalisti di cui ci occuperemo in questo spettacolo”. Un uomo che per difendere i suoi compagni che non potevano lavorare per un euro all’ora è stato ucciso nel casolare dove cercava il materiale per coprirsi nel suo posto di sopravvivenza. E non per levare qualcosa a qualcuno. “E’ uno spettacolo che parte da Lamezia e con un patrocinio della Cgil arriverà in tutta italia. “E’ una produzione che inizia  con il logo Trame e questo per noi  - ha concluso - ha un valore assoluto”. “Moni Ovadia è cresciuto con gli ultimi” con questa espressione il direttore di Trame ha presentato un genio, direbbero i telecronisti dei Mondiali di calcio riferendosi a Cristiano Ronaldo, e in questo caso lui è un genio del teatro.

Fino agli anni 60’, ha detto Ovadia, sono stato testimone della migrazione interna e ricordo le scritte nelle città del nord italia “Via i meridionali dalle nostre città” a Milano e a Torino. Quello che oggi si dice dei migranti, che è una pacchia, si diceva dei nostri concittadini. I miei nonni erano turchi e io sono orgogliosamente terrone e queste scritte mi ferivano. Ho sempre combattuto dalla parte degli ultimi e sentire aggredire, insultare, infamare i nostri fratelli, deve far capire che la gente che viene qui ha sofferto e noi dovremmo guardarli come fratelli.  Sono  cittadino onorario di tre città italiane, ha detto Ovadia, Monfalcone, Palermo e Sciara, per quest’ultima è come se avessi ricevuto una medaglia dal congresso americano. In questo paese c’è una coltivazione del carciofo memorabile, e il museo di Turiddu Carnevali. E’ la sua casa, con un corridoio su due piani. Lui dormiva su una branda al piano di sopra e la madre al piano di sotto. Un letto a castello. Per me è il più bel museo mai visto nella mia vita.

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E’ il museo della verità dell’uomo che lavora. L’uomo che ha il coraggio di rivendicare la propria dignità e quella dei suoi simili. E ringraziando il direttore del Festival Savattieri per l’invito ha sottolineato che “la tragica mancanza di una memoria profonda e radicata sono l’origine dei problemi dell’Italia.  Fare opera di memoria è importante per il nostro futuro. Se un giovane si forma al magistero di Pio La Torre  o di Turiddu Carnevali avrà nel cuore il senso della giustizia e passerà la sua vita a dedicarsi a costruire giustizia. Se la sua memoria è melassa televisiva dello stupidario o la cloaca del social media che cosa ci possiamo aspettare da lui nella vita? Per questo il paese decade. Mi sono formato alla scuola delle genti che hanno sofferto, e uno dei miei maestri è stato uno dei grandi studiosi calabresi Lombardo Satriani. E parlare della Calabria e della Sicilia degli umili ha fatto di me l’uomo che sono”. 

Maria Arcieri

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