Trame 7, presentato “Cani senza padroni” di Sardo sulla ‘Stidda’ siciliana: storia vera di una guerra di mafia

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Lamezia Terme – All’interno del ricco cartellone di Trame 7 presentato, presso il Chiostro San Domenico, “Cani senza padroni. La Stidda, storia vera di una guerra di mafia” del giornalista del Tg5 Carmelo Sardo. A porre l’attenzione, mediante alcune domande, su quella mafia definita come minore ma che nella provincia di Agrigento negli anni ’80 realizzò i più gravi delitti della storia, il giornalista Filippo Veltri. La ‘Stidda’, che in un primo dialetto voleva significare stella, si scopre identificare più avanti la terza persona del verbo ‘stiddare’, spezzare, togliere via. Così come il tronco dall’albero, e i suoi rami, gli stiddari venivano allontanati dalla famiglia e posati. Tuttavia, questo ‘posare’ non veniva sopportato dagli stessi, ed è da lì che nasce l’idea di organizzare un gruppo di ragazzini attraverso cui fare la guerra della guerra di mafia. Si giunge così alla ‘controffensiva’ nei riguardi della nuova mafia. Il libro, pubblicato da Melampo Editore, casa editrice di Milano, presente ieri a Lamezia, è il concentrato storico narrativo di tutto ciò che avviene negli anni ’80 prima e negli anni ’90 dopo. Segue alcuni filoni, per segnare le ciclicità e le reazioni diverse dello Stato e della società civile, mette in luce appunto la c.d mafia minore di Agrigento, ma anche la fine di Cosa Nostra, con alcuni tratti caratteristici e umani di alcuni ‘pentiti’. Un fenomeno il pentitismo che, specie in questo caso, risulta assai inedito e affascinante. Alcuni, vedremo, non si pentono mai, e fanno parte dell’ergastolo ostativo, altri lo fanno e chiedono addirittura la beatificazione del giudice Rosario Livatino, il giudice giovane di cui, secondo alcuni interrogatori, molti degli ‘stiddari’ coinvolti dietro persuasione dei vecchi boss non conoscevano neanche il nome.

“Gli stiddari sono i giovani senza cultura, senza lavoro, sono la manovalanza delle grandi guerre di mafia – afferma Sardo – ragazzini che venivano abbindolati da menti raffinate dietro la promessa che un giorno sarebbero diventati dei grandi boss e soprattutto ricchi”.  Come si evince dal film ‘Il padrino’, dal rifiuto di don Vito Corleone ad entrare in affari con la cocaina, i ‘posati’ sono la parte della cultura antica della Sicilia, quella parte che rifiuta di entrare in affari con la nuova mafia. Ad Agrigento, (300.000 abitanti) tra il 1986 e il 1992, si contano 400 morti ammazzati. Ma perché non hanno toccato Palermo? A questa domanda di Filippo Veltri l’autore risponde “La stidda lì non aveva possibilità di infiltrarsi, c’erano i Corleonesi. Si tratta di ragazzi manipolati dai vecchi boss che uccidevano tutti i capi di Cosa Nostra, piegati all’egemonia dei Corleonesi”. Ma l’elemento trainante del racconto di Sardo è segnato dal delitto di Rosario Livatino. Il giudice, aveva solo 37 anni, e il 21 settembre 1990 veniva ucciso mentre si recava a lavoro con la sua vecchia Ford Fiesta. Solo in quel momento lo Stato scopre quelle province e interviene. I ragazzi che volevano spodestare Cosa Nostra, mediante la loro forza sul campo, avevano un’età compresa fra i 20 e i 22 anni. “Oggi hanno più di 50 anni - prosegue Carmelo Sardo, tra i primi giornalisti in Italia ad aver studiato il fenomeno e ad aver ascoltato da vicino molti di loro – e si sono rivisitati, si sono cioè resi conto di essere stati strumentalizzati”. Ma cosa aveva fatto Livatino, giudice appena insediato, di così scomodo? Aveva cercato di togliere via i patrimoni ai vecchi boss. “Un mafioso mette in conto due cose – dice Sardo – morire ammazzato o morire in galera, certo non gliene frega nulla, perché l’unico interesse è garantire ricchezza agli eredi. Ecco, Livatino aveva sequestrato il patrimonio di due grandi boss”. 

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È di ieri la notizia della nuova relazione antimafia, alla luce di questi dati Filippo Veltri si chiede “Cos’è oggi Cosa Nostra”? “La relazione mi ha lasciato sgomento – afferma Sardo – Roperti afferma che la mafia oggi non ha più bisogno di uccidere poiché è imprenditrice. Gli studiosi sostengono che con gli arresti di Riina e Provenzano Cosa Nostra registra una fine”. Sempre dalle informazioni fornite, Cosa Nostra risulta spodestata dai grandi affari della ‘ndrangheta, mentre resta forte nella storia delle estorsioni. La novità? Le reazioni di denuncia in Sicilia da parte di imprenditori e commercianti.  In “Cani senza padroni” che dedica anche un intero capitolo all’ex ministro Calogero Mannino (Assolto nel processo a Cosa Nostra), ciò che più colpisce e certamente restituisce più interpretazioni, accostandosi all’antropologia della regione, e se vogliamo anche ad aspetti sociologici, alla maniera di Leonardo Sciascia, dunque aspetti fortemente letterari, è il dato fornito da un collaboratore di giustizia che pianificò il delitto Livatino. Come infatti, già Giovanni Falcone metteva in rilievo in alcune risposte a Marcelle Padovani in ‘Cose di Cosa Nostra’, è l’aspetto umano a far centro nell’attenzione del lettore. Un aspetto che vien fuori durante gli interrogatori, che pone tutti sullo stesso piano. Quella di Giuseppe Croce è una storia straordinaria. “In lui si agitano due anime che mi hanno conquistato – conclude Carmelo Sardo – tenta di farsi una famiglia ma non ci riesce, la fidanzata non riesce ad avere figli e per ben 3 volte abortisce. Si convince che è una volontà del padre eterno e continua a fare la vita di criminale”. La storia della storia viene poi tirata fuori da un investigatore. Che non sia già pronta una sceneggiatura da film?     

V.D.

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