Trame 8, in scena 'La città involontaria': “A Lamezia c'è tanta bellezza, non sprecatela più” - VIDEO

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Lamezia Terme – “Lamezia ha di tutto e di più, le manca solo di credere in se stessa, non le serve un riscatto, quanto uno scatto verso la libertà”. Più che un’inchiesta, una riflessione sulla città quella che il giornalista di “Panorama” Carlo Puca, ha voluto regalare al festival Trame per la serata conclusiva dell’ottava edizione, affiancato dal live show a suon di rime dei giovani Dc aka Frank DCnatra.

Mentre sul muro del chiostro San Domenico scorrono le immagini di Lamezia riprese da un’auto, “La città involontaria”, per la regia di Giuseppe di Pasquale, ripercorre storie e fatti che i lametini ormai però conoscono fin troppo bene.

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“Dopo il terzo scioglimento del consiglio comunale dicono di voi che siete tutti ‘ndranghetisti – afferma Puca provocando il pubblico – che con loro o ci fate affari o vi voltate dall’altra parte. Ma io ho avuto modo di conoscervi in molti, e a Lamezia ho incontrato il bene, l’ho visto nelle vostre facce, nei sentimenti civici della gente e soprattutto nei ragazzi della città”.

Le sue riflessioni non possono che partire dall’unione dei tre Comuni e la nascita di Lamezia. “Cinquant’anni dopo – aggiunge Puca – Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia sono unite nella burocrazia ma divise nell’identità, dove addirittura si fanno anche distinzioni tra gli abitanti delle diverse frazioni o dove pure sull’appartenenza ai Santi succedono cose bizzarre”.

E durante il suo viaggio in città, il giornalista ha modo di imbattersi a colazione in un gruppo di turisti canadesi, a Lamezia non per visitare i beni archeologici del luogo (tutti chiusi e non fruibili al pubblico), quanto raggiungere a Serrastretta la Sinagoga di Rabbi Barbara Aiello. “Ha riunito lì gli ebrei di Italia - precisa ancora Puca - perché ha più volte dichiarato che a Lamezia ha trovato freddezza, se non ostilità”.

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Lamezia viene definita così come una “città involontaria” anche perché sottovaluta le sue tante potenzialità. Inframezzato dalle rime dei giovani rapper sulle contraddizioni della città, Puca cita poi gli anni della ‘ndrangheta lametina, delle cosche “vecchie ma potenti”, degli arresti, delle condanne in Perseo e dello Stato che sta vincendo la sua battaglia repressiva. Nella lettura del suo testo, il giornalista di Panorama non può che soffermarsi anche sulle vittime di ‘ndrangheta e tra di essi far riecheggiare il nome dei due netturbini uccisi nel 1991, Tramonte e Cristiano.

Si sofferma infine su abusivismo, sanità, area industriale “che appare decadente”, per poi focalizzarsi sui professionisti e soprattutto sui giovani in fuga. “Ho incontrato un vostro concittadino – ha proseguito Puca – e mi ha detto che se un tempo bisognava avere delle ragioni per andare via, oggi invece bisogna averle per restare. Lamezia però, deve trovare una sua identità, deve lottare, non riscattarsi, ma fare uno scatto verso la libertà. Deve esorcizzare il demone della ‘ndrangheta, bloccare la fuga dei tanti giovani della città che ormai conoscono il mondo e pensano in grande, questa città deve puntare sulla sua bellezza, senza sprecarla più”.

Alessandra Renda 

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