Trame9, Gangemi presenta il suo ultimo libro: "C'è un tempo più appropriato per ogni azione"

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Lamezia Terme - “Bisogna attendere il tempo più appropriato per ogni azione”. Esordisce così Mimmo Gangemi, autore del romanzo Marzo per gli agnelli, spiegando al pubblico di Trame Festival il significato del titolo del suo ultimo libro. “Come il mese di marzo per gli agnelli è il mese della mattanza, ciascuno di noi va incontro inevitabilmente al proprio destino cruciale fatto di tante piccole circostanze in grado di modificare gli eventi”. “Nella vicenda narrata”, precisa Gangemi, “si parla di ‘Ndrangheta ma non è una storia di ‘Ndrangheta. Piuttosto è una storia che parla del destino, della sofferenza incarnata dal dolore del protagonista, Giorgio Masi, brillante avvocato penalista che non ha più niente da perdere perché ha già perso tutto. Si trova intrappolato in una drammatica storia familiare: un figlio morto, un altro ricoverato in un centro per neurolesi e una moglie che è ormai succube del vortice delle vicende nefaste nelle quali è incappata. Niente più lo spaventa, neanche la morte e questa sensazione di poter sfidare tutto lo fa sentire invincibile. Tutta questa sofferenza, gli dà la forza di combattere, di non farsi da parte quando la sua vicenda personale si incrocia con gli affari loschi di alcune ‘ndrine, per la precisione con quella di ‘Zi Masi (che rappresenta la vecchia ‘Ndrangheta) e la cosca dei Suvara (la ‘Ndrangheta moderna che contravviene a qualsiasi regola di “rispettabilità” che contraddistingueva le vecchie onorate società). In dialogo con la scrittrice Daniela Rabia e Filippo Veltri (giornalista de Il Quotidiano del Sud), Gangemi ragiona sulla genesi di quest’ultima fatica letteraria - o come preferisce chiamarla lui “la sua ultima distrazione dal mestiere di Ingegnere” e sulle conseguenti responsabilità etiche e sociali che derivano dalla scelta di scrivere di mafia.

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“Una cosa importante per combattere la ‘Ndrangheta” dice “è parlare di ‘Ndrangheta; ancora più importante è parlarne in un festival come Trame che si svolge tutti gli anni proprio nel contesto dove il malaffare opera. È qui che possiamo rendere partecipi segmenti di opinione pubblica di ciò che sono realmente le mafie”. Non si risparmia poi di tirare una frecciatina a tutti quegli intellettuali che hanno il dovere morale di puntare i riflettori sul problema e decidono invece “di brillare per il loro silenzio”, perché, appunto, è più comodo vivere stando bene attenti a non pestare i piedi a nessuno. Gangemi, ha deciso di parlarne invece, perché il problema esiste e non possiamo fare finta di niente e ha scelto di farlo restando a vivere in Calabria, anche dopo il successo conquistato come autore del romanzo “Il Giudice Meschino” da cui è tratta l’omonima e più popolare fiction Rai. Non manca poi di rivolgere un pensiero a tutti quei giovani che sono costretti ad andare via perché impossibilitati a restare a causa della mancanza di opportunità. Gli piacerebbe che potessero rimanere per costruirsi un futuro qui dove hanno le proprie radici. C’è necessità assoluta di restare e resistere. Ne sa qualcosa lui di storie di gente che è obbligata a partire: il suo manoscritto che più lo rappresenta è La Signora di Ellis Island ed è la storia di suo padre, la storia di tutti gli emigrati italiani che sono partiti alla volta degli Stati Uniti per cercare fortuna. Prima dei saluti l’autore si congeda con un’indiscrezione: “Di immigrazione parlerà anche il prossimo libro che uscirà a gennaio, è una tematica che mi sta davvero molto a cuore”.

D.C.

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