Lamezia Terme – Dieci anni fa la palazzina di “Godino Gomme” andava a fuoco lasciando attonita la famiglia e una città intera. Lamezia Terme rimase a guardare quel palazzo bruciare, con le fiamme che distruggevano i sacrifici e il lavoro di un uomo che, tornato dal Canada, aveva deciso di costruire il suo futuro e quello dei suoi figli qui. La criminalità e le cosche locali, però, non gli hanno perdonato il fatto di non essersi voluto piegare e quello che doveva essere solo un avvertimento diventò un incendio durato 36 ore, con la palazzina di due piani rimasta fumante per giorni, la strada bloccata e un odore acre di gomme bruciate che pervadeva una città intera.
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Dopo due anni Giuseppe Godino, la moglie, i tre figli e i dipendenti, hanno visto di nuovo riaprire le porte dell’attività, con abnegazione e spirito di sacrificio al lavoro. Nessuna sottomissione alle cosche ma l’unico pensiero era per ricominciare a lavorare e la voglia di non lasciarsi sopraffare da quel gesto. Accanto a loro, in quei giorni si strinse una comunità intera, quasi come se quell’incendio fosse stato uno schiaffo che ha fatto risvegliare le coscienze e che ha fatto smuovere migliaia di persone che, grazie anche agli studenti in coda al corteo, sfilarono per le vie di Lamezia Terme, fino a via Arturo Perugini davanti alla casa bruciata.
Fu una delle prime volte che la piazza si smosse e parlò di racket. L’associazione antiracket lametina era nata da poco più di un anno e quella parola si stava sdoganando, finalmente, e fu impressionante il fatto che servì quell’incendio per far capire l’entità del problema, anche a livello nazionale, nonostante le intimidazioni e, soprattutto, gli omicidi, fossero tristemente molto frequenti in quel periodo. Alla manifestazione seguirono la serrata dei negozi organizzata dall’antiracket, l‘incontro al Teatro Umberto e il consiglio comunale sulla sicurezza. Era scoppiato il “Caso Lamezia”.
Dopo dieci anni Daniele Godino, che ha deciso di restare a Lamezia e prendere in mano il lavoro in azienda, a Il Lametino.it ha dichiarato: “Viviamo in una città e in una regione molto difficili. Le cose sono molto cambiate, penso a dieci anni fa, quando non si parlava di racket. Mi ricordo quando è nata l’associazione antiracket nel 2005: ero alla presentazione e probabilmente era la prima volta che si parlava di racket a Lamezia. Io penso che ci sia una fase pre e post incendio: l’incendio ha sdoganato questa parola. Il fenomeno della denuncia, però, purtroppo non è radicato, non è forte. Sono ancora pochi gli imprenditori che denunciano. Il fenomeno della denuncia non è aumentato e penso che ci sia ancora chi paga e penso anche che, anzi, forse siano ancora di più di prima quelli che pagano. Perché ora le cosche hanno bisogno di soldi e i soldi li recuperano anche con le estorsioni”.
Claudia Strangis
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