Lamezia Terme – Altra giornata all’insegna delle principali rivelazioni dell’ultimo Sanremo per il Color Fest, che, dopo il live di Lucio Corsi, Premio della Critica “Mia Martini” con l’instant classic “Volevo Essere Un Duro”, ha visto approdare sul Suzuki Stage del lungomare Falcone-Borsellino anche Joan Thiele, cantautrice e producer italo-colombiana, probabilmente il nome più atteso dal pubblico del Day II. Un’attesa che non ha certamente deluso le aspettative, anzi. Anche in questo caso, il palco si è rivelato la dimensione ideale per dar libero sfogo a un background soltanto intravisto all’Ariston (non una novità per chi la segue da tempo), dove ha comunque presentato un brano, “Eco”, dai tratti già abbastanza paradigmatici, seppur adattati a un contesto che certamente le stava un po’ stretto. Discorso diverso dal vivo, soprattutto in un set da headliner, impregnato di umori r&b liberi di fluire in “forma liquida” fino a contaminarsi con le varie influenze di una forma di cantautorato trasversale e cosmopolita. Neo-soul, jazz, funky, trip-hop: sono solo alcuni degli universi sonori declinati da Joan Thiele seguendo le coordinate di un’idea di pop music abbastanza personale.
A dominare la setlist buona parte del suo ultimo lavoro in studio, “Joanita”, il primo completamente in italiano: dalle atmosfere retrò di stampo cinematografico (un suo marchio di fabbrica) de “La Forma Liquida”, posta in apertura, agli echi mediorientali di “Bacio Sulla Fronte”, che fa il paio con i riverberi e le incursioni del sitar di “Acqua Blu”, passando, ovviamente, per la pseudo svolta mainstream di “Eco”. Spazio anche a qualche episodio del passato con cui far emergere il lato più black della sua musica, in particolare “XX L.A.” e “Cinema”, dalle venature ancora più funky, mentre “Senza Fiato” rispolvera il suo sodalizio con Mace, tra il pubblico del Suzuki Stage in attesa del suo partecipatissimo djset.
In chiusura, il nuovo singolo “Allucinazione”, inno alla libertà ricco di groove già perfettamente assimilato dal suo pubblico. Se il momento più atteso di questo Day II era il live Joan Thiele, assieme al concerto al tramonto di Giorgio Poi, fautore di un cantautorato itpop che, in realtà, aggiunge poco o nulla al già inflazionato panorama italiano, i set in grado di sparigliare le carte hanno avuto luogo nel pomeriggio, a partire dalla reunion dei Dissidio, band capitanata da Michelangelo Mercuri, noto ai più come N.A.I.P., tornato su un palco assieme a Valentino De Vito (basso) e Francesco Procopio (batteria) a ben nove anni di distanza dal loro ultimo valzer. Una reunion coincisa con la release dell’Ep “Magari Ci Sarà Un Futuro Migliore”, nuovo tassello di quel crossover dal piglio surreale presentato in anteprima al Color, che già li aveva ospitati nel 2015 in un’edizione impreziosita da Verdena, Iosonouncane e The Soft Moon, il progetto tra post-punk e industrial del compianto Luis Vasquez. Post-punk e clangori industriali al centro della proposta degli irlandesi Chalk, ennesimo prodotto della nuova ondata britannica, ora mixata (è proprio il caso di dirlo) a ritmiche ballabili e ulteriori elementi tipici della club culture.
Un processo di ibridazione analogo a quello di Madchester, ma ancor più duro, oscuro e sporco, fortemente imbastardito da un massiccio utilizzo di synth quanto mai martellanti. Il sound ancora abbastanza derivativo degli esordi (l’ep “Conditions”) ha ormai lasciato il posto a una sorta di maelstrom elettronico in cui ritrovare tracce di Nine Inch Nails, la scena di Sheffield anni ’80 e, soprattutto, la techno di stampo Underworld, fino a coniare un nuovo linguaggio in bilico tra urgenza espressiva tipica di chi è orfano della generazione no future e assalti sonori degni di un rave clandestino. Una formula definita da qualcuno, a proposito di techno, “Berghain Rock”, etichetta subito giustificata da brani come “Leipzig 87”, “Afraid”, “Static”, “Tell Me”, ma anche da episodi più calibrati e atmosferici quali “Pool Scene” (non troppo distante dalla lezione dei New Order) e “Bliss”, avvolta da chitarre sottotraccia e dalla voce eterea della cantante Fears. Un altro set spartiacque, al pari degli Isaac Delusion nel Day I, con cui anticipare al meglio un’ultima giornata molto post punk e new wave oriented con i vari Shame, Murder Capital, Ekkstacy e Offlaga Disco Pax.
Francesco Sacco
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