Lamezia, ‘Diciamo Basta al cyberbullismo’ al liceo Fiorentino. Marziale: “È il bullo ad avere qualcosa che non va sotto il profilo psicologico”

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Lamezia Terme - Ha coinvolto i ragazzi del primo anno del Liceo Classico-Artistico “Francesco Fiorentino” il progetto “Diciamo Basta al cyberbullismo”, effettuato in rete con le prime classi dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Galluppi” di Tropea, collegati in videoconferenza con l’atrio delle Muse. L’incontro, moderato dalla professoressa Stefania Giampà, nell’incarico di Funzione Strumentale Inclusione e Benessere, e introdotto dai saluti del dirigente scolastico Nicolantonio Cutuli, ha visto l’intervento del dottor Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria e docente di Sociologia all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, e della dottoressa Anna Fazzari, psicologa clinica, psicoterapeuta e sociologa, responsabile dello sportello di ascolto del Liceo “Fiorentino”.

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“Il bullismo esiste da sempre - ha esordito Marziale - perché c’è da sempre chi vuole fare il prepotente, prevaricare, sopraffare il più debole. Ma chi ha il disturbo non è la vittima: è piuttosto il bullo ad avere qualcosa che non va sotto il profilo psicologico, un problema in famiglia o con la scuola. E oggi la situazione è ancora più difficile perché il fenomeno è andato a mescolarsi con il web e i nuovi mezzi di comunicazione, dando origine al cyberbullismo”. Da qui una disamina dei problemi che danno origine al disagio di chi fa violenza, nella vita e sul web: problemi innanzitutto di tipo educativo, da ricondurre alla mancanza di modelli ed esempi da seguire all’interno della stessa famiglia, anche nell’uso dei social media. “Ci sono genitori”, continua Marziale, “che pur vietando ai figli di farlo, tengono sul tavolo il cellulare all’ora di pranzo, madri che giocano su internet a fare le bambine e padri che postano commenti violenti sui social offendendo amici e non”. Errori, dunque, da ricondurre alla generazione precedente, che però aveva almeno avuto la fortuna di un’infanzia dove il gioco lasciava più spazio alla fantasia. “Abbiamo ucciso la vostra capacità di fantasticare”, chiosa Marziale rivolto ai ragazzi, invitando la scuola ad aggiornarsi ed insegnare a gestire l’uso dei nuovi media con lezioni curricolari che comprendano anche l’educazione sessuale, combattendo così pure l’altra faccia del cyberbullismo, quella che riguarda infrazioni legate alla sfera intima dei ragazzi, con conseguenze gravissime che possono sfociare nel suicidio.

Di combattere ogni giorno questi fenomeni si occupa la dottoressa Fazzari, che illustra in termini tecnici la tematica già disciplinata dalla Legge 71 del 2017, che dovrebbe prevenire fenomeni di bullismo e cyberbullismo, in una situazione in cui “secondo dati Eurispes il 96% dei ragazzi dai 12 e i 18 anni usa ogni giorno internet, il 94% usa ogni giorno un pc, e l’87% dichiara di essere stato vittima di cyberstalking”. L’Internet Addiction Desorder è infatti un disturbo entrato a tutti gli effetti nel DSM, e l’Italia è il primo dei paesi latini per incidenza di cyberbullismo. Detto questo, per individuare un caso di bullismo esistono indicatori precisi: “l’intenzionalità, la sistematicità, l’asimmetria di potere fra vittima e bullo, e anche la durata delle vessazioni che devono protrarsi per un minimo di sei mesi”, spiega Fazzari. Moltissime le modalità del cyberbullismo: “Flaming, ovvero scambio di messaggi offensivi; Harassment, molestie su social privati; Denigration, pettegolezzi e voci inventate diffuse in rete sul soggetto; Impersonation, furto d’identità; Out and Thickering, inganno digitale; Exclusion, isolamento sociale, e infine il vero e proprio Cyberstalking, che lede addirittura la libertà”. La risposta degli esperti? “Non bisogna rispondere alle minacce, ma chiedere aiuto ad un adulto, segnare e registrare tutto, e rivolgersi alla polizia postale”.  A conclusione dell’evento sono state donate ai relatori delle opere a tema realizzate dal professor Rombolà.

Giulia De Sensi

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