Lamezia Terme - "Lei ha presente un fiume in piena? Il fiume in piena travolge tutto. Ecco, noi in questo periodo siamo un fiume in piena perché siamo concentrati e ci adoperiamo affinché nulla si manifesti nuovamente come prima. Ma quando finirà questo flusso potente di acqua che scorre, questi ritorneranno a galla peggio di prima". C'è un filo che lega la Calabria alla Sicilia: quello della lotta alla 'ndrangheta e alla mafia, intensificatasi negli ultimi anni. Ma anche il timore che tutto questo possa passare e da quel fiume in piena possa riemergere la malapianta. Su questo tema e sulla sua vicenda personale, il Lametino.it ha ascoltato il parere di Giuseppe Costanza, 74 anni. Impegnato in un'intensa attività nelle scuole e che nei prossimi mesi sarà anche nel Lametino.
Colui che viaggiava all'interno dell'auto di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, rimasto vivo per miracolo. Poliziotto, autista giudiziario, uomo di fiducia di Falcone, nella scorta in quel 23 maggio del 1992 quando a Capaci l'autostrada si spaccò letteralmente in due. Perirono, oltre a Falcone e sua moglie, anche gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. In totale i feriti furono 23 fra i quali Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e, appunto, Giuseppe Costanza che cedette a Falcone, su sua richiesta, la guida della Fiat Croma bianca.
Come vive il ricordo di quel giorno di maggio del ‘92?
"Guardi, per chi ha vissuto un'esperienza simile è raccapricciante, non si può dimenticare. Rimane sempre fissa nella mente. Sono passati ormai 29 anni e sono qui, a raccontarla per non dimenticare".
E su questi 29 anni sappiamo tutta la verità?
"Non credo che ancora siamo arrivati alla pura verità. C'è qualcosa, ma siamo fermi alla manovalanza...".
Di chi ha ordito, e forse ancora trama, non conosciamo i volti? Non sappiamo nulla?
"No. Chi ha dato disposizioni per uccidere Falcone, la moglie e i miei colleghi, ancora non lo sappiamo".
Sapremo un giorno la verità?
"Fra 50 anni. Quando non ci saranno più i responsabili. È triste ma è la realtà".
Passa ogni tanto da Capaci?
"Io ci vado sempre. Ci passo anche quando devo andare all'aeroporto. Stringo i denti e passo".
Cosa fa oggi Giuseppe Costanza?
"Sono in pensione. Faccio attività nelle scuole. È sempre meglio parlare ai giovani dal vivo. Racconto la mia storia e trovo parecchio interesse da parte loro. Certo, nell'ultimo anno con il Covid tutto è sembrato strano. Non l'ho trovato produttivo collegarsi on line. Non è idoneo. A me piace parlare da vicino ai ragazzi. La presenza è un'altra cosa".
Che pensa della politica?
"Fino a quando si va in politica per fare i propri interessi, la mafia ci sarà sempre. Speriamo che questo modo di fare sparisca in futuro, ma ho i miei dubbi. Perché sempre lì si basa. Io ti do e tu mi dai. La mafia nasce dal compromesso di taluni politici che si fanno corrompere".
Accade anche nella magistratura, come dimostrano tante inchieste e sentenze di condanna.
"Si, è vero. E quanti ce ne sono stati di magistrati condannati! Poi vengono scoperti e alla fine pagano. Ma quanto pagano? Dovrebbe esserci un cambiamento di sistema nella politica e nella giustizia perché le due cose vanno a braccetto. Bisogna vigilare. Ecco, noi cittadini non dobbiamo rassegnarci nel dire, va be poi si paga, ci pensa il giudice. Stai a vedere il giudice poi come porta avanti le indagini e tutto il resto. Ci sono tante cose che vanno riviste".
Cosa pensa della riforma della Giustizia?
"Voglio vedere chiaro, perché non mi sembra che siano tutti concordi a promuovere questa riforma; questo rinnovamento. Mi sembra che ci siano degli ostacoli. Ma speriamo bene".
Cosa pensa della contrarietà espressa per esempio da magistrati come Gratteri?
"Dicono che non andrebbero a toccare il 41bis ma bisogna stare attenti, vigilare perché purtroppo sono loro che danno il cattivo esempio. Non c'è la volontà di voler smuovere questa montagna di cacca che ci hanno buttato addosso".
Tre anni fa il settimanale L'Espresso rivelò la notizia del passaggio di Matteo Messina Denaro da Lamezia Terme dove più volte si servì del collegamento con Pisa. Il super boss, secondo il racconto di un testimone all'epoca 45enne, si curava in Toscana e aveva coperture in Calabria grazie all'appoggio della 'ndrangheta. Quanto può essere attendibile questa storia?
"Tutto è possibile, però io ritengo che questa gente non si allontana dal suo territorio. Non so, potrebbe anche essere. Ma io so che non c'è nulla su questa vicenda, solo parole, parole, parole. I fatti dove stanno? È inutile che montiamo castelli in aria. Non so, potrebbe anche essere che sia stato lì a curarsi, ma tutto ciò non mi pare possibile".
Un messaggio ai giovani?
"Vedo che i giovani di oggi hanno un'attenzione particolare all'antimafia. E questo mi fa piacere perché raccontando, informandoli su tutto quello che è avvenuto, possono maturare per quando chi fra loro andrà ad occupare dei posti di responsabilità nella Pubblica amministrazione o altre istituzioni, possono applicare una corretta gestione che finora non c'è. Io ci credo ai ragazzi, la mia vita ormai non è più in salita ma in fase calante. I ragazzi invece devono stare attenti per il loro futuro affinché non si sviluppi più questa maledetta mafia o 'ndrangheta che sia. Si ricordi una cosa: lei ha presente un fiume in piena? Il fiume in piena travolge tutto. Ecco, noi in questo periodo siamo un fiume in piena perché siamo concentrati e ci adoperiamo affinché nulla si manifesti nuovamente come prima. Ma quando finirà questo flusso potente di acqua che scorre, questi ritorneranno a galla peggio di prima. Ricordiamoci che il giunco si piega ma non si spezza. Si abbassa, segue il flusso dell'acqua, ma appena questo termina riemergono nuovamente e sono peggio di prima".
Per evitare che questo accada?
"Noi non siamo sudditi. Siamo cittadini. Inutile che noi stiamo ad aspettare che altri facciano qualcosa per noi. Lo dobbiamo fare noi. Noi siamo quelli attivi".
Antonio Cannone
© RIPRODUZIONE RISERVATA