Quante “Collina del vento” ci sono in Calabria!

Scritto da  Pubblicato in Battista Notarianni

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Ho appena terminato di leggere la “Collina del vento” di Carmine Abate. Mi sono staccato dal libro quasi con sofferenza perché dalla prima all’ultima pagina ho ritrovato la Calabria che ho dentro. Molte delle vicissitudini vissute dai personaggi di questo libro le avevo già lette o ascoltate dai vari ricordi, vita reale, di persone che avevano subìto le stesse angherie dei protagonisti del libro di Abate; di persone, eminenti archeologi non professionisti ma solo innamorati della loro terra, che parlavano di vestigia del passato nascoste dalla terra. Krimisa e il suo mito sono come Terina, la ricerca dell’antica città sulla costa ionica equivale alla ricerca della mitica città sulla costa tirrenica, Terina “intra dua flumina”.

E il Rossarco, la collina che per la famiglia del libro rappresenta la sua essenza e anche l’esistenza e la forza di non arrendersi mai, è come una collina sopra Castiglione, che zio Fiore, un uomo che ho ammirato e a cui ho voluto bene, è riuscito a comprare facendo sacrifici inumani, andando a lavorare in Libano, in Argentina e in Francia e infine in Belgio nella miniera di Marcinelle, scampando per un nonnulla alla strage dei minatori italiani. E tornato a lavorare in Calabria per la costruzione dell’autostrada, a mano a mano che la Salerno-Reggio Calabria avanzava (piano), lui vedeva quella collina della vita, si informava, sapeva che ancora non era stata venduta e infine riusciva a prendersela, a curarne la terra, piantare gli ulivi, la vigna, coltivando l’orto, allevando galline, conigli, il maiale. Anche per questa collina si parlava di un’antica villa ma d’epoca romana, poi effettivamente scoperta e liberata dalla terra, ma lì vicino.  Quante colline come questa, che sovrasta il mare e da dove si vede lo Stromboli e anche in certe giornate limpide l’Etna, esistono in Calabria! E quante sono state rovinate dalla massiccia antropizzazione: case, casette, villette e villone, che si arrampicano dalla spiaggia verso l’alto, lo scempio di bellissimi luoghi che, insieme con un’accorta e mirata urbanizzazione, sarebbero bastati da soli a fare della Calabria un paradiso in terra, a creare benessere, sviluppo, invece di questa modernità senza progresso che ha distrutto gran parte della Calabria soprattutto nelle zone costiere.

Ecco, la “Collina del vento” parla di un luogo e di una famiglia, ma l’intero racconto è una metafora di altre centinaia di luoghi e di famiglie della Calabria. Il nobile latifondista, inevitabilmente e coerentemente poi diventato fascista, è uguale a quei conti, baroni e principi che hanno attraversato i secoli calabresi; la strage di Melissa e le occupazioni delle terre sono avvenuti in ogni angolo della Calabria, come l’emigrazione forzata e l’ansia del ritorno, la scuola vissuta come un immane obiettivo da conquistare e non come un diritto. Carmine Abate ha rappresentato tutti noi, la famiglia Arcuri e Rossarco sono la nostra famiglia e la nostra storia.

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