Processo Perseo: in aula il pentito napoletano Guglielmo Capo - VIDEO

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Lamezia Terme - E’ il collaboratore di giustizia Guglielmo Capo ad essere ascoltato oggi nell’aula Garofalo del tribunale di Lamezia nell’ambito del processo Perseo contro le cosche lametine davanti al collegio presieduto da Fontanazza, Aragona e Monetti a latere. La figura di Guglielmo Capo ha militato in un clan camorristico napoletano e che, secondo quanto emerso dalle indagini, ha frequentato l'abitazione di Vincenzo Giampà tra il 2006 e il 2007, fino all’omicidio di Federico Gualtieri. Capo, nel riferire della cosca Giampà, nei verbali del 2010 ha fatto diversi nomi, a seconda dei reati, citando un certo “Alessandro” poi identificato come Andrea Crapella, Vincenzo (Enzo) Giampà e anche Giampaolo Bevilacqua.

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L’avvicinamento con i Giampà

Capo apparteneva al clan camorristico dei Di Biasi operante nei quartieri spagnoli di Napoli ma, a causa di un litigio e, per paura di ritorsioni, tramite un amico “ci siamo appoggiati ai Giampà a Lamezia in una villa a Falerna di un ragazzo affiliato ai Giampà. Siamo rimasti circa 4 mesi li e poi abbiamo preso casa in centro”.

L’omicidio di Federico Gualtieri avvenuto esattamente otto anni fa, il 27 marzo 2007

Capo parla degli affari della cosca nella droga, nelle armi e, in particolare dell’omicidio di Federico Gualtieri che il pentito conosceva, in quanto c’era un rapporto tra i due sempre legato agli stupefacenti. Capo intraprende stretti rapporti con i Giampà nel periodo del suo trasferimento da Napoli a Falerna. “Mi chiesero il favore di ammazzare Federico Gualtieri” ma, visti i rapporti di amicizia, Capo aveva perfino avvisato Federico Gualtieri che i Giampà lo volevano ammazzare, “lui mi disse che già sapeva di questa situazione, ma che aveva tutto sotto controllo e di non preoccuparmi”. Così Capo tornò a Napoli per delle commissioni personali e Federico Gualtieri fu freddato davanti alla moglie che stava allestendo un chioschetto di frutta e verdura. “Io non ho partecipato all’omicidio, ma tramite A. C. sono venuto a conoscenza di tutto”. “Dopo l’omicidio tornai e continuai ad avere rapporti con Enzo Giampà finché non seppi che volevano ammazzare anche me in quando amico di Federico Gualtieri… lo volevano ammazzare perché Federico Gualtieri aveva un bel traffico di stupefacenti”.

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Bagarre per mancato riconoscimento imputato

Ad un certo punto dell’esame, il collaboratore Guglielmo Capo, che continuava a parlare di un certo “Alessandro” è stato interrotto per chiedere se, in realtà, non si stesse confondendo con Andrea Crapella che lo stesso aveva citato durante alcuni interrogatori. Quindi è stato mostrato prima l’imputato Davide Giampà e poi Andrea Crapella ma Capo non ha identificato nessuno dei due in quello che lui continua a chiamare erroneamente “Alessandro”. Il pm Romano ha chiesto quindi di mostrare al collaboratore delle foto utili al riconoscimento. L’udienza è stata sospesa per mezz’ora tra le proteste degli avvocati difensori di Crapella, Marchese e Scaramuzzino, che hanno parlato di “anomalia” e che comunque il collaboratore non aveva riconosciuto Crapella quindi era inutile insistere in tal senso.

“Prima pesavo 58 kg ora peso 103”

Capo visiona le foto alla ricerca di qualche elemento che possa ricondurre all’uomo che lui continua a chiamare Alessandro senza nessun esito. Riconoscere gli imputati si è rilevato difficile per il collaboratore di giustizia Guglielmo Capo, il tempo e il carcere hanno segnato i volti e il fisico delle persone. Capo fa notare che anche lui è ingrassato dall'epoca dei fatti, “ero 58 kg oggi sono 103 kg”. Sospesa l’udienza Pagliuso chiede che vengano depositate le registrazioni degli interrogatori resi da Angelo Torcasio, Giuseppe Giampà e Saverio Cappello. Ferraro chiede quello della Notarianni. Capo Guglielmo sarà sentito nuovamente il 7 aprile.

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