Analisi del voto delle amministrative 2018: chi sarà il più bel populista del reame?

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Come in precedenti appuntamenti elettorali, ho tenuto presente i dati elaborati dalla Fondazione di ricerca “Istituto Carlo Cattaneo” di Bologna e l’analisi dal titolo Le Italie perdute e sbiadite, apparsa nell’ultimo numero di Limes (maggio 2018), del sociologo, politologo, saggista Ilvo Diamanti, attualmente prof. ordinario di Scienza Politica nell’Università di Urbino. Le due pubblicazioni trattano gli stessi argomenti, in appuntamenti elettorali diversi, ma ravvicinati (marzo-giugno). Ribadisco quanto scritto in precedenza: dal 2013 ad oggi è cambiato l’universo mondo della politica a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo; il populismo di destra (in parte pure di sinistra) ha preso piede nel Mondo, in alcuni Stati dell’Europa e particolarmente da noi. Tuttavia nel nostro Paese alcune problematiche esistevano già da prima come la diminuzione costante della partecipazione dei cittadini alle elezioni (amministrative e politiche), una spia rossa quasi sempre accesa negli ultimi decenni. E non si è spenta, purtroppo, nel voto recente. Un calo di sei punti in percentuale: dal 67,2% al 61,1%. Viene considerata dagli analisti dell’Istituto come “una tendenza di lungo periodo, che tende a manifestarsi ad ogni appuntamento elettorale”. Cronica. Sostanzialmente la stessa differenza sia nei piccoli comuni che nei capoluoghi.

Restringendo il campo sulle vicende politiche romane, è da segnalare l’effetto trascinamento, in negativo, secondo alcuni commentatori, della Giunta Raggi, molto criticata in termini di efficienza. Non a caso i risultati dei Municipi III e VIII di Roma hanno decretato il tonfo dei 5 Stelle. Per un approfondimento delle cause del dato elettorale appena detto va sottolineato che la maggioranza delle preferenze è andata ai candidati di centrosinistra che nelle ultime primarie avevano sconfitto quelli del Pd.

 Articolata l’analisi della partecipazione nel Mezzogiorno, tenendo sempre presente che soltanto 7 milioni di cittadini si sono recati al voto. Si tratta, quindi, di elezioni amministrative parziali.  Sembrerebbe meno marcata rispetto al passato la rilevanza che hanno dato gli elettori di alcuni Comuni del Meridione all’appuntamento del 10 giugno. Anni fa il comportamento si evidenziava in maniera diversa: non erano in discussione il voto di preferenza e la possibilità del legame personale con il candidato locale, a differenza del Centro e del Nord dove è prevalso il voto d’opinione. Se non è un fatto episodico, di eccezionalità, potrebbe diventare un cambio di tendenza in prospettiva. Ma in generale permane per adesso “la predisposizione dei cittadini meridionali a tenere in grande considerazione le elezioni amministrative”.

Insomma, l’analisi di Andrea Pritoni è così articolata: “Da un lato, gli elettori del Sud attribuiscono ancora un’importanza superiore- rispetto ai corrispettivi del Nord- alle elezioni locali” per i motivi anzidetti. Ma, d’altro canto, negli ultimi 5 anni tale “propensione a partecipare in maggior misura alle elezioni comunali” è in parte diminuita. Per l’analista “potrebbe esserci (…) una futura convergenza tra elettori del Nord e del Sud, ipoteticamente favorita da una crescente volatilità elettorale e da un sempre minore radicamento di liste e partiti” in passato tradizionalmente più forti. Comunque sono necessarie ulteriori conferme.

 Nelle città capoluogo i dati evidenziano l’avanzata del centrodestra rispetto sia alle ultime politiche, sia alle precedenti elezioni comunali . Il centrodestra cresce in termini di consensi su tutto il territorio nazionale. La leadership è di Salvini. Il centrosinistra in perdita rispetto alle precedenti comunali, ma in recupero se i dati si confrontano con quelli del 4 marzo. Resiste localmente il bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra perché il M5S risulta al terzo posto escluso dalla maggior parte dei ballottaggi. Ma come sostiene l’analista Marco Valbruzzi : “Questo bipolarismo dal basso [dovrà] scontrarsi  con quel tripolarismo dall’alto in Parlamento [dopo] il 4 marzo”.

Confermate le difficoltà del M5S a livello di consultazioni amministrative. A tal riguardo l’indagine di Ilvo Diamanti sui risultati del 4 marzo, Le Italie perdute e sbiadite, è stata preveggente: “… Vista la difficoltà del M5S di confermare e ribadire i risultati ottenuti alle elezioni nazionali quando si tratta di eleggere governi e governatori locali. Perché, per eleggere amministratori, bisogna disporre di radici sul territorio e di candidati noti. Un problema per il M5S”. E lo studioso aveva già messo a fuoco la Lega notevolmente cambiata, diventata “LDS, La Lega di Salvini. Partito altamente personalizzato e nazionale (…).La LDS si è infatti trasformata in partito di destra, sicuramente diverso e lontano rispetto alla Lega federalista di Bossi e Maroni”.

In questo ultimo appuntamento elettorale [del 4 marzo] i territori hanno dato, per così dire: “gli indirizzi politici [esprimendo] sentimenti e risentimenti”, utilizzati da 5 Stelle e Lega. Nel Mezzogiorno i territori gridano rabbia e denunciano insicurezza economica. Non solo: i territori dell’Italia tutta denunciano l’immigrazione di cui si deve far carico soltanto il nostro Paese mentre gli altri si girano dall’altra parte. E la comunicazione politica di Salvini arriva dappertutto in maniera efficace. E di Maio non è da meno ricevendo gli applausi degli industriali. Continua la campagna elettorale in vista di futuri appuntamenti con l’urna. Una bella lotta. Entrambi al governo, entrambi in campagna elettorale permanente. Chi sarà il più bel populista del reame?

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