Partecipazione e astensionismo nell’ultima tornata elettorale

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgLa quasi metà degli Italiani aventi diritto al voto non si è recata alle urne  nel recente appuntamento riguardante 7 regioni e numerosi comuni. Abbiamo affrontato in precedenza il problema dell’astensionismo diventato preoccupante negli ultimi tempi. Ci ritorniamo perché, date le percentuali, il senso civico  è  davvero in crisi. Ne cerchiamo un approccio diverso rispetto al passato per provare a venirne a capo in funzione di una possibile svolta di rinnovata partecipazione. Almeno vedere eventuali spazi da dove incominciare a costruire un’inversione di tendenza rispetto alla situazione attuale che sembra irreversibile. Speriamo di no. Potrebbe apparire sorprendente come nel momento più alto della personalizzazione e della spettacolarizzazione della politica, nonché della sua diffusione sul web, si abbia, nel contempo, disaffezione marcata verso di essa. La comunicazione mediatica ha messo bene in evidenza la nuova rappresentanza politica, risultato di una trasformazione costante, specialmente tra la fine del secolo scorso e l’inizio del Terzo Millennio. Cambiamento non  solo del personale politico, ma anche dei partiti. Oggi prevale il leader e le formazioni politiche sono modellate sulla sua figura. Marta Regalia, ricercatrice della Luiss, nel saggio La leadership: concetto, concezioni e rappresentazioni definisce la leadership  come rapporto di potere  tra leader e seguaci per il raggiungimento di obiettivi condivisi. I mass-media ne hanno favorito la personalizzazione e hanno permesso il riavvicinamento del cittadino al “partito personale” del leader dopo l’allontanamento dalla politica partitica. E’ il cosiddetto leaderismo. Il leader e la sua immagine consentono il  dialogo con il cittadino che, però, se deluso, potrebbe immediatamente voltargli le spalle. Nei momenti di difficoltà, di contrapposizione con le altre forze politiche e sociali, o nei passaggi complessi, il leader fa largo uso del mezzo televisivo e del web. Tutto questo l’abbiamo già visto nel ventennio berlusconiano, almeno per la tv. Oggi pure in internet. Ultimamente sono balzati sulla scena politico-mediatica due Mattei, Renzi e Salvini, uno nel Pd, partito mutato nei posizionamenti (più al centro) e nel  linguaggio (slogan, twitter, hashtag), l’altro nella Lega, nel frattempo cambiata, da padana ad italiana, più a destra con meno verde e numerose felpe; Salvini è contro alcune minoranze, sbarchi d’immigrati, no euro e quant’altro. Dall’altra c’è ancora chi crede nel partito tradizionale e nella partecipazione di massa. Le primarie hanno rappresentato un viatico verso il cambiamento per adesso solo del centrosinistra, ma da qualche tempo se ne comincia a parlare  anche nel  centrodestra. Luca Raffini e Lorenzo Viviani, giovani ricercatori in Sociologia e in Scienze politiche, ne Il buio oltre i partiti? mettono in rilievo la politica che si va affermando “con nuove pratiche di partecipazione” di cui La Leopolda è un esempio lampante di successo, anche se, a detta degli studiosi, c’è il rischio della depoliticizzazione e di una partecipazione artificiale, in particolare “si evita il confronto con chi esprime dissenso”. Invece di attivisti e militanti, professionisti, esperti e studiosi. Qualcuno sostiene che si stia passando dai professionisti della politica a quelli della partecipazione. Per adesso primarie e processi partecipativi e deliberativi rappresentano due strumenti nuovi  di risposta alla frammentazione sociale e politica. Ma, a quanto pare, questi tentativi di avvicinamento alla politica non bastano se quasi il 50% degli aventi diritto al voto non è andato a porre la scheda elettorale nell’urna alle ultime elezioni regionali e comunali. Pur essendo sempre in agguato clientelismo e uso spregiudicato di pacchetti di voti o suffragi provenienti da chissà dove, resta un punto  fermo: il momento del voto significa fondamentalmente lealtà, appartenenza, impegno, “adempimento di un dovere morale, verso una data parte politica, o più in generale, verso l’intera collettività”, come scrive Francesco Raniolo, docente di Scienze politiche all’Unical ne La partecipazione politica. Se questa diminuisce, s’indebolisce la democrazia. E allora Raniolo stigmatizza: “L’astenersi dal votare è biasimevole sia per il singolo cittadino sia per il sistema politico che genera tali cittadini”. Questa affermazione ci dovrebbe stimolare a una rinnovata partecipazione politica e sociale in favore di una comunità  più responsabile.

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