Ulug Alì: pirata calabrese di successo al servizio dei … sultani

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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 In questo scritto si tratterà di un personaggio calabrese molto famoso nel Cinquecento del quale scrisse anche Miguel de Cervantes Saavedra nel Don Chisciotte della Mancha; i due combatterono nella battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571) su fronti opposti: Cervantes come militare della flotta spagnola e Ulug Alì come uno dei comandanti della flotta turca ; sebbene la vittoria fosse stata dello schieramento cristiano, lo scrittore spagnolo sarebbe caduto prigioniero nelle mani dei turchi al comando di Ulug Alì e tratto in schiavitù; tale ipotesi è stata avanzata dalla giornalista spagnola Angela Rodicio, la quale sull’argomento, tra l’altro, ha scritto: “Uluj [Si tratta di una traslitterazione un po’ diversa dello stesso nome turco, N.d.R.] Alì, di origini calabresi, si rifugiò ancora una volta nel suo porto preferito. Conosceva ogni palmo di quella costa, su entrambi i lati dell’Adriatico, dalle rive dell’Italia meridionale a quelle della Dalmazia, del Montenegro e dell’Albania. Era dunque logico che, dopo aver ripiegato da Lepanto con le proprie navi, avesse risalito l’Adriatico con i suoi, spinto dal vento in poppa, fino alla piazzaforte di Dulcinium [Nome in latino dell’attuale Dulcigno, porto del Montenegro, detto Ulcinj in serbo-croato, N.d.R.]. Magro, con gli occhi socchiusi e lo sguardo spento da moribondo, il petto trapassato dai colpi e il braccio sinistro spezzato da tre spari d’archibugio, Miguel respirava a fatica. Sembrava aver ben poco valore quel prigioniero catturato su uno sciabecco…” Angela Rodicio, L’amore perduto di Cervantes – La vera storia di Don Chisciotte e Dulcinea, Quattro.D, Milano, 2016, p.134). Si cercherà di presentare la figura di questo pirata nel contesto storico della Calabria, che allora faceva parte del Viceregno spagnolo, coinvolta nel secolare scontro tra Impero spagnolo e quello turco per il predominio nel Mediterraneo ed, inoltre, si riporterà un passo del Don Chisciotte in cui si parla espressamente di Ulug Alì dal punto di vista di un suo prigioniero cristiano, che riuscì a far ritorno in Spagna.

La Calabria, per la sua posizione nel Mare Mediterraneo, fu una terra di accoglienza di stranieri ma nello stesso tempo di esuli calabresi in paesi stranieri; tale fenomeno storico è chiaramente delineato nel brano che segue: “La storia della Calabria è una storia fatta di conflittualità e di sopraffazione, ma è anche una storia di solidarietà e di aiuto reciproco, di scambi a volte ineguali, un alternarsi di consenso e dissenso, come sempre accade nella storia dell’uomo. Il nostro essere terra di confine ha sicuramente favorito invasioni come quelle periodiche e brevi di saraceni, arabi, turchi, che salpavano sulle nostre spiagge per depredare, saccheggiare e poi fuggire. Le numerose torri di guardia sparse sulle nostre coste ne sono una testimonianza […] Il nostro essere terra di confine ha avuto ripercussioni anche sulla vita dei suoi abitanti, spesso costretti a <<una vita di confine>>. Infatti le diverse incursioni arabe hanno anche favorito la fuga dalle nostre terre di gente che, disperata per l’estrema miseria, preferiva <<darsi al turco>>, rinnegando la religione cattolica che poco aveva fatto per garantire loro una vita dignitosa e trasferirsi in un paese straniero dove, a tutti, veniva data la possibilità di fare carriera, Come non ricordare tra coloro che fuggirono dalla Calabria il rinnegato calabrese Ulug Alì [ Questi, in realtà, sarebbe stato fatto prigioniero e portato via durante un’incursione turca sulle coste ioniche calabresi e solo successivamente si convertì all’Islam, di ciò si parlerà più diffusamente in seguito, N.d.R.] noto con il nome di Occhialì o Uccialì che comandò l’unica flotta ottomana che riuscì a resistere nella battaglia di Lepanto, mettendo persino in fuga le navi genovesi.” (Renata Ciaccio, Terra di fuga e terra d’asilo: esuli calabresi nel Mediterraneo ed esiliati mediterranei in Calabria tra Quattrocento e Settecento, in ‘ La Calabria nel Mediterraneo- Flussi di Persone, Idee, Risorse. Atti del Convegno di Studi – Rende, 3-5 giugno 2013’, a cura di Giovanna De Sensi Sestito, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, p. 289-290). Di seguito si riporta un breve testo in cui, in modo sintetico, è stata delineata una succinta biografia del celebre pirata calabrese:

“Nel 1960, quale frutto di lunghe e proficue ricerche, Gustavo Valente, tramite la Casa Editrice Ceschina di Milano, ha dato alle stampe un piacevole ed interessante volume, dal titolo <<Vita di Occhiali>>. Ci sembra superfluo tessere le lodi dell’autorevole e notissimo scrittore, il quale ci racconta che verso i principi del XVI secolo tal Birno Galeno, marinaio di Sant’Agata di Reggio, venne a fissare la sua dimora a Castella; che quivi sposò una Pippa di Cicco o Pippa delle Castella, da cui ebbe numerosa prole. Presumibilmente il 1520 nacque un maschio cui fu posto il nome di Giovan Dionigi [ Secondo altre fonti il nome era: Giovanni Dionigi Galeni, N.d.R.]. Il 29 aprile del 1536, come noto, sulle Castella si abbatté la furia musulmana. Gli scampati alla strage furono fatti prigionieri e condotti in Oriente, ove vennero venduti come schiavi. Tra questi vi fu il nostro ragazzo Giovan Dionigi. Cresciuto dal suo padrone nella fede dell’Islam, divenne grande uomo di mare e, sotto il nome di Uccialì, uno dei più famosi condottieri di navi per conto dei sultani di Costantinopoli “ (Pericle Maone – Pasquale Ventura, Isola Capo Rizzuto nella Scia della Grande Crotone- Notizie Storiche, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1981, pp.330-331). Di seguito si riporta un passo del Don Chisciotte- Prima Parte- Capitolo XXXIX. Dove il Prigioniero Racconta le Avventure, in cui un prigioniero cristiano [ Come detto precedentemente, in realtà il prigioniero sarebbe stato proprio Miguel de Cervantes, N.d.R.] racconta la sua partecipazione alla battaglia di Lepanto: “In conclusione, vi dico, che mi ritrovai in quella gloriosa battaglia, con in tasca ormai il grado di capitano di fanteria, che ebbi l’onore di raggiungere più per la mia buona sorte, che per meriti personali; e quel giorno, che fu per il mondo cristiano un giorno felicissimo perché tutte le nazioni finirono per ricredersi e capirono che era un errore ritenere i turchi invincibili nelle battaglie navali; quel giorno, appunto, in cui la vanità e la superbia ottomane furono annichilite, tra i tanti fortunati che parteciparono a quel combattimento ( dal momento che furono molto più fortunati quei cristiani che morirono rispetto a quelli che restarono vivi), io fui il solo sfortunato poiché, in cambio di una corona navale che mi potevo aspettare se fossimo stati ai tempi delle campagne militari romane, mi ritrovai, la notte che seguì quel famoso giorno, con le catene ai piedi e le manette alle mani.

La cosa andò così. Uccialì, re di Algeri, ardito e fortunato corsaro, riuscì a prendere d’assalto e costringere alla resa l’Ammiraglia di Malta, lasciandovi vivi solo tre cavalieri, tutti e tre gravemente feriti. A quel punto la nave sulla quale ero imbarcato insieme alla mia brigata, l’Ammiraglia di Giovanni Andrea, accorse a soccorrere quella di Malta; feci, dunque, quello che era dovuto in tali occasioni, saltai sulla galera nemica, ma questa riuscì, bruscamente, a districarsi dall’attacco della nostra nave, e non potendo contare sull’aiuto dei miei uomini, mi ritrovai solo in mezzo ai nemici ed impossibilitato ad opporre alcun tipo di resistenza, visto che erano davvero in tanti; e alla fine, con il corpo ricoperto di ferite, mi arresi. E dal momento che Uccialì, come già avrete sentito dire, signori, riuscì a salvarsi con tutta la sua squadra, io diventai suo schiavo, ed ero l’unico uomo triste in mezzo a tante persone allegre e l’unico prigioniero tra tanta gente libera; quel giorno, infatti, circa quindicimila cristiani raggiunsero l’agognata libertà, dopo che per lungo tempo avevano patito la schiavitù, remando al servizio delle navi turche. Mi portarono a Costantinopoli, dove il sovrano Selim nominò Generale di Mare il mio padrone, perché aveva adempiuto egregiamente al suo dovere nella battaglia, riportando come prova del suo coraggio lo stendardo dell’ordine di Malta” (Miguel de Cervantes Saavedra, Don Chisciotte della Mancha, Newton Compton Editori, Roma, 2014, pp. 295-296 ). Va ricordato, infine, che nel Piazzale antistante il Castello Aragonese di Le Castella (Crotone) è stato posto un busto in bronzo di Uccialì e presso l’Università della Calabria è stato istituito Il Laboratorio sul Mediterraneo islamico Occhialì; tutto ciò testimonia l’importanza storica di questo calabrese del Cinquecento.                                                                                  

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