Processo Chimera: la testimonianza di un ex tossicodipendente in 14 anni di permanenza a Lamezia

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Lamezia Terme - Uno spaccato di 14 anni dal quale emergono vicende legate allo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare eroina, è stato ripercorso durante l’esame del testimone Pasquale Mercatante nel Processo Chimera che si sta celebrando nel tribunale lametino. Il 56enne di origini campane, più volte citato durante le scorse udienze, con un passato da tossicodipendente, nel 2013 ha reso diverse dichiarazioni ai carabinieri. “La mia storia nella tossicodipendenza comincia a Napoli” racconta Mercatante che spiega di aver vissuto a Lamezia Terme per 14 anni, fino al 2013, dove era anche iscritto al Sert, e di aver avuto contatti durante la sua permanenza in città con il figlio di Cesare Gualtieri, con lo stesso Cesare Gualtieri e Peppino Festante.

Mercatante racconta di un “episodio increscioso con la famiglia Gualtieri e, dal quel momento – aggiunge - mi sono rivolto ai carabinieri e sono stato messo in una località segreta”. Questo, l’epilogo della sua permanenza in città. Durante il corso dell’udienza Mercatante ha ricostruito la vicenda che ha portato poi a quello che lui ha definito un “agguato”, a seguito di un debito accumulato acquistando la droga. “Una volta mi regalarono quattro bussolotti di eroina e, poi, altre volte venne Peppino Festante a portarmeli a casa”. “Un bussolotto costava 50 euro e accumulai un debito per il quale chiesi tempo” ha sottolineato. A seguito di ciò “Festante mi disse che dovevano portare soldi ai carcerati e che le donne si lamentavano e che quindi non potevano aspettare”. Mercatante cercò di perdere tempo e puntare sul fatto che aveva sempre pagato poi, ha aggiunto “iniziarono le minacce, e mi dissero che venivano a prendermi quello che avevo, come vestiti”.

Queste richieste divennero sempre più “insistenti e io chiedevo tempo”. A seguito di questo debito maturato “ho subito un agguato, erano presenti Pino e il figlio di Cesare, ‘ti faccio la faccia come questa cassetta’ mi disse il Gualtieri prendendo a pugni una cassetta delle lettere”. A seguito di questo episodio Mercatante si è recato dai carabinieri che lo presero in consegna.

Il Pm ha chiesto poi al testimone se conoscesse Maria Pia Renda che Mercatante sa essere “una tossicodipendente iscritta al Sert”. Con la donna, dice Mercatante, avevo dei “buoni rapporti perché abbiamo condiviso l’uso della sostanza. E so che aveva buoni rapporti, più che altro grazie al marito, con i Gualtieri”. “Poi - aggiunge - grazie alla mia abilità di mediare con i Gualtieri sono riuscito a farmi ridurre il debito. Dopo tanto tempo vennero a pretendere i soldi restanti”. Durante l’esame è emersa anche la figura di un certo “Giuseppe detto Peppe figlio di un medico, l’ho conosciuto in circostanze semplici, andavamo anche a Napoli insieme a comprare qualche bussolotto… era solo un compratore. Tramite lui Maria Pia Renda mi mandò a dire che ‘lì era tutto a posto’, dopo il fatto dell’agguato”.

A procedere con il controesame, l’avvocato Veneziano che ha chiesto al testimone in questi 14 anni che lavoro facesse e quanto guadagnasse. Mercatante ha raccontato: “principalmente vivevo con il contributo che mi dava la famiglia oltre a qualche lavoretto saltuario”. Alla domanda sul perché la famiglia lo mantenesse a Lamezia piuttosto che in un'altra città, il testimone ha risposto “dopo che sono morti i miei genitori e visti i cattivi rapporti con i miei fratelli e visto che a Lamezia avevo un interesse sentimentale con una persona, venni a vivere qui” e, ha aggiunto, “per me un posto vale l’altro”. Nel corso del lungo controesame l’avvocato Veneziano, che difende Festante e Gualtieri, ha chiesto diverse precisazioni in merito al narrato del testimone e ai suoi rapporti con alcuni degli imputati in questo processo. L’udienza è stata poi rinviata al 5 dicembre.

R.V.

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