
Lamezia Terme - Lato oscuro del progresso o risorsa inesauribile? Un argomento ancora molto dibattuto quello dell’intelligenza artificiale (IA), che figura tuttavia oramai come una delle componenti più innovative e inarrestabili del futuro che immaginiamo. Dopo la legge delega del 23 settembre 2025 per disciplinarne l’uso in Italia, a integrazione dell’IA Act già varato dall’Europa, si è tenuto questo mese nel Campus dell’Università della Calabria, il convegno GEO-CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) “Intelligenza Artificiale all’università: Didattica, Orientamento e Formazione docenti”, con sedute plenarie (tra cui l’intervento del Ministro Bernini) e tavoli di lavoro su didattica e formazione. Di recente, anche l’Ordine dei Giornalisti, come molti altri Ordini Professionali, ha aggiornato il proprio codice deontologico relativamente al tema delle Intelligenze Artificiali, ponendo regole e limiti precisi al loro utilizzo. Ma cos’è davvero l’IA, e a cosa serve? Ne abbiamo parlato con un esperto, il lametino Francesco Calimeri, professore ordinario di informatica presso il Dipartimento di Matematica e Informatica presso l’Università della Calabria. Calimeri si occupa di logica in IA e di applicazioni dell’IA alla medicina e coordina il Working Group “Artificial Intelligence for Healthcare” di AIxIA. Coinvolto in progetti di ricerca internazionali, ha presieduto comitati scientifici e pubblicato su sedi di vertice, ricevendo anche il Test of Time Award di ICLP. È titolare di brevetti e co-fondatore e CEO di DLVSystem.
Da addetto ai lavori, può offrirci una definizione precisa di IA, e soprattutto del ventaglio delle sue applicazioni possibili nei vari ambiti professionali?
"Quando parliamo di Intelligenza Artificiale (IA) non è mai semplice dare una definizione precisa. Si tratta di qualcosa di complesso, e possiamo dare definizioni e classificazioni differenti a seconda degli aspetti che vogliamo evidenziare. Prendendo in prestito le parole di John McCarthy, uno dei padri della disciplina, possiamo dire che l'IA è la scienza accompagnata dalla parte ingegneristica necessaria per costruire macchine intelligenti, e in particolare programmi per computer intelligenti; è collegata al compito, per molti versi analogo, di usare i computer per comprendere l'intelligenza umana, anche se è importante notare che l'IA non è limitata a metodi biologicamente osservabili. Pragmaticamente, possiamo dire che l'IA, come branca dell'informatica, si occupa di creare algoritmi e modelli in grado di risolvere problemi e svolgere compiti che richiedono "intelligenza": riconoscere schemi, prevedere esiti, decidere tra alternative, o anche generare contenuti (testi, immagini, codice).
Le applicazioni nei vari ambiti professionali sono numerosissime e potenzialmente illimitate; molte sono già reali, oggi: nel giornalismo – per la trascrizione di interviste audio/video, ricerca "aumentata" in archivi, riassunti, traduzioni, fact-checking assistito con verifica e citazioni; nella sanità – per diagnosi precoci, trattamento di immagini, triage e stratificazione del rischio, sintesi di documentazioni, verifica di aderenze a linee guida, predizione di esiti clinici, medicina personalizzata; nell'istruzione e in mille altri ambiti – reclutamento di personale, ambito legale, marketing, logistica, ingegneria del software, assistenza clienti, ricerca e sviluppo, manifattura, sicurezza pubblica, farmacologia..."
Quali possono essere ad oggi gli aspetti positivi di maggiore rilievo nell’utilizzo integrato delle IA, e quali le possibili criticità? Quali sono i campi del sapere che maggiormente, dal suo punto di vista, possono beneficiare del loro impiego?
"Gli aspetti positivi sono innegabili, e negli ultimi anni stanno diventando abbastanza evidenti (soprattutto se l'IA è integrata nei flussi di lavoro con supervisione umana): può automatizzare compiti ripetitivi; ridurre le barriere linguistiche, culturali, cognitive; fornire supporto concreto alle decisioni (anche con analisi predittive); monitorare e supervisionare; rilevare anomalie; aiutare la prototipazione rapida; stimolare la creatività; facilitare l'accesso alla conoscenza (rendendo quindi più salda la democrazia); migliorare e democratizzare la sanità; aiutare l'apprendimento continuo e personalizzato lungo tutto l'arco della vita.
Le criticità sono legate tanto allo stato attuale della tecnologia e alla sua implementazione (che, ricordiamolo, migliorerà, e di tanto, nel tempo) quanto ad alcune questioni strutturali: affidabilità (errori, allucinazioni…), pregiudizi ed equità, privacy e diritti, trasparenza e tracciabilità, sicurezza, attribuzione delle responsabilità (chi risponde delle conseguenze?).
Dovendo indicare alcuni ambiti che possono beneficiare particolarmente di applicazioni di IA, a mio avviso, potremmo citare quello medico/sanitario, quello scientifico e tecnologico, quello industriale/manifatturiero, la pubblica amministrazione e i servizi, l'istruzione e la formazione, l'intrattenimento e il tempo libero, gli ambiti culturali e artistici, l'informazione e la comunicazione in generale".
Quale pensa dovrebbe essere la posizione della scuola e del mondo dell’educazione nei confronti dell’IA? Quali limiti e che tipo di cautele, ma anche quali strumenti conoscitivi andranno forniti ai ragazzi per interfacciarsi con la nuova tecnologia?
"Il tema è “caldo”: oggi è in fatti al centro del dibattito degli addetti ai lavori, e non solo. La posizione di fondo non può ovviamente essere quella del divieto a prescindere; meglio incanalare, trattare l’IA per quello che è: uno strumento potente utile (per la governance, l’orientamento, la didattica, l’apprendimento, la valutazione) rispetto al quale servono metodologie e regole chiare, mantenendo responsabilità e valutazione in mano a docenti e studenti.
Limiti e cautele: non banali. Prima di tutto trasparenza: che sia chiaro sempre se e come si usa l’IA; quindi verifica e tracciabilità, privacy e diritti (attenziona a gestire dati personali o materiale coperto da copyright), uso di strumenti “affidabili” o in qualche misura più “certificati”, equità d’accesso. E ricordare sempre l’ottica “humans-in-the-loop”.
Agli studenti devono essere forniti strumenti conoscitivi essenziali: un minimo di alfabetizzazione all’IA (cos’è un modello, come si crea, come funziona), metodologie per l’uso, soprattutto in riferimento agli strumenti generativi (fact-checking, citazioni corrette) e per l’uso consapevole (fornire input efficaci, saper leggere criticamente i risultati, correggere gli errori); tutela dei dati e del copyright, capacità di spiegare il proprio processo. Obiettivo cruciale: usare l’IA per imparare meglio, non per sostituire apprendimento e responsabilità. Naturalmente, in tutto questo, bisogna anche considerare un significativo ripensamento del sistema educativo (compresi gli stessi docenti)"
Quale potrebbe essere il futuro sviluppo dell’IA, alla luce dei progressi tecnologici in atto? Davvero le abilità umane potranno mai essere sostituite in maniera completa da questo strumento?
"Non è mai saggio fare previsioni: si sbaglia quasi sempre! Figuriamoci, poi, quando si parla di tecnologia… Proviamo ad “azzardare prudentemente”.
Vedremo sistemi sempre più multimodali (testo-immagini-audio-video) capaci di agire su strumenti e servizi (“copiloti”/agenti) in modo più autonomo; ci saranno molte applicazioni “verticali” per settore (sanità, legale, PA); si svilupperà il tema dell’IA “on-device/edge” (quindi sul dispositivo locale, non via cloud) per motivi di privacy e risparmio energetico; si amplierà la commistione di IA con robotica e sensoristica (percezione -> azione). In parallelo, si affineranno mezzi per tracciabilità, controllo, trasparenza in cornici regolatorie più sempre più chiare (non abbiamo parlato dell’”AI ACT” della Commissione Europea o della legge delega italiana sulla IA); l’accento sarà su sicurezza, qualità e responsabilità. Sostituzione dell’umano? Direi che è più corretto parlare di sostituzione di mansioni, o cambiamento delle stesse, non tanto di sostituzione di persone. Come è sempre stato per la tecnologia in generale, durante tutta la storia dell’umanità: nuovi strumenti hanno consentito agli esseri umani di alleggerirsi di alcuni pesi per potersi concentrare su altro, e molto spesso su cose più nobili e interessanti.
Possiamo fare in modo che sia così anche per l’IA: come abbiamo già detto, questa può automatizzare compiti ripetitivi, ad alto volume e ben specificati, mentre valore e responsabilità possono restare umani: definire il problema, scegliere i criteri, assumere decisioni e risponderne, gestire relazioni ed empatia, negoziare, esercitare creatività situata e pensiero critico. In sintesi, l’IA amplia il raggio d’azione dei professionisti, ma non li sostituisce in blocco. Il futuro del lavoro sarà probabilmente una estensione del presente, cioè una combinazione “umano + IA”: competenze nuove, strumenti migliori, e responsabilità finale che rimane comunque alle persone".
Giulia De Sensi
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