Lamezia Terme - E’ in corso una vasta operazione antimafia della Polizia di Stato di Catanzaro e del Servizio Centrale Operativo di Roma che sta eseguendo 14 arresti tra esponenti di spicco delle consorterie Iannazzo-Cannizzaro-Daponte attive nel comprensorio di Lamezia Terme. Gli arrestati erano stati tutti condannati, nei giorni scorsi, nel processo con rito abbreviato scaturito dall'operazione Andromeda, scattata nel maggio 2015, a pene significative in quanto ritenuti responsabili di associazione a delinquere di stampo mafioso, e a vario titolo di omicidio, estorsione e traffico di armi. Alcuni degli arrestati vengono, inoltre, ritenuti responsabili anche di danneggiamenti e detenzione illegale di armi ed esplosivi.
Antonio Provenzano, 58 anni, condannato alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione e alla multa di 10mila euro;
Emanuele Iannazzo, 36 anni, condannato alla pena di 14 anni di reclusione e alla multa di 10mila euro;
Alfredo Gagliardi, 39 anni, condannato all’ergastolo;
Francesco Costantino Mascaro, 43 anni, condannato alla pena di 10 anni di reclusione;
Antonino Cannizzaro detto “Antonello”, 38 anni, condannato alla pena di 8 anni di reclusione;
Domenico Cannizzaro detto “Ricciolino”, 42 anni, condannato alla pena di 8 anni di reclusione;
Francesco Salvatore Pontieri, 50 anni, condannato alla pena di 8 anni di reclusione;
Pasquale Lupia, 54 anni, condannato alla pena di 8 anni di reclusione;
S.D.M., 71 anni, condannato alla pena di 8 anni di reclusione; (assolto in appello)
Francesco Iannazzo detto “U Cafarone”, 62 anni, condannato alla pena di 12 anni di reclusione;
Gregorio Scalise, 25 anni, condannato alla pena di 8 anni di reclusione e 6mila euro di multa;
Claudio Scardamaglia, 45 anni, condannato alla pena di 11 anni e 4 mesi di reclusione e 14mila euro di multa;
Vincenzo Torcasio, 39 anni, detto "U Giappone", condannato alla pena di 30 di reclusione (irreperibile)
Tra le persone destinatarie del provvedimento restrittivo, due sono ancora irreperibili: una di queste è Vincenzo Torcasio, 39 anni, detto “U Giappone”, condannato alla pena di 30 anni di reclusione per omicidio, balzato agli onori della cronaca per via della sua pagina facebook “Onore è Dignità”, apparentemente a lui riconducibile, che conta oltre 19 mila like, attraverso la quale vengono lamentate in diversi post presunte deviazioni e malfunzionamenti della giustizia e del sistema carcerario nel Paese.
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L'organizzazione dei “summit mafiosi”
Le attività investigative, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nelle persone del Procuratore Aggiunto Giovanni Bombardieri e del Pm Elio Romano, con la supervisione del Procuratore Capo, Nicola Gratteri, avevano già permesso di accertare le responsabilità degli arrestati in ordine a numerosi episodi estorsivi a carico di imprenditori. In particolare è stato, inoltre, accertato l’accordo, formalizzato attraverso veri e propri “summit mafiosi”, tra la cosca Iannazzo e quella Giampà di spartizione dei proventi del racket, secondo un collaudato sistema operativo.
Proprio la condanna riportata dagli imputati in sede di giudizio abbreviato, ha determinato la Procura della Repubblica a richiedere nei loro confronti l’applicazione del provvedimento cautelare stante la gravità dei reati e la conseguente necessità che fossero nuovamente posti in carcere.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catanzaro, che avevano a suo tempo portato all’operazione “Andromeda”, ricostruivano l’organigramma della consorteria criminale dei Iannazzo individuando i personaggi di vertice del sodalizio (Vincenzino Iannazzo detto “Il Moretto”, Pietro Iannazzo, Francesco Iannazzo detto “Cafarone”, Antonio Davoli) e le alleanze costituite nel corso degli anni con le cosche Giampà e Cannizzaro-Daponte.
I destinatari del provvedimento sono stati arrestati per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso in quanto appartenenti alla cosca Iannazzo ed a quella federata dei Cannizzaro-Daponte; alcuni di essi rispondono inoltre dell’omicidio, avvenuto a Lamezia Terme il 23 maggio 2003, di Antonio Torcasio, cl. ’71 (all’epoca reggente dell’omonima cosca), di quello di Vincenzo Torcasio, cl. ‘84 e del contestuale tentato omicidio di Vincenzo Curcio, cl. ’80, avvenuti a Falerna il 27 luglio 2003, (esponenti della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri). Questi omicidi si inquadravano in una strategia criminale delle cosche Iannazzo e Cannizzaro-Daponte volta a mantenere l'esclusivo controllo di gran parte del territorio di Lamezia Terme, anche attraverso l'eliminazione fisica degli esponenti di spicco della cosca avversa Cerra-Torcasio-Gualtieri ritenuta attiva soprattutto nel campo delle estorsioni.
Le attività investigative svolte all’epoca avevano permesso l'accertamento e la contestazione di numerosi episodi estorsivi realizzati da esponenti delle cosche in questione a carico di commercianti ed imprenditori del comprensorio lamentino in un contesto di acquisizioni investigative derivanti dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e da intercettazioni telefoniche ed ambientali, che delineava un accordo tra gli esponenti di vertice della cosca Giampà e quella degli Iannazzo nella gestione delle attività estorsive con relativa spartizione dei proventi.
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