Lamezia: Ammazzateci Tutti ricorda Strage Capaci a scuola media Pietro Ardito

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Lamezia Terme, 21 maggio -  Si è svolta presso la scuola Media "Pietro Ardito" di Lamezia Terme l’iniziativa organizzata dai ragazzi del movimento “Ammazzateci Tutti” per ricordare il magistrato siciliano Giovanni Falcone. L’iniziativa è nata a ridosso del ventennale dalla Strage di Capaci del 23 maggio 1992, uno dei momenti più bui della storia d’Italia in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Assieme alla strage di Via D'Amelio, Capaci provocò una reazione di sdegno nell'opinione pubblica, oltre che l'intensificazione del contrasto alla criminalità organizzata con il conseguente moltiplicarsi dei pentiti e la cattura di latitanti del calibro di Totò Riina. Il pentito di Cosa nostra Vincenzo Calcara rivelerà che per reperire l’esplosivo che portò a quell'immane tragedia, i boss siciliani si rivolsero alla 'ndrina dei fratelli Nirta. Non è un caso, infatti, se il giudice siciliano fin da marzo di quel fatidico anno, il 1992, seguiva i collegamenti delle cosche di San Luca con i clan di Palermo e di Trapani. Come fossero saldi i rapporti tra ‘ndranghetisti calabresi e mafiosi siciliani si vide già l’anno precedente le stragi di Capaci e Via d’Amelio, quando il 9 agosto 1991 i boss siciliani commissionarono ai killer della ‘ndrangheta l’omicidio del magistrato calabrese Antonino Scopelliti. Profetiche le parole rilasciate da Falcone al funerale del collega Scopelliti: “Dopo Nino, il prossimo sono io”.

I giovani di Ammazzateci Tutti hanno così voluto rendere onore alla storia di un magistrato che ha sacrificato la propria vita per servire lo Stato, organizzando un dibattito nell’auditorium dell’Istituto Pietro Ardito. Ha introdotto la discussione il dirigente scolastico, Angelina Esposito Ariganello, che, commossa per la sua ultima apparizione pubblica in veste di preside (il prossimo anno andrà in pensione, ndr) ha tenuto a ringraziare i ragazzi di Ammazzateci Tutti con i quali «in questi anni abbiamo realizzato numerosi progetti di educazione alla legalità» e «portato anche una delegazione di studenti alla Camera dei Deputati». E’ intervenuto poi il Prefetto di Catanzaro Antonio Reppucci, il quale ha esortato gli studenti a riluttare la mentalità disfattista che troppo spesso ha condizionato il popolo meridionale, sottolineando la potenziale ricchezza delle bellezze paesaggistiche calabresi: «La Calabria è una regione bellissima, ma troppo spesso è conosciuta e ammirata più da chi non è calabrese». Reppucci ha aggiunto inoltre come i piccoli gesti palesano il tasso di legalità di uno Stato: «Quante persone ancora oggi si rifiutano di fare la raccolta differenziata? Ecco, è da queste piccole azioni di cività che dobbiamo ripartire». Dopo i saluti istituzionali, ha dato inizio al dibattito Francesco Blaganò, coordinatore di Ammazzateci Tutti Lamezia, che ha raccontato gli ultimi attimi di vita del giudice Falcone. Prende così il microfono Giada Marasco, attivista di Ammazzateci Tutti Lamezia, che inizia a raccontare la storia del Falcone magistrato, di come fosse diventato il giudice più famoso d’Italia, e soprattutto di come fu lasciato solo all’interno della magistratura: «Prima che lo elevassero a martire, il giudice Falcone venne vilipendiato quale carrierista da tanti di quelli che oggi si riempono la bocca con il suo nome». Riprendendo Marasco, Francesco Blaganò ha tenuto ad evidenziare il regime di solitudine in cui versò il magistrato, «tradito da i suoi stessi colleghi» come disse Borsellino: «E’ giustificabile un cittadino qualunque che, ampiamente disinformato, vedeva in Giovanni Falcone solo un carrierista. E’ meno giustificabile invece l’atteggiamento di molti che all’epoca ricoprivano incarichi di rilievo nelle Istituzioni, e che quindi sapevano, ma ad ogni occasione utile gettavano fango sul magistrato».

Del Falcone uomo ha invece riferito il deputato calabrese Doris Lo Moro, che nella sua precedente carriera all’interno della magistratura conobbe personalmente il giudice siciliano. Lo Moro ha raccontato come egli non fosse diventato il nemico numero uno della Mafia per sua scelta: «Un giorno gli chiesi: “Giovanni, ma chi te l’ha fatto fare?”. Ricordo la sua risposta come fosse ieri: “Vedi, collega, ci sono cose nella vita che non si scelgono, avvengono”». Il giudice Falcone si era infatti sempre considerato un comune servitore dello Stato che adempiva al suo dovere. Nel suo intervento, il sindaco Gianni Speranza si è invece soffermato su quanto avvenuto a Brindisi, preannunciato dai ragazzi di Ammazzateci Tutti all’apertura dell’evento: «Chi ha compiuto tanta violenza e atrocità ci fa orrore. Sono nemici feroci perché hanno ucciso e tentato di uccidere ragazze e ragazzi indifesi e innocenti». Infine, prima delle domande degli alunni, l’intervento di Antonio Iannò, anch’egli attivista di Ammazzateci Tutti, che ha spiegato cosa gli ha insegnato Giovanni Falcone: «Conoscere la sua storia mi ha dato tanta speranza nel futuro, la convinzione che il futuro si determina in base alle nostre scelte, perché il futuro siamo noi». Presenti tra le fila degli spettatori anche diversi esponenti delle Forze dell’Ordine locali, tra cui il vice commissario di Polizia Maria Lucia Cundari.

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