Lamezia, presentato ‘Carnefici’ di Pino Aprile: “L’enormità del crimine nasconde la somma dei crimini”

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Lamezia Terme – Nella ‘giornata identitaria’, organizzata dall’associazione culturale ‘Osservatorio delle due Sicilie’, dopo l’incontro all’Istituto Professionale Einaudi con lo storico Alessandro Romano, hanno trovato spazio nella stessa giornata, al Teatro Franco Costabile, la presentazione dell’ultimo libro di Pino Aprile, ‘Carnefici’ e lo spettacolo teatrale ‘Terroni’ con la partecipazione dell’autore, attore e commediografo, Roberto D’Alessandro. Pino Aprile, grazie al suo genuino e diretto stile letterario ha fatto comprendere ai più quella che fu la tragedia per il Sud legata all’unità d’Italia. Una giornata, che ha visto ampia partecipazione, volta a segnare la storia attraverso diverse forme espressive, quali la narrazione, la lezione, il teatro.

"Io so. So tutti i nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove". È il cuore di un celeberrimo atto d'accusa di Pier Paolo Pasolini pubblicato sul "Corriere della Sera". Anche Pino Aprile sa. Sa tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero "meridionali". Lo ha appreso con stupore e sgomento, e lo ha raccontato in un libro spartiacque, "Terroni", che ha aperto una breccia irreparabile sulla facciata del trionfalismo nazionalistico. Se mancavano ancora prove, ora le ha trovate tutte, al termine di una ricerca durata cinque anni. E sono le prove di un “genocidio”. Perché è questo l'ordine di grandezza che emerge dall'incrocio dei risultati dei censimenti disposti dai Savoia (nel 1861 e nel 1871) e dei dati delle anagrafi borboniche: “un genocidio”. Un discorso, quello dello storico meridionalista, incentrato prevalentemente sul concetto di ‘genocidio’, che a parer suo “viene sin da sempre distorto, e che invece merita di essere indagato, passando oltre il numero di morti nelle guerre, tentando di capirne i motivi”. Si chiama Raphael Lemkin, l’avvocato polacco a cui si deve la definizione giusta di ‘genocidio’, un reato commesso solo da uno Stato, con azioni volte a cancellare l’identità di un paese. E ancora, l’avvocato parla di sterminio degli armeni, e di come nell’olocausto 49 suoi parenti su 54 vennero uccisi. Un libro che sbatte in faccia la realtà, quello di Aprile, e che fa male.

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“Qual è il rischio che corriamo quando parliamo di disastri? – dice l’autore – Il rischio è quello di limitarsi alla conta dei morti, l’olocausto conta sei milioni di morti, e allora qual è la grandezza del nostro paese? – continua – Siamo interessanti in tutto il mondo non per il numero ma in quanto sarebbe sparita una grande quantità di differenze”. Pino Aprile è convinto, insomma, che non abbia alcun senso affermare che ci sia stato un genocidio, per unificare l’Italia. Quello di cui si necessita, invece, è capire cosa sia effettivamente accaduto. Parla inoltre di deportazioni illegali, senza processi, accuse, condanne. “Ti deportavano e basta – prosegue Aprile – ed erano deportazioni catalogate, le femmine da una parte e i maschi dall’altra”.  Nel racconto di Pino Aprile c’è anche lo stupro sulle donne del Sud, e in particolar modo, suscitando tale atto una gran festa, verso le donne dei presunti latitanti, come emerge ad esempio dal diario di un ex garibaldino. “Bisogna togliere lo sguardo dalle moltitudini – commenta infine Aprile – perché l’enormità del crimine nasconde la somma dei crimini – e ancora – togliere l’acquedotto ai paesi significa scatenare una epidemia, il genocidio non è una parola grossa, forte, per rimarcare l’entità di un massacro, ma è un termine tecnico e giuridico, che sta ad indicare un reato, il quale può essere compiuto anche senza un graffietto”.

V.D.

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