Dal populismo antisistema al populismo istituzionale

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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 Roberto Fico, un tempo movimentista grillino, oggi presidente della Camera. Il populista radicale di qualche mese fa è la terza carica dello Stato. “La politica ha trionfato sull’antipolitica” così il titolo di un articolo di Corrado Ocone, filosofo del neoidealismo italiano e del pensiero liberale. L’altra candidatura vincente è stata quella di Maria Alberti Casellati, votata con largo suffragio presidente del Senato, berlusconiana da sempre. Di Maio e Salvini hanno messo all’angolo Forza Italia (Berlusconi voleva candidato il senatore Paolo Romani) e il Partito Democratico, già sconfitto alle elezioni, in fuorigioco senza possibilità (o la voglia) di rientrare in campo, non avendo preso in considerazione alcune candidature sussurrate dell’area di centrosinistra (Luigi Zanda, Emma Bonino). I candidati proposti da pentastellati e leghisti (Fico) o di loro gradimento (Casellati) sono diventati a Palazzo Madama e a Montecitorio le più alte cariche dello Stato dopo il Presidente della  Repubblica Mattarella.

I due leader, visti i risultati elettorali oltremodo positivi, hanno smorzato i toni populisti e anti-establishment. Salvini ha lasciato la felpa nell’armadio. In questi giorni l’ho visto in giacca camicia e cravatta. Si veste allo stesso modo di Di Maio. Sui capi d’abbigliamento del leghista si nota sempre di meno il colore verde. Nel recente passato alcuni giornalisti, anchorman, avversari politici non gli davano credito. Si son dovuti ricredere. Ha sfoderato tattica politica, strategia e altre qualità da politico navigato. Percorso simile quello di Di Maio, magari con modalità diverse. Si è allontanato da Grillo in maniera soft. Il comico, a sua volta, intelligentemente, ha fatto un passo di lato. Ora è il momento di Fico con l’onore e l’onere dell’alta carica a Montecitorio. Pure il movimentista pentastellato ha lasciato jeans e maglietta per indossare lo scuro elegante con camicia e cravatta. Così “vestito di nuovo” è andato al Quirinale. Il populismo anti-sistema contro i partiti al potere è stato accantonato o ha cambiato pelle; ha avuto la sua efficacia anti-establishment in campagna elettorale, adesso è necessario il dialogo con le altre forze politiche. Nei prossimi giorni si sceglieranno i capigruppo, i vicepresidenti di Montecitorio e Palazzo Madama, i questori e i segretari.

Di Maio e Salvini ascoltano consigli e suggerimenti dei loro staff ristretti; pertanto si stanno muovendo bene nel mondo delle istituzioni. Utilizzano in gran parte i metodi della vecchia politica; quasi  parlamentari di lungo corso, sono venuti a capo di una situazione che all’inizio sembrava complicata e sono riusciti nel loro intento. Sicuramente è un’altra vittoria, forse maggiormente significativa rispetto alle percentuali del 4 marzo. Era scontato il risultato elettorale; di meno l’elezione dei due presidenti del Parlamento, due nomi ugualmente graditi a pentastellati e salviniani. Hanno usato la testa, la razionalità, la mediazione; hanno ottenuto il massimo possibile,  sconfiggendo ancora una volta e sul loro campo gli avversari. Di fatto sono entrati nel sistema politico italiano. Metamorfosi già vista di partiti e movimenti. Sostanzialmente si tratta dei primi passi dello stesso percorso che Lega Nord e Forza Italia fecero negli anni ’90: dal populismo anti-establishment contro Roma ladrona alla progressiva mutazione e al formarsi di una  nuova classe politica che andò a governare con Berlusconi; per quanto riguarda il M5S, dal “V-Day”  del 2007 urlato in Piazza Maggiore a Bologna (in cui  Grillo gridò: “I partiti sono morti”), agli applausi parlamentari al presidente Fico che rivelano riconoscimento istituzionale alla nuova forza politica, oggi in pole position, insieme alla Lega, per governare. La prima tappa del cammino intrapreso è stata portata a termine; ma il percorso è ancora lungo e difficile.

 Entrambi hanno il loro curriculum politico e amministrativo. Quindi populismo e movimentismo servirebbero solo per il consenso elettorale. Presenti tutti e due negli enti locali; di più la Lega con  decenni di esperienza politica sulle spalle a livello comunale, regionale e nazionale; in grado, ormai di presentare una lista di ex ministri, governatori, assessori, consiglieri. Un po’ di meno il M5S in quanto politicamente “più giovane” in Parlamento. Solo qualche carica istituzionale e alcune presidenze nelle commissioni della trascorsa legislatura. Ma localmente fanno parte dei 5 Stelle governatori, sindaci, assessori e consiglieri che  operano in diverse amministrazioni. A tal proposito viene in aiuto la recente ricerca “I sindaci di Grillo: ceto politico e selezione della rappresentanza locale nel M5S” di Lucia Montesanti e Francesca Veltri, docenti rispettivamente presso l’Università Magna Grecia di Catanzaro e all’Unical di Arcavacata a Rende (Cosenza).

 Secondo le ricercatrici “Fra il 2010 e il 2011 vengono eletti 61 consiglieri, dei quali 23 in diversi capoluoghi di provincia del centro-nord”. Nessun dato importante al Sud. Al contrario, le comunali del 2012 segnano un aumento della partecipazione (presenti le liste in 100 comuni), del numero degli eletti (156 consiglieri), 4 sindaci (uno a Parma). Nelle tornate successive 37 sindaci, 190 assessori e 1659 consiglieri comunali. A maggio del 2017, i Pentastellati governano in 6 piccoli centri (con non più di 10 mila abitanti); in 15 comuni (con una popolazione inferiore a 30 mila abitanti); in “10 comuni di medie dimensioni; 5 grandi città; 3 capoluoghi di provincia e 2 capoluoghi di regione”. Per il M5S sarebbe l’ora della governabilità a livello nazionale. Anche per la Lega. Il 3 aprile, dopo Pasqua, Mattarella avvierà le consultazioni. A chi darà l’incarico? Chi sarà il premier? Riusciranno Di Maio e Salvini a formare un esecutivo coeso? Durerà per l’intera legislatura? Una volta al governo, manterranno gli impegni presi in campagna elettorale? Se 5 Stelle e Centrodestra avranno l’intenzione di governare insieme, troveranno l’accordo sul programma? Quanti interrogativi!... e un solo punto esclamativo.

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