Lo scioglimento dei consigli comunali calabresi e la legge contro le infiltrazioni mafiose

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

© RIPRODUZIONE RISERVATA

pino_gull.jpg

Continua senza sosta lo scioglimento dei comuni calabresi. Grandi e piccoli. Basta andare in internet e compaiono numerosi nella lunga lista di legautonomie. Ne abbiamo contato 10 negli ultimi mesi. Speriamo che non siano di più o che abbiamo sbagliato per eccesso. Non è nostra intenzione citare le località commissariate negli ultimi tempi. Non vogliamo metterle alla gogna. In questi casi prova vergogna l’intera comunità. Ne sappiamo qualcosa noi Lametini che abbiamo subito il disonore la prima e la seconda volta. E poi si legge su alcuni giornali che andrebbe commissariata l’intera regione. Forse è troppo. Significa fare di tutta l’erba un fascio. Lo Stato esiste ed è presente in Calabria. Forze dell’Ordine e Magistrati, dopo ogni operazione contro la ‘ndrangheta o il malaffare politico, non si stancano mai di ripetere che la maggior parte dei calabresi vive in modo onesto e operoso, anche in questo momento di difficoltà economica. E’ vero pure che ad ogni nuova indagine le cosiddette zone grigie sono sempre più diffuse. Nel 2007 l’attuale Presidente del Senato, Piero Grasso, allora Procuratore nazionale antimafia, disse alla Commissione parlamentare: “In certi paesi [calabresi] è lo Stato che deve cercare di infiltrarsi [nei reticoli dei consigli comunali e della pubblica amministrazione]”. Non siamo in grado di valutare un’affermazione del genere. Fatto sta che di giorno in giorno aumenta il numero dei comuni a rischio scioglimento. E ogni volta si scopre una metastasi pervasiva e devastante dell’intreccio politico, istituzionale, imprenditoriale. Gli inquirenti e le commissioni d’accesso riescono a fare emergere il malaffare, nonostante debbano operare con molta professionalità per scoprire quegli elementi concreti, univoci e rilevanti, richiesti per arrivare allo scioglimento secondo quanto prevede la nuova normativa (legge n. 94/2009). E’ un lavoro difficile e complesso; si mettono a dura prova sia la prevenzione che  la repressione delle penetrazioni malavitose negli enti locali. Tanto è vero che il giudice di Cassazione Raffaele Cantone ha detto al riguardo: “La riforma del 2009, che ha modificato lo scioglimento degli enti per infiltrazioni mafiose, ha indebolito moltissimo l’Istituto; i comuni che vengono sciolti sono molto meno e, in gran parte di questi casi, il TAR sta annullando tutti gli scioglimenti”. Uno studioso di origine lametina, Vittorio Mete, è sulla stessa lunghezza d’onda di Raffaele Cantone. Non a caso hanno partecipato entrambi ad un convegno a Firenze nell’aprile scorso sul tema: “Prevenire e contrastare corruzione e mafie. Quali politiche negli enti locali?”.

Vittorio Mete insegna Sociologa dei movimenti e delle Istituzioni presso la facoltà di Scienze politiche dell’Ateneo fiorentino ed è docente di Sociologia dei fenomeni politici nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. Nel suo libro Fuori dal Comune, pubblicato nel 2009, sottolinea che l’azione di contrasto alle mafie è molto concentrata sugli obiettivi immediati e pochissimo sugli effetti trasformativi, profondi e duraturi (p.198). Ormai è trascorso più di un ventennio, da quando è in vigore la legge, con successive modifiche e con la riforma del 2009. Quasi sempre le Istituzioni si sono trovati in difficoltà a ripristinare condizioni di legalità nei comuni dove c’è stata la parentesi commissariale. Di frequente succede che nella successiva campagna elettorale di ogni comune precedentemente sciolto per infiltrazione mafiosa, i voti si cercano dappertutto utilizzando le reti clientelari in odore di mafia. A volte avviene la rielezione di amministratori inquisiti o perseguiti  dalla legge in comuni già commissariati. Non solo. I consigli comunali vengono sciolti nuovamente. E’ una riprova lampante che la situazione politica e sociale di quei comuni non è cambiata. Che fare? Lo studioso indica delle soluzioni pratiche, anche se le documentazioni secretate e la legge sulla privacy rendono vana la possibilità di un osservatorio permanente e multidisciplinare che compia un’opera di monitoraggio continuo e che renda disponibili i dati sulle vicende relative al personale politico, all’andamento dell’economia, all’erogazione dei servizi pubblici, all’affermazione della cultura della legalità, alla sicurezza dei cittadini nei comuni sciolti per mafia (p.195). Comunque, prioritarie restano la presa di coscienza della comunità e la conseguente messa in pratica di azioni coerenti che rinnovino il tessuto sociale e il personale politico, realizzando un’etica pubblica quotidiana e concreta nel mentre si amministra. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA