Politica e giornali. Una sola casta?

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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“S’ode a destra uno squillo di tromba;

A sinistra risponde uno squillo…”

Le trombe sono stonate, i suonatori non hanno fiato sufficiente. Ne vengono fuori note sgradevoli e la maggioranza di chi ascolta è, perlomeno, infastidita. Stiamo parlando delle vicende politiche delle ultime settimane a cui la stampa ha cercato di fare da megafono. Rivelano inconsistenza sia in termini d’intensità che di durata. Per esempio, la corsa della Santanchè verso la vicepresidenza alla Camera dei deputati si è impantanata in brevissimo tempo. Eppure, carta stampata e televisioni sono state tutte per lei. Fiumi di parole e ore di trasmissioni televisive. L’Annunziata l’ha intervistata. Nei giorni dei rumors sulla pitonessa era passato in sottordine perfino il nuovo, vecchio, rifatto o da rifare cantiere di Forza Italia.

A Sinistra interminabili le interviste a Renzi, televisive e non, su candidato a segretario o a premier  o a nessuno.  Fa seguito il coro dei vertici del Pd. Niente a che vedere con il coro della tragedia manzoniana, Il Conte di Carmagnola, di cui abbiamo citato i versi all’inizio. Si parla metaforicamente di tiro al piccione, tiro senza il piccione, vittimismo. Immancabili le controrepliche. Non finiscono mai. E il massmediatico appresso a coristi e solisti, con macchine fotografiche, telecamere, tablet, computer. A volte si ha l’impressione che a scegliere segretario e candidato premier per il Pd siano i mass-media, prima degli iscritti alle primarie. In tutto questo frastuono, progetti, programmi, contenuti per il congresso autunnale del Partito democratico rimangono in sordina.

Nessuno dedica pagine o trasmissioni all’astensionismo: ormai solo una minoranza vota in Italia. Ad ogni appuntamento elettorale diminuiscono sempre di più quelli che depongono la scheda nell’urna. Sono sempre di meno i lettori che vanno in edicola a comprare il quotidiano, anche a causa della diffusione delle edizioni online. I talk show politici non hanno la stessa audience di qualche anno fa. Alcuni sono in caduta libera, con ascolti molto scarsi. Per comprendere sino in fondo la politica spettacolo e le sue contraddizioni che potrebbero limitare gli spazi democratici, ci sembra utile sfogliare le pagine del dossier-pamphlet “La casta dei giornali” edito nel 2007 da Stampa alternativa. L’autore è Beppe Lopez, giornalista e scrittore tra i più importanti. Ha scritto per decine di testate nazionali, ha partecipato come cronista politico alla fondazione de la Repubblica, editorialista e tanto altro ancora. Da un addetto ai lavori di tale livello arrivano le verità sui limiti della politica e, di conseguenza, dei giornali o dell’editoria. Solo alcuni cenni per avere un’idea dei tanti soldi pubblici all’editoria.

Fin dai tempi del fascismo, la stampa è stata sempre assistita. Venne finanziata per 40 milioni di lire, il 40% dell’intero bilancio del Minculpop (Ministero per la Cultura Popolare). Nei primi anni del secondo dopoguerra riduzioni tariffarie. Nel 1971 5 miliardi di lire furono dati alle imprese editoriali. Nel 1972 il giornale fu escluso dal pagamento dell’IVA. E poi nel prosieguo continue provvidenze in miliardi di lire e la legge 416 nel 1981, passando dal linotype al computer. E ancora, provvidenze e integrazioni. Un sistema di finanziamenti a pioggia. Sui giornali di partito Gabanelli ha scoperchiato la pentola nella trasmissione televisiva Report del 23 aprile del 2006:“ Nel 1987 la legge cambia [rispetto a quella del 1981]…bastano due deputati che dicono che tale giornale è organo di un movimento politico e si può attingere dal grande portafoglio…Poi nel 2001 la legge cambia di nuovo: bisogna diventare cooperative. Così siamo arrivati a sborsare 667 milioni di euro”. Dai miliardi di lire si arrivò  ai miliardi di euro a tutto il settore editoriale in maniera più o meno diretta. E che sono? Noccioline? Nel 2007 sembrava di essere ad un passo dalla riforma, ma alla fine non si raggiunse il risultato. Ricominciarono le provvidenze. Nelle pagine 22, 23, 24 del pamphlet summenzionato Beppe Lopez riporta la metafora dello specchio del diavolo (ripresa da un articolo di Furio Colombo su l’Unità del 27 maggio 2007), ovvero il diavolo non si vede riflesso davanti allo specchio e può fare quello che vuole. Insomma, “per avere una Casta ci vuole un grande specchio dei media in cui non si vede mai l’immagine di ciò che accade davvero”. Non è necessario che tutta la stampa sia servile, è sufficiente che faccia parte di quel sistema di potere, che ci sia l’alternanza, ma non l’alternativa. Tutto questo a discapito della qualità del servizio pubblico dei quotidiani; ad aggravare la situazione, la diminuzione delle copie vendute e la diffusione dei giornali panino. Le ultime parole del dossier di Beppe Lopez: “...quelle due caste [della politica e dell’editoria] sono ormai diventate in Italia forse una cosa sola. La casta del potere”. Dal 2007 ad oggi è cambiato poco, forse  in peggio. Due anni fa il governo Monti ha emanato un decreto legge per l’erogazione dei contributi fino al 2014, dopo dovrebbe andare in vigore un disegno di legge delega. Oggi il sottosegretario Giovani Legnini con delega per l’editoria ha comunicato di avere “ripartito 10 milioni recuperati dall’uso illecito dei fondi”. Per il resto ha annunciato un progetto per l’emergenza. Come se ne uscirà?

Ultimissime

Battaglia per il controllo del Corriere della Sera. Diego Della Valle scrive a Napolitano. Chiede un intervento del Capo dello Stato per la salvaguardia della libertà di stampa. La politica tace.

 

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