Confermato scioglimento comune Cassano, appello a Consiglio di Stato

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Cassano allo Ionio (Cosenza) - L'ex sindaco di Cassano allo Ionio Gianni Papasso ed i consiglieri dell'allora maggiorana hanno proposto appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar Lazio che ha confermato lo scioglimento del Consiglio comunale di Cassano per infiltrazioni mafiose. La prima sezione del Tar Lazio, lo scorso 11 dicembre, aveva rigettato il ricorso presentato da Papasso, dai consiglieri e da quattro assessori, rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Antonio Senatore e Vittorio Cavalcanti, per l'annullamento del decreto del 24 novembre 2017 con cui era stato disposto lo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose.

"Sin da subito - si legge in una nota dei ricorrenti - abbiamo ritenuto che le tesi sostenute dal Tar Lazio nel suo pronunciamento sono effimere, sbrigative ed erranti sul piano giuridico. La sentenza del Tar, se analizzata attentamente e correttamente, testimonia che l'Organo decisionale non è entrato, nella maniera più assoluta, nel merito del ricorso, con il quale si evidenziava, in maniera puntigliosa, la verità in merito a tutti i punti e le questioni sollevate dalla Commissione di accesso e che, conseguenzialmente, hanno determinato la dissoluzione del Consiglio comunale. Il Tar del Lazio non ha, altresì, nemmeno esaminato tutta la massiccia documentazione che i ricorrenti avevano presentato e che testimoniava, palesemente, tutto il certosino lavoro fatto dall'Amministrazione uscente per l'affermazione della legalità e per impedire qualsiasi forma di ingerenza della criminalità nell'attività dell'Ente. La sentenza del Tar certifica ed evidenzia, inoltre, che non è stata per niente presa in considerazione la sentenza del Tribunale di Castrovillari che, rigettando la richiesta di incandidabilità avanzata dal ministero dell'Interno nei confronti del sindaco Gianni Papasso, è entrata nel merito delle singole questioni, le ha approfondite e le ha esplicitate in maniera assolutamente positiva, ribaltando, di conseguenza, quanto sostenuto nella relazione prefettizia".

"Il Tar, quindi - concludono i ricorrenti - con semplicità si era rifugiato nel 'principio della prevenzione'. Pertanto, abbiamo ritenuto che una sentenza siffatta non poteva, e non può, essere lasciata passare in giudicato e, perciò, con determinazione e perseveranza, abbiamo proposto appello contro la stessa".

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