'Ndrangheta: Dna, da porto Gioia Tauro la cocaina arriva in Italia

cocaina-porto-gioia-modif.jpg

Roma - La 'Ndrangheta, ha un'organizzazione unitaria ed è composta da una sorta "consiglio di amministrazione della holding" che elegge il suo "presidente". Lo afferma la Direzione nazionale antimafia nella relazione presentata oggi. "Del resto - osservano gli investigatori - era difficilmente ipotizzabile che ad amministrare centinaia di milioni di euro, a governare dinamiche economiche, lecite ed illecite, in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l'Italia, ma buona parte del pianeta (dall'Australia al Sud America, dall'Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali ), potesse essere questione affidata allo spontaneismo anarcoide di gruppi criminali disseminati e slegati, di decine e decine di cosche e locali, sorta di piccole monadi auto-referenziali". Le indagini hanno evidenziato a Reggio Calabria la perdurante posizione di assoluta primazia della 'ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti, ha generato, e continua a generare, "imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese che reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi questa attività". Traffico consentito anche e soprattutto dal controllo totalizzante del Porto di Gioia Tauro - rivela la Dna - dove gli 'ndranghetisti riescono a godere di ampi, continui, inesauribili, appoggi interni. Il Porto di Gioia Tauro è divenuto la vera porta d'ingresso della cocaina in Italia. Nel solo periodo tra giugno 2012 e Luglio 2013 quasi la metà della cocaina sequestrata in Italia (circa 1600 kg su circa 3700 complessivi ) è stata intercettata a Gioia Tauro.

Dna: "Bologna terra di mafia"

A Bologna è stata accertata l'esistenza di un potere criminale di matrice 'ndranghetista la cui espansione, "al di là di ogni pessimistica previsione", vede coinvolgimenti con apparati politici, economici ed istituzionali. A tale livello che quella che una volta era orgogliosamente indicata come una Regione modello di sana amministrazione ed invidiata per il buon livello medio di vita dei suoi abitanti, "oggi può ben definirsi "terra di mafia" nel senso pieno della espressione, essendosi verificato quel fenomeno cui si era accennato nella relazione dello scorso anno, quando si era scritto di una "infiltrazione che ha riguardato, più che il territorio in quanto tale con una occupazione "militare", i cittadini e le loro menti; con un condizionamento, quindi, ancor più grave"". E' quanto scrive la Direzione nazionale Antimafia nella relazione 2014 presentata oggi a Roma. Gli investigatori considerano ancora più grave il fatto che "questa realtà non si è creata come effetto di un "contagio" delle terre emiliane dovuto alla presenza della 'ndrangheta negli altri territori dell'Italia settentrionale (ovvero in buona parte della Lombardia, Piemonte e Liguria), bensì per ragioni ed in forza di dinamiche criminali distinte". E dunque in Emilia "la 'ndrangheta parla l'accento della zona di Crotone che si fonde con quello locale, ed è specificamente riferibile, al potente sodalizio mafioso di Cutro". L'influenza di questo sodalizio si estende anche ad altri territori della limitrofa Lombardia (sostanzialmente corrispondenti all'area di competenza del Distretto di Brescia) e del Veneto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA