A colpi di tweet: perplessità dopo la relazione all’Uniter di Lamezia Terme

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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 Nel maggio del 2016, all’Uniter di Lamezia Terme, avevo relazionato su Osservando la politica… quale partecipazione consapevole? Nella parte finale avevo argomentato sul nuovo modo (web 2.0) di fare campagna elettorale concludendo in maniera esaustiva la relazione concernente una tematica importante e attuale. Nel momento del dibattito si manifestarono da parte di alcuni dei presenti delle perplessità sull’efficacia della comunicazione in politica con il web. Avevo citato una ricerca alquanto seria e mostrai anche la pubblicazione, appunto A colpi di tweet di Sara Bentivegna, docente di Comunicazione a la Sapienza di Roma. Ma i dubbi restarono in chi confutava la mia argomentazione. Allora feci vedere le pagine citate nella relazione; ma non bastò. La ricerca della docente conserva ancora oggi tutta la sua validità; insomma non si può considerare datata. I risultati vennero pubblicati nel 2015 dopo tre anni di studio impegnativo come testimoniato dalla studiosa nell’introduzione: “Questo libro conclude un periodo di studio matto e disperatissimo centrato sul rapporto fra Twitter e politica che si è protratto negli ultimi tre anni”.

 Allora non fui in grado di percepire i dubbi dell’uditorio, nel senso che erano legittimi dal punto di vista altrui; ma oggi li ho compresi dopo aver letto Populismo digitale di Dal Lago già citato in altri interventi ed articoli. Il sociologo di origine romana e con esperienze accademiche nazionali ed internazionali (negli Usa), a proposito di Donald Trump così scrive: “Il presidente esterna in continuazione su Twitter (…) Nei giorni in cui le sue posizioni sono più controverse e discusse, Trump può rilasciare persino 10 tweet”. Il presidente degli Usa va A colpi di tweet. Uno dei politici più potenti del mondo, se non il più importante affida gran parte della sua comunicazione politica a Twitter. Altri politici, italiani e non solo, avevano iniziato prima. E Bentivegna ha indagato questo nuovo modo di fare politica. La studiosa è al passo con i cambiamenti e ha svolto il suo lavoro con gli strumenti della ricerca (16 pagine di riferimenti bibliografici). E allora perché le perplessità di alcuni (a dire il vero anche del sottoscritto) per quanto riguarda i social network? Ecco perché secondo Dal Lago: “Un cambiamento molto drammatico ha luogo quando la sfera politica è assorbita da quella digitale. (…) Il presidente [degli Usa] esterna in continuazione su Twitter. L’uso di questo social network spiega perfettamente come, nelle cosiddette comunità virtuali, un leader abile, ben consigliato e spregiudicato possa creare l’illusione di un rapporto diretto con i propri sostenitori (…) Questo social medium è utilizzato da chi intende influenzare il pubblico o trasmettere ai propri seguaci convinzioni, valutazioni, incoraggiamenti”. Sparisce il contraddittorio e il politico si trova nella condizione di dire di tutto e di più. Mi viene in mente il Carosello degli Anni ’60: “Con quella bocca può dire ciò che vuole”. Ma quella era la pubblicità della II metà del Novecento con il viso di Virna Lisi: altro bel vedere rispetto ai primi piani del presidente attuale degli Usa.

  Per Dal lago Trump è un classico esempio di populismo digitale. Se ha la possibilità di 10 tweet giornalieri vuol dire che 20 milioni di cittadini americani sono in quotidiano contatto con il presidente; si crea così “una vera e propria comunità virtuale attorno al suo leader”. Mentre scrivo il presidente degli Usa è tornato al centro della scena mondiale, virtuale e non, con i suoi tweet nel momento in cui i media del mondo danno notizia del raid americano che ha portato all’uccisione del potente generale iraniano Qassem Soleimani. Eccone alcuni: “L’Iran non ha mai vinto una guerra, ma non ha mai perso un negoziato! (…) Il generale Soleimani ha ucciso gravemente e ferito migliaia di americani nel corso di un lungo periodo di tempo e stava tramando per ucciderne molti altri (…) ma è stato preso”. Ancora: “… Soleimani era sia odiato che temuto all’interno del Paese. Gli iraniani non sono neanche lontanamente rattristati…”. Ma la Rete gli rinfaccia tweet della stessa natura del 2011-2012 contro Obama perché strumentali in funzione elettorale. “Ora che i numeri di Obama nei sondaggi sono in caduta, lancia un’offensiva contro Libia o Iran”.  Allo stesso modo certa stampa sostiene che il raid ha fatto passare in secondo piano, o in seconda, terza pagina, l’impeachment, la messa in stato d’accusa di Trump dalla quale sarà sicuramente assolto in Senato perché a maggioranza repubblicana. Ma in prima pagina c’è una tensione internazionale a dir poco rovente. Folla oceanica ai funerali del generale iraniano; missili lanciati verso l’ambasciata Usa. L’Iran ha annunciato il ritiro dall’accordo sul nucleare. Trump ha risposto A colpi di tweet: “Abbiamo individuato 52 siti iraniani; se ci attaccano, colpiremo rapidamente”. Addirittura alcuni media sostengono che quanto accaduto abbia un legame con la campagna elettorale delle presidenziali d’autunno. Tornando alle perplessità di cui sopra, è indubbio che con il web 2. O la politica diventa sempre più spregiudicata e l’opinione pubblica può rimanere vittima perché più velocemente manipolabile.

 Così Dal Lago: “Personaggi come Trump (…) perseguono una relazione diretta con i propri seguaci, e quindi hanno una sorta di carisma digitale. Non hanno alle spalle, né vogliono più avere, i partiti strutturati con le loro procedure decisionali, le correnti, i rituali, le liturgie e quindi i tempi lunghi (…) della decisione politica”. Comunque non dimentichiamo, per amor di verità, le manifestazioni negli Usa contro la politica di Trump; da segnalare, inoltre, che tanti Stati europei non l’hanno appoggiato, come dichiarato dal Segretario di Stato Pompeo. Il Populismo digitale decide all’istante in base a un click senza mediazione alcuna; magari in modo strumentale o per il proprio tornaconto. Ma c’è anche chi restituisce pan per focaccia, per esempio i tweet di Trump contro Obama riesumati dal popolo della Rete. Il guaio è che le decisioni improvvise e senza mediazioni possono provocare disastri. Chi legge i giornali, abituato all’informazione cartacea o chi si forma l’opinione attraverso i media tradizionali, di solito mal digerisce tweet e altri social network o la politica fatta prevalentemente con i social. Ecco le perplessità di cui non riuscivo a spiegarmi le motivazioni allora all’Uniter. Sono dubbi comprensibili di chi non si fida della comunità virtuale. Ma Twitter e gli altri social network sono pure strumenti utilizzati dalla politica locale, nazionale e internazionale. Ci troviamo in un mondo interconnesso. E allora la domanda che è nel titolo della relazione (che si può leggere in modo completo cliccando su www.uniterlameziaterme.it): “…quale partecipazione consapevole?”. Come ho scritto nelle ultime pagine “[I social network] avrebbero bisogno di maggiore concretezza ed efficacia passando dalla comunicazione di ristretti a quella di molti”. Poi sono urgenti le regole; sennò la democrazia elettronica rischia di diventare anarchia elettronica in mano al Populismo digitale la cui élite avrà la presunzione di parlare e fare politica in nome del popolo.  

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