COP 26 e Filosofia della Complessità per una Scuola Nuova

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Dopo il G20 a Roma, i potenti della Terra sono andati a Glasgow, alla Conferenza sui cambiamenti climatici organizzata dalle Nazioni Unite (Cop 26). La maggior parte dei leader degli Stati del mondo, in particolare quelli europei, si è resa conto che è importante lo zero termico fino al 2050 e, quindi, la fine delle emissioni per quella data.  Ma si è alzato “il muro” dell’India nell’intervento del Capo di Stato Narendra Modi che ha parlato di emissioni zero non prima del 2070. Cina e Russia sono sostanzialmente sulle stesse posizioni insieme ad altri Paesi in via di sviluppo. Le cose sono andate meglio per quanto riguarda la deforestazione; più di cento Stati, inclusi Cina, Russia e Brasile, si sono messi d’accordo nel porre lo stop entro il 2030. Che fatica arrivare al documento finale! Una bozza dopo l’altra. Alla fine i 197 Paesi dell’Onu hanno approvato il testo. A proposito dei combustibili fossili, all’ultimo momento è passata la richiesta dell’India di cambiare il termine “eliminazione” del carbone con “riduzione graduale”. Disappunto di alcuni Stati. Il documento finale fissa l’obiettivo principale di mantenere per tutti gli Stati firmatari il riscaldamento entro l’1,50° dai livelli preindustriali. Come obiettivo minimo, ridurre le emissioni di almeno il 45% entro il 2030. Nel testo non c’è una data precisa per attivare il fondo di 100 miliardi promessi ai Paesi in via di sviluppo per la decarbonizzazione. Nell’annunciare l’accordo, il presidente della Cop 26, Alok Sharma, si è rivolto all’assemblea dei delegati con uno stato d’animo di tristezza e delusione: “Sono dispiaciuto per il documento annacquato; ma ritengo importante mantenere questo pacchetto di misure”. Per il segretario del’ONU Antonio Guterres il documento è “un compromesso pieno di contraddizioni”. Per Greta Thunberg la Cop 26 è il fallimento della politica del “bla, bla, bla”.

Nei giorni scorsi Barack Obama ha incontrato a Glasgow i giovani ambientalisti di Friday for future. Nonostante le sue parole appassionate e di autocritica generazionale, ha ricevuto su Twitter il giudizio negativo di Vanessa Nakate, l’altra leader, dopo Greta Thunberg, di Fryday for Future per le promesse non mantenute.  In centomila in corteo per le strade di Glasgow; giovani, adulti, movimenti indipendentisti provenienti dalla Scozia, dall’Oriente, dall’Africa; manifestazioni contro il cambiamento climatico in altre città europee e da New York a Melbourne. 

Durante gli interventi alla Conferenza si è distinto il nostro primo ministro Mario Draghi per la capacità di visione nell’ambito del multilateralismo e della equità globale; propositivi Roberto Cingolani e Patrizio Bianchi, rispettivamente i ministri italiani della Transizione ecologica e dell’Istruzione. Il primo intenzionato nel trasformare la protesta degli attivisti di Friday for future in proposta, organizzando il forum dei giovani ad ogni Cop futura con una piattaforma permanente in modo da coinvolgere le nuove generazioni di tutto il mondo.  Per Patrizio Bianchi l’educazione ambientale dovrà essere “l’architrave della nuova scuola”. E il Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi, va al centro delle problematiche: “Manca un piano dettagliato. I soldi vanno spesi in modo equo e solidale. [Gli scienziati] possono spiegare al pubblico [le problematiche ambientali] cominciando dalle scuole”.

La filosofia della Complessità ha già iniziato tale percorso. L’establishment culturale si trova ormai in difficoltà di fronte all’avanzare del Pensiero Complesso minoritario fino a qualche anno fa; le emergenze ambientali, sociali e quelle politiche a livello locale, nazionale e globale dimostrano che c’è assoluto bisogno di un nuovo rapporto Uomo-Natura; di un rapporto tra soggetto e oggetto e di etica in politica. E’ quanto afferma Edgar Morin nella parte conclusiva de La sfida della complessità: “Abbiamo bisogno di un metodo che colleghi il separato. (…) Il bisogno di un pensiero che colleghi è sempre più grande”. Come già scritto e pubblicato in precedenti articoli, il pensiero deve essere disseminato nella scuola e nelle università perché diventi paradigma per tutti; soprattutto per le giovani generazioni che dovranno costruire al meglio il loro futuro. Innanzitutto la diffusione della complessità con progetti educativi nelle scuole. Così ha fatto Costanza Altavilla, insegnante di scuola media; nonché ricercatrice del Centro Studi Internazionale di Filosofia della Complessità Edgar Morin dell’Università di Messina, diretto dal professore Giuseppe Gembillo (del suo omaggio al filosofo parigino leggi l’articolo del 18 agosto scorso dedicato all’interessante convegno di Piraino)ricordo, al riguardo, l’analisi puntuale della docente sul sesto volume del Metodo del filosofo francese: Il metodo.6. Etica nella rivista Complessità (tomo I, 2011). Per quanto riguarda l’apprendimento della Complessità a scuola, ho scelto alcuni passaggi importanti del saggio Un insegnamento della comprensione umana pubblicato dall’autrice in Cento Edgar Morin, a cura di Mauro Ceruti: “Da qualche anno, (…) nella mia scuola porto avanti un progetto intitolato Un viaggio verso la complessità. (…) L’obiettivo è quello di favorire (…) l’autocritica, l’autoesame e altre tematiche moriniane nell’ottica di una visione complessa della vita. (…) L’importanza teoretica di queste riflessioni (…) si interconnette a tematiche più ampie riguardanti un’etica relativa alla comunità, i cui contenuti vanno a toccare argomenti inerenti svariate discipline come scienze, storia, arte, geografia, e, soprattutto, educazione civica. (…) L’urgenza della rigenerazione di un’auto-etica, diventa, infatti, necessità di rigenerazione civile e sociale attraverso una forma di democrazia in cui diritti e doveri vengano ripensati in modo dialettico”. E ancora: “La Terra non è considerata come un oggetto da dominare e manipolare attraverso la scienza e la tecnica, ma come la nostra Patria da amare e rispettare. Affinché ciò accada, è necessario attuare un profondo cambiamento”. Conclude così il suo contributo per rendere omaggio al filosofo della Complessità nel giorno del suo compleanno centenario: “Il perseguimento di un’etica planetaria, (…) è reso ancora più urgente dalla grave crisi pandemica che abbiamo vissuto e che tuttora è in atto. Il suo pensiero è una bussola indispensabile (…) a fornire ai giovani alunni delle scuole gli strumenti per riflettere e arricchire la capacità di comprensione umana, nella prospettiva di un futuro diverso e migliore”.

Nel libro Cento Edgar Morin altri interventi di intellettuali italiani che fanno riferimento alla scuola e all’università. Alessandro Mariani, professore di Pedagogia generale nell’Università di Firenze, tiene presente Morin per quanto riguarda la rivoluzione educativa complessa per la salvezza del Pianeta: “L’Educazione globale ci può salvare. (…) Oggi è chiamata ad affrontare le questioni dell’ecologia, dei diritti dell’uomo, della pace, della fratellanza, della democrazia, della solidarietà”. Sono gli obiettivi “più urgenti della rivoluzione planetaria” insieme a quelli dello sviluppo sostenibile attraverso l’educazione ambientale, sanitaria, interculturale. Giuseppe Annacontini, docente di Pedagogia generale nell’ Università del Salento, mette in luce gli insegnamenti del filosofo d’Oltralpe: “L’umano è un essere nel contempo pienamente biologico e pienamente culturale. (…) L’uomo della razionalità è anche l’uomo dell’affettività, del mito e del delirio, è anche corpo-mente, ragione-immaginazione, individuo-società”.  Maria Paola Azzario, presidente del Centro per l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), cita Morin in La vera autorità dell’insegnante: “La vera autorità dell’insegnante è morale, sta nella forza di una presenza, ha un non so che di carismatico, s’impone (…) quando le sue proposte suscitano l’attenzione e l’interesse”. Le sue conclusioni nel rendere omaggio al pensatore francese: “L’intenzione era ed è di fare della scuola la comunità educante che dialoga con il territorio. (…) Dal 1983 ad oggi, periodo della pandemia 2020-2021 compreso, le esperienze, dedicate ad allievi di ogni età, scolari, studenti medi, universitari, accademici, genitori, migranti, continuano sempre sollecitate proprio da Edgar Morin e nella volontà di portare avanti la missione storica del sapere-vivere-pensare-agire nel XXI secolo”.  Franco Cambi, già professore di Filosofia dell’educazione, ricorda La testa ben fatta e I sette saperi necessari all’educazione del futuro del pensatore transalpino: “Mi hanno guidato nel lavoro accademico (…) a rileggere in forma nuova e più complessa gli insegnamenti presenti, in particolare nella scuola superiore, dalla filosofia alla scienza, alla storia.” Juan Carlos De Martin, professore di computer engineering e vice-rettore per la cultura e la comunicazione al Politecnico di Torino, omaggia Morin per l’apporto di nuove idee ad Un insegnamento educativo per l’era internet. Alle opere testé elencate aggiunge: “Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione, (…) un’ulteriore argomentazione a favore non tanto di una riforma dell’educazione, ma di un suo superamento, (…) incentrato sulla massima di Jean-Jacques Rousseau: insegnare è insegnare a vivere, (…) soprattutto per il futuro delle persone. (…) La produzione di Edgar Morin, con le penetranti osservazioni di Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus, arriva fino ai giorni nostri”. Sulla stessa tematica l’intervento di Isabella Continisio, psicoterapeuta, Responsabile della Formazione Continua in Medicina nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, Un saper esserci nell’educazione in medicina, una conversazione immaginaria con Edgar Morin. Ed ecco i concetti già espressi dalla firma precedente, ma modellati sulla salute: “Insegnare a vivere” [per] saper vivere (…) e dell’insegnamento del ben-essere. (…) Negli attuali programmi didattici manca un’ottica unificante dei saperi, che renda possibile un approccio alla persona. (…) Nella progettazione didattica l’invisibile fil rouge che collega il sapere con il saper fare e il saper essere, dovrebbe invece costituire quell’anello (causalità circolare) che genera competenze a cui si riferisce Morin”. Non poteva mancare tra le firme importanti Giuseppe Giordano, professore di ruolo di Storia della Filosofia presso l’Università di Messina: “Ho potuto mettere a fuoco la rilevanza della proposta di riforma della scuola e della Università, con l’istituzione di una decima epistemologica disciplinare, che possa dare un senso allo studio delle diverse materie”. Dedicare una decima parte del tempo dell’insegnamento a riflettere sulla conoscenza. Nel 2009 è stato il tema del seminario della Scuola Francesco Fiorentino di Lamezia Terme, appunto Decime per il rinnovamento della formazione. Relatori Giuseppe Gembillo, Giuseppe Giordano, Annamaria Anselmo, Francesco Crapanzano. Le cento grandi firme italiane del mondo accademico e non solo, le 38 Lauree Honoris Causa conferitegli dalle Università rappresentano il riconoscimento al grande studioso francese per la sua opera multidisciplinare che abbraccia i saperi considerati non più separati. Anche le scuole iniziano a fare esperienze didattico-educative della Filosofia della Complessità. Oggi non se ne può più fare a meno considerate le emergenze mondiali evidenziate al G20 di Roma, il summit sul clima dei capi di Stato e di Governo di fine ottobre scorso, e alla Cop 26 a Glasgow, la Conferenza delle Nazioni Unite. L’appello del Nobel Giorgio Parisi per iniziative immediate e concrete nella scuola, insieme a quelle già in atto, è significativo: dimostra che c’è assoluto bisogno di una educazione globale del Pensiero Complesso per salvare “La Terra-Patria”.

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