"Siamo amministratori provvisori..."

Scritto da  Pubblicato in Maria Arcieri

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Ma, chi sono questi amici che ci accoglieranno «nelle dimore eterne»? In linea con la tradizione profetica, e con i richiami alla misericordia verso i bisognosi, Luca lascia intendere che gli amici da farsi finché si è in tempo, con la ricchezza che risulterebbe inesorabilmente «disonesta», sono i poveri. A loro appartiene il regno di Dio (Lc 6,21) e il bene che si fa a loro è la chiave che lo apre.
 La prospettiva di Luca è sovrapponibile con quella  di Matteo che, al capitolo 25 del suo Vangelo, delinea l’identificazione del Giudice escatologico con i poveri e i sofferenti. Enuclea quelle che la tradizione della Chiesa riconoscerà come opere di misericordia corporale: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare… ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito» (Mt 25,35-36).

Quello che appare difficoltoso è metterlo in pratica per tre motivi. Il primo è che a nessuno, nella cultura corrente, piace pensare alla propria morte come invece il messaggio della parabola ci richiama a fare. Il secondo è che tutti siamo  attaccati ai nostri beni e troviamo una naturale difficoltà a separarcene  anche per un calcolo lungimirante come quello  raccomandato dal Vangelo. L’ultimo motivo sta nel fatto che i poveri ci risultano spesso sgradevoli, se non addirittura un problema da cui difenderci e da tener lontano. Il Vangelo, ammonisce che i poveri che oggi ci possono apparire  un problema, un domani, dopo la nostra morte, potrebbero essere la nostra decisiva risorsa se non li avremo rifiutati, disprezzati o ignorati (cf. Lc 16,19-31).

«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16,1-9).

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