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Algoritmo criminale di Pierguido Iezzi e Ranieri Razzante, merita più interventi. Il primo capitolo, Sulle rotte digitali del crimine organizzato, ci rivela lo stretto rapporto tra organizzazioni criminali e online: “Nato e cresciuto nelle remote e nascoste profondità del cyberspazio [l’insieme delle risorse informatiche che possono essere visitate simultaneamente da milioni di persone tramite reti computer, Dizionario, Oxford Languages], ben lontano dagli occhi dei comuni cittadini e delle Forze dell’Ordine di tutto il mondo. È un viaggio negli abissi più oscuri della rete che ci porterà a scoprire l’intricato e pericoloso legame tra criminalità organizzata e tecnologia” (p. 1). C’è una data certa, il 2011, quando è cominciato il dark web: “Tutto ha inizio nel 2011. Nel vasto e misterioso labirinto del dark web, (…) un innovativo mercato clandestino online dove è possibile acquistare con un semplice click qualsiasi bene o servizio illecito, dalla droga alle armi” (p.1). Gli hacker: “Esperti hacker dell’Europa dell’Est producono passaporti e documenti d’identità falsi di ottima qualità usando sofisticate tecniche di machine learning [apprendimento automatico]. La criminalità organizzata italiana sfrutta il sito per riciclare denaro sporco attraverso transazioni in bitcoin [criptovaluta] usando sofisticate tecniche di machine learning (apprendimento automatico dai dati). (…) Offre i suoi avanzati <<servizi illegali in cambio di anonimi pagamenti. Silk Road diventa un impero criminale high tech [high technology per realizzare prodotti avanzati]. In breve Silk Road dilaga rapidamente nel mondo del crimine sul dark web; vengono promozionati forum dedicati al furto di dati e uso di droghe: “Silk Road diviene ben presto il punto di riferimento principale per ogni genere di operazione criminale sul web, <<fino ad attirare l’attenzione delle agenzie governative americane come FBI, DEA e Homeland Security>>.
Nel 2013 <<l’FBI riesce a infiltrarsi in Silk Road e arresta Ulbricht>>, <<consentendo di smantellare l’infrastruttura del sito e procedere all’arresto di venditori gestori e complici in tutto il mondo>>. L’episodio dimostra <<quanto sia labile il confine tra legalità e illegalità; rappresenta un ‘ulteriore conferma di come la criminalità sfrutti immediatamente ogni nuova tecnologia e <<nessuno può sentirsi al sicuro>>. Le truffe su internet: “Il fenomeno del Ransomware [truffe su internet] è cresciuto (…) rispetto al trimestre precedente. (…) Tra gli anni Settanta e Ottanta, (…) uno dei primi esempi di cybercrime, il “creeper virus il nome di un programma autonomo (…) generando interruzioni di sistema”. Il primo malware [messaggio di posta elettronica in grado di apportare danni ad un sistema informatico]: “Nonostante Morris sostenesse di aver creato il worm, le autorità stimarono i danni dai 100 mila ai 10 milioni di dollari” (p. 9). […] Si stima che questo malware [può essere usato per fini positivi o negativi per rubare dati o danneggiare un sistema informatico] (…) Kevin Mitnick noto per il suo nickname [pseudonimo in contesti online] Condor ingannò decine di aziende spacciandosi per un tecnico o un dirigente. Una semplice telefonata bastava per convincere un impiegato distratto a rivelare una password spacciandosi per un tecnico o un dirigente, Mitnick si faceva tranquillamente consegnare il codice sorgente di un sistema operativo. Mitnick sfruttava ogni vulnerabilità umana: credulità vanità, senso del dovere. Pur di raggiungere il suo obiettivo non esitava a ricorrere al pretexting , [a conquistare la fiducia della vittima]. Sembrava un mail-innocua: “Era infatti il 4 maggio 2000 quando milioni di persone di tutto il mondo si ritrovarono una strana e-mail dall’oggetto innocuo: "ILOVEYOU"... In allegato, un file chiamato love-letter-for-you.txt. Un messaggio così dolce, chi avrebbe potuto resistere dall’aprirlo. Eppure, una volta eseguito, il file si rivelò un virus informatico capace di replicarsi a velocità record. ILOVEYOU, questo il suo nome, sovrascriveva file immagine, MP3 e documenti su disco locale, propagandandosi tramiti Outlook rubando indirizzi dalla rubrica delle vittime. In poche ore il virus dilagò in oltre 45 milioni di computer in tutto il mondo, mandando in tilt aziende, infrastrutture critiche, servizi governativi. Si stima che ILOVEYOU abbia causato un danno economico globale tra gli otto e i dieci miliardi di dollari [in nota, repubblica.it 2020]. Creata da hacker filippini, quest’arma di distruzione di massa virale” sfruttò con maestria l’ingegneria sociale e la curiosità umana. La pecora nera della famiglia del malware, ILOVEYOU dimostrò come il cybercrime stesse diventando un fenomeno su scala mondiale, capace di logorare il tessuto digitale della società. Ancora di più sul capitolo e il libro.