Algoritmo Criminale

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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Algoritmo Criminale di Pierguido Iezzi e Ranieri Razzante entrambi esperti di cyber-security [Crimini informatici] inizia con la prefazione di Ivano Gabrielli, Direttore del Servizio di Polizia Postale e delle Comunicazioni: “Oggi le mafie utilizzano ogni opportunità offerta dalle tecnologie digitali. (…) Sul versante del cybercrime [crimine informatico] vero e proprio, hanno assoldato i più capaci tecnici per impiegarli nelle loro attività criminali sulla rete, nella ferma convinzione che il digitale e la nuova frontiera da conquistare, assai più redditizia” (pp. VII-VIII).  E si conclude con la Post-fazione di Antonio Nicaso docente universitario e storico delle organizzazioni criminali: “Il concetto di cybercrime (…) supera le barriere geografiche e permette di compiere reati su scala globale rendendo ancora più arduo il compito di identificare e perseguire i colpevoli” (p. 213). Ivano Gabrielli: “L’attività di contrasto al cybercrime rappresenta uno dei pilastri nelle agende in tema di politica di sicurezza degli Stati. La sempre maggiore specializzazione degli organi inquirenti e la crescente attenzione posta al riguardo dal legislatore sono senza dubbio segnali positivi. Lo testimonia, ad esempio, l’inserimento della sicurezza cibernetica tra le missioni strategiche del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la recente approvazione del Ddl Cybersicurezza. Ma la rapida evoluzione delle tecnologie digitali e la transnazionalità dei reati informatici impongono un maggior coordinamento internazionale tra le varie Autorità deputate al contrasto” (p. IX). Antonio Nicaso: “Algoritmo criminale, insomma, è una raccolta ricca di dati operativi che arricchisce la rassegna di notizie curiosità e descrizioni, rendendo questo testo un ausilio importante per tecnici, neofiti e studiosi del settore. (p. 215).

Al capitolo 8. Il futuro della criminalità 4.0. Ritroviamo ancora Elon Musk; “Ha annunciato alla fine di febbraio del 2024 che il primo essere umano collegato con un chip cerebrale a dei sistemi informatici - un malato di SLA sottopostosi volontariamente all’operazione chirurgica - è stato in grado di muovere il puntatore di un mouse con il pensiero. Sebbene non vi sia nessuna conferma di fonte indipendente a questa notizia, (…) tutto lascia immaginare che prima o poi la tecnologia delle interfacce cervello-computer nota con l’acronimo BCI (Brain Computer Interface), esca dal limbo semi-fantastico in cui ora è confinata per divenire realtà. E non solo per essere destinata a persone disabili per restituire loro la vista, l’udito o la capacità di interazione con il mondo esterno attraverso le macchine, ma anche ai malati psichiatrici per limitarne gli agiti, le manifestazioni psicotiche o condizionarne il comportamento e in ultima analisi, a tutte le persone che avranno la volontà e le risorse economiche per impiantarsi un elettrodo nel cervello capace di potenziarne le capacità fisiche, cognitive e intellettive” (p. 114). Problemi etici: “La capacità di interpretare i pensieri solleva interrogativi etici sulla riservatezza individuale e sulla sicurezza dei dati neurali, a rischio di accesso non autorizzato o di possibili manipolazioni” (pp. 114-115). Altri problemi etici: “Un secondo aspetto etico cruciale riguarda il controllo e la manipolazione dei pensieri. Se i segnali cerebrali possono essere letti e interpretati, sorge la questione della libertà di pensiero e del rischio di coercizione attraverso interferenze con il cervello (ibidem). La convergenza tra biologia e tecnologia può infatti avere implicazioni profonde in ambito di sicurezza. Questa nuova tecnologia fornisce la capacità di interfacciare direttamente il cervello con i sistemi informatici, potenziando notevolmente l’efficienza e la velocità del processo decisionale ma esponendo la mente ad attacchi informatici si può infatti immaginare lo sviluppo di sistemi capaci di hackerare il cervello umano per instillare falsi ricordi, carpire informazioni o addirittura assumerne il controllo, apprendo un nuovo fronte ai cyberattacchi. La sfida è bilanciare l’uso benefico di questa tecnologia con la salvaguardia delle libertà individuali” (pp. 115-116). Tanto altro nel capitolo e nel libro.  

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