Gioia Tauro, ecco quello che deve davvero significare

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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filippo_veltri.jpgGioia Tauro non può continuare a significare solo porto e terminal transhipment, una sorta di cattredale nel deserto alla rovescia, nel senso che tutto funziona in maniera efficiente, produttiva e redditizia all'interno di quella realtà che per fortuna c'è, esiste e rappresenta un'eccellenza tutta calabrese nelle maestranze ma con un cervello tutto altrove e con un management che risponde a logiche che quasi sempre ignorano le peculiarità, le potenzialità del territorio e che per questo ha sempre fino ad oggi condizionato a suo piacimento ogni scelta di sviluppo di tutto quello che potrebbe esistere immediatamente fuori da quella cinta.

Il retroporto di Gioia Tauro, con il suo agglomerato industriale che abbraccia il territorio di tre comuni, cioè Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, sviluppandosi su una superficie di oltre 1000 ettari con una viabilità interna compreso il raccordo con l'A3 allo svincolo di Rosarno di circa 50 chilometri non può continuare, infatti, ad essere relegato in una gestione localistica e provincialistica come finora è stato con le Asi (Area Sviluppo Industriale), ma deve inevitabilmente diventare parte integrante sotto ogni aspetto, tecnico, operativo, economico e giurisdizionale un tutt'uno con l'Autorià Portuale che sarà ancora di più rafforzata con la riforma in atto e che rappresenta l'unica realtà in grado di "autoliquidarsi" in termini di sostenibilità economica e finanziaria.
In questo contesto bisognerà anche pensare di assegnare un ruolo strategico-operativo diretto anche all'agenzia per l'attrazione degli investimenti invitalia.
Che senso ha mantenere le Asi quando queste non hanno le risorse per gestire e promuovere le aree industriali e quando ce le hanno avute le hanno sperperato in scelte sbagliate ed in megastipendi per pseudoamministratori sistemati li dai potentati di turno senza competenze in materia ma solo per fedeltà politico-elettorale e per ripiego ad una mancata elezione o altra sistemazione?

Solo in questo modo i comuni potranno "pesare" veramente nelle scelte strategiche che si dovranno fare, in quanto parte integrante dei comitati portuali, a cominciare dalla Zes che altrimenti rischia di essere "disegnata e curvata" solamente sulle scelte e sugli obiettivi del terminalista monopolista, cosi come inevitabilmente sta accadendo.

Non bisogna quindi avera paurà della riforma sulla portualità che a breve vedrà la luce e che assegna a quella di Gioia Tauro un ruolo chiave per tutto il mezzogiorno. Basta andare a vedere ciò che sta accadendo nei territori in cui agiscono le altre autorità portuali per capire l'importanza della partita.

Mario Oliverio tra le tante scelte di coraggio e di rottura che dovrà compiere dovrà necessariamente inserire quelle con le quali impedire che su Gioia Tauro e sulle Asi calabresi avvenga un cambiamento di tipo Gattopardesco con l'omeopatico riciclaggio e ricollocazione dei "protagonisti", in negativo si intende, di oggi che tutto hanno fatto tranne che occuparsi di sviluppo strategico rappresentando così in pieno quella categoria che il magistrato Roberto Scarpinato, ama definire management del sottosviluppo.

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