Partire o restare? Dal Sud è un esodo in piena regola

Scritto da  Pubblicato in Filippo Veltri

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filippo_veltri.jpgIl Rapporto 2014 sulle migrazioni interne in Italia, dell'Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Issm- Cnr), racconta di come e in che dimensione i meridionali scappano verso il centro-nord, e il perché. Sono molti quelli che vanno via. In un anno quasi un milone e mezzo. Moltissimi sono gli immigrati che dopo essere arrivati qui si spostano verso altri comuni del Belpaese. Anche loro, se non sono costretti, vanno via. Spesso i saldi demografici negativi del Sud, rispetto a quelli del resto del paese, sono dovuti al fatto che le donne meridionali hanno smesso di far figli (quanto e più di quelle del nord) ma al nord ci sono gli immigrati con alti tassi di natalità mentre al sud abbiamo questo vantaggio solo in minima parte.

Nel 2012 (ha rilevato argutamente Aurelia Arito su Zoom Sud) sono andati via quasi un milione e mezzo di persone (in alta percentuale stranieri). Spiega il rapporto: “Le migrazioni interne all'Italia hanno una lunga storia ma negli anni più recenti, a seguito della crisi economica, hanno ripreso vigore e intensità. Nel 2012 sono 1.556.000 le persone che hanno cambiato il proprio comune di residenza. Rispetto alle migrazioni della seconda metà del secolo scorso, le più potenti 'calamite' non sono Piemonte e Lombardia, ma Emilia-Romagna e Trentino, in proporzione alle dimensioni. La prima ha 'guadagnato' 10.273 persone dal resto d'Italia, pari a un aumento del 2,4 per mille abitanti, il Trentino conta +3.004 persone, pari al 2,9 per mille”.

L'attrattiva dell'Emilia-Romagna è la più importante. “La regione è scelta come meta privilegiata sia per le sue opportunità lavorative, sia per la qualità dei servizi che offre: nelle motivazioni alla base delle partenze c’è in testa la ricerca dell'occupazione o di un lavoro migliore, ma cresce il miglioramento della qualità della vita e questo secondo elemento differenzia il fenomeno attuale da quello dell'ultimo dopoguerra”.

Il primato negativo va invece a Napoli e alla Campania che perdono circa 25000 persone il 4,3 per mille. Seguono Puglia (10.850 persone e -2,7%), Sicilia (-9.910 e -2,0%) e Calabria (8.031 e -4,1%). Si noti che rispetto alla popolazione la Calabria ha un’emorragia molto alta, praticamente uguale a quella della Campania. La le 6 città meridionali capoluogo di provincia 3 sono calabresi: Napoli (-6,1 %) e Vibo Valentia (-6,7%), Reggio Calabria (-5,3%), Caltanisetta e Foggia (-5,2), e Crotone (5,1%)”.

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