Crotone nel satyricon: tra il reale e l’immaginario

Scritto da  Pubblicato in Francesco Vescio

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francesco_vescio.jpgLa Città pitagorica può essere ritenuta uno dei luoghi più importante menzionati nell’opera latina, nota come Satyricon, scritta parte in prosa e parte in poesia; l’autore secondo la maggior parte degli studiosi sarebbe Petronio Arbitro, intellettuale raffinato, vissuto alla corte di Nerone, morto suicida – come narra Tacito negli Annali – in quanto coinvolto nella congiura di Pisone (65 d.C.) contro l’imperatore; per avere un’idea più chiara della problematica concernente l’autore e l’opera di cui si sta trattando si riporta il seguente brano:

“Petronio è uno degli scrittori più vivi e più misteriosi del mondo antico. La sua opera è in frantumi, ma di là sorge un monumento letterario di cui non restano altri esempi; la sua identificazione personale è stata lungamente incerta, eppure il suo profilo individuale è tra i più distinti fra tutti gli scrittori della romanità (Concetto Marchesi, Storia della Letteratura Latina – Volume Secondo, Principato, Milano – Messina, 1964, p.102).

L’ambiente dove si sarebbe svolta l’azione è molto vasto, si andrebbe da Marsiglia, passando per la Campania e si conclude a Crotone, almeno per quanto risulta dalla lettura della testo attualmente disponibile; i personaggi sono numerosi e con caratteristiche estremamente differenziate; in questa sede è possibile fare solo un cenno su uno di essi, allo scopo di dare un’idea del genere di umanità che essi rappresentano:

“Encolpio è l’espositore del romanzo, e ne è pure il protagonista. Petronio ha figurato in lui un tipo di giovane irrequieto, appassionato, vagabondo, curioso, senza meta e senza freno. Egli può fare il critico d’arte raffinato, il mariolo avveduto, l’amante tenero o furioso, osservatore sottile e delicato; e porta nelle sue avventure, che sono sempre disavventure, ora la comicità di una gemebonda disperazione ora il ristoro di una briosa arguzia” (Concetto Marchesi, op. cit., p.109).

Nell’opera si alternano situazioni in cui sono presenti sia l’immaginario sia l’estremo realismo, di quest’ultimo si riporta un’indicazione estremamente  significativa:

“E’ la prima genuina e grande opera veristica della letteratura mondiale … Petronio … si mette a parlare, all’occorrenza, il linguaggio di cortigiane d’infimo rango, dei tavernieri, dei liberti ignoranti… L’aura di modernità, che lo stile di Seneca e di Lucano, ci hanno già fatto intravedere nella Roma neroniana, raggiunge la più ampia e cristallina espansione in questa sorprendente opera di poesia” (Ettore Paratore, La Letteratura Latina dell’Età Imperiale, Sansoni – Accademia, Firenze – Milano, 1969, 102).

Dopo questi brevi cenni sull’autore, l’opera e i tempi del Satyricon, si ritiene opportuno riportare il testo riguardante, esplicitamente la Città pitagorica, tenendo presente, a mo’ d’avvertenza, il pensiero critico espresso dal noto latinista Paratore: “… la paradossale situazione crotoniate” (op. cit. p.104):

“Espletato di buon grado questo doveroso impegno [La sepoltura di un compagno di viaggio non sopravvissuto al naufragio in cui erano incorsi il narratore e altri protagonisti del romanzo, N. d. R.], imbocchiamo la strada prestabilita e, in un batter d’occhio, arriviamo, bagnati di sudore, in cima ad un colle da cui scorgiamo non lontano una città distesa su un erto cocuzzolo. Noi, viaggiatori erranti, non sapevamo di che si trattasse, finché apprendemmo da un contadino che era Crotone, città antichissima e un tempo ai vertici tra quelle d’Italia. Quando poi passammo a domande più dettagliate, per cercare di capire quale tipo di gente abitasse quel suolo illustre e a quale genere di affare si dedicassero prevalentemente dopo il logoramento delle risorse provocate dalle frequenti guerre. 'Cari i miei stranieri' ribatté - se siete uomini d’affari cambiate programma e cercatevi un altro mezzo di sostentamento. Ma se invece siete persone di quel più brillante livello che riescono a dire una bugia dietro l’altra, correte dritto dritto verso la ricchezza. Infatti in questa città non si usa dedicarsi alle belle lettere, non c’è spazio per l’eloquenza, la sobrietà e l’integrità morale non arrivano a fruttare elogi; al contrario, invece, tutti coloro che voi vedrete in questa città, sappiate che si dividono in due categorie. Infatti o sono raggirati o raggirano. In questa cttà nessuno riconosce i figli, perché chiunque annovera eredi legittimi non viene ammesso a cene, non a spettacoli, ma viene escluso da ogni opportunità di svago e langue in un anonimato ontoso [aggettivo: che reca  vergogna, disonore, onta, N.d.R.]. Quelli che, invece non hanno mai preso moglie e non possiedono parenti prossimi conseguono gli onori più alti: per fare un esempio essi soli sono considerati dei bravi militari, essi soli dotati di eccezionale fermezza e, perché no, irreprensibilità. State per raggiungere – concluse – un fortilizio, che è come un campo durante un’epidemia di peste, dove non esiste altro se non cadaveri che vengono fatti a pezzi o corvi che li fanno a pezzi'. Eumolpo [Uno dei principali protagonisti del romanzo,N.d.R.], più accorto, focalizzò l’attenzione sulla nuova evenienza e dichiarò che quel modo di fare soldi  non gli dispiaceva …” (Petronio Arbitro, Satirycon, Introduzione,traduzione e note di Andrea Aragosti, Rizzoli, 2013, pp.425 – 429 – capp.116- 117).

La trama continuò a svolgersi nella stessa città fino alla fine della parte del romanzo che è rimasta; quanto sopra riportato dimostra che la quella località era abbastanza nota nell’ambito dell’Impero romano del I secolo dell’era volgare.
         

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